Letizia Gabaglio, l’Espresso 13/9/2013, 13 settembre 2013
FALSI PERFINO I FARMACI
L’ ultimo è il caso Geymonat: l’azienda farmaceutica italiana che vendeva prodotti privi del principio attivo. Medicinali ritirati dal commercio, manager in galera (vedi box di pagina 97). E la prova provata che la faccenda dei farmaci contraffatti, prodotti che non contengono, o contengono in quantità insufficienti, la molecola che cura e che li rende utili, comincia a diventare un problema serio anche nel nostro Paese. Palesato ben prima del caso Geymonat con notizie arrivate alla spicciolata. Trafiletti qua e là sui quotidiani. Azioni dei Nas, allarmi delle autorità sanitarie. Ma tutto in sordina. Punte di un iceberg che ciclicamente fa le sue vittime, come è accaduto circa un anno fa quando Teresa Sunna è morta mentre si sottoponeva a un "banale" test per le intolleranze alimentari. A ucciderla la bevanda che il medico a cui si era rivolta aveva comprato su Internet e le aveva somministrato: in teoria si sarebbe dovuto trattare di sorbitolo, in realtà era nitrito di sodio, composto altamente tossico. Per Teresa non c’è stato scampo, altri due pazienti hanno riportato gravi lesioni. Perché il fatto è che i medicinali falsi fanno molte vittime. E anche se le dimensioni del fenomeno nel nostro Paese, come in Europa o negli Usa, non rivestono certo la drammaticità delle medicine tarocche spacciate nei paesi in via di sviluppo, tra gli addetti ai lavori rimbalza il tam tam dell’"alert". Attenti ai farmaci venduti on line (dove transita la maggior parte dei prodotti tarocchi), ma non solo.
Oltre 25 mila tra pillole, creme e fiale di farmaci taroccati sono stati fermati alla frontiera italiana a giugno nell’ambito dell’operazione Pangea VI, coordinata a livello internazionale da Interpol e dall’Organizzazione mondiale delle dogane: nei pacchi c’erano anabolizzanti e integratori per uso sportivo, Viagra, ma anche antitumorali e farmaci salvavita. Su questo fronte, sempre a giugno, la Food and Drug Administration americana ha messo in guardia i medici sulla versione turca di un farmaco antitumorale usato nel trattamento del cancro al colon, al polmone, al rene e al cervello, il bevacizumab. L’agenzia statunitense, infatti, per ben tre volte aveva individuato lotti di medicinale completamente privo di principio attivo. A maggio è toccato alla Francia: nel porto di Le Havre è stato intercettato un carico di tè proveniente dalla Cina che nascondeva in realtà un milione e 2 mila confezioni di aspirina. O meglio, di glucosio confezionato come il noto antinfiammatorio. Ma forse il sequestro più spettacolare è quello avvenuto ad aprile scorso in 23 nazioni africane: più di un miliardo di medicinali contraffatti, fra cui 550 milioni di dosi di antibiotici, antidolorifici, farmaci contro la pressione alta e il diabete.
«La contraffazione di medicinali è ormai un fenomeno globale. E a differenza di qualche anno fa non coinvolge solo farmaci legati allo stile di vita, come anabolizzanti o sostanze per la disfunzione erettile, ma anche terapie per il trattamenti di patologie gravi e croniche, come tumori, malattie cardiovascolari, disturbi psichiatrici o infezioni», sottolinea Caroline Atlani, Corporate Anti-Counterfeit Coordinator di Sanofi-Aventis che, a Tours, ha realizzato il "Laboratorio centrale anti-contraffazione".
Per capire la portata di questo mercato basti pensare che su 10 farmaci venduti nel mondo uno è falso, e in alcuni paesi, soprattutto in quelli in via di sviluppo, lo sono 7 su 10. Fra il 2008 e il 2010, nel mondo, i sequestri di farmaci falsi sono aumentati del 9 per cento; e nel 2011, nell’Unione europea, il contrabbando di medicinali ha superato quello di sigarette.
Il cuore del business è in Africa e in Asia: qui le medicine false arrivano direttamente nelle farmacie o vengono sostituite a quelle distribuite dai programmi di aiuto. Uno studio apparso su "Lancet Infectious Diseases" ha dimostrato che, in Africa, un farmaco su tre per la cura della malaria è un falso. L’uso di terapie con minore principio attivo non solo non cura i pazienti ma provoca il fenomeno della resistenza, per cui quegli stessi medicinali saranno sempre meno efficaci in quelle popolazioni. Di nuovo, in ballo c’è la salute di tutti. Per cercare di fermare l’invasione di fake alle dogane o prima che i farmaci vengano somministrati, la Global Pharma Health Fund, finanziata dalla farmaceutica Merck, ha realizzato e distribuito gratuitamente in 80 paesi oltre 600 minilab: due valigie che contengono un gran numero di kit per eseguire rapidamente test sulla qualità dei prodotti.
Ma il livello di sofisticazione dei falsi, soprattutto quelli pensati per il mercato dei paesi occidentali, è ormai tale che i controllori fanno fatica a stare al passo. «La crisi provoca la chiusura degli stabilimenti di produzione farmaceutica e i macchinari con cui si producono i farmaci vengono messi in vendita senza che siano in alcun modo tracciati», ha raccontato Domenico Di Giorgio, direttore dell’Unità per la prevenzione alla contraffazione dell’Aifa durante il convegno di presentazione di Fakecare, progetto europeo dedicato proprio alla lotta al commercio di farmaci falsi. «È facile quindi per le organizzazioni criminali comprare quelle stesse macchine con cui venivano realizzati legalmente i farmaci per produrne invece di falsi».
E visto che nei paesi occidentali i controlli funzionano ancora abbastanza bene e i farmaci falsi riescono di rado ad arrivare in farmacia o in ospedale, i fake viaggiano su Internet: basti pensare che solo l’1 per cento delle farmacie on line è legale. «Tutte le altre vendono pillole o fiale che possono contenere impurità, che magari causano allergie, o veri e propri ingredienti tossici», dice ancora Atlani: «Per questo nel nostro team lavora uno specialista di cyber-crimine che tiene sotto controllo in maniera costante il Web e segnala i casi sospetti alle autorità». Un’attività che in Italia conduce l’Aifa, che negli ultimi anni ha "oscurato" più di cento siti sospetti. Ma perché l’azione di contrasto sia efficace è evidente che bisogna andare oltre i confini nazionali. A livello europeo qualcosa si è mosso già nel 2011, quando è stata approvata la direttiva 62 sul mercato dei farmaci, compresi quelli venduti via Internet. La norma europea vuole mettere ordine nella messe di leggi sulla vendita on line (vedi cartina qui sopra) stabilendo che, a partire presumibilmente dalla fine dell’anno prossimo, in Europa i farmaci si possono vendere via Internet. Ovviamente le farmacie che lo fanno devono essere certificate e i singoli paesi possono decidere se limitare la vendita alle sole specialità da banco, quelle che si comprano senza ricetta medica, oppure allargare la vendita a tutti i farmaci.
«Oggi è proprio il ginepraio di norme che permette alla criminalità di insinuarsi sul mercato europeo e anche la nuova norma, dando libertà ai paesi di decidere se liberalizzare i farmaci con ricetta o meno, creerà dei vuoti legislativi», spiega Andrea Di Nicola, criminologo e coordinatore del gruppo eCrime dell’Università di Trento e del progetto europeo Fakecare. Prendiamo l’Italia: da noi comprare farmaci online è vietato. Ma se un paziente acquista da un sito registrato in Inghilterra, dove invece è legale, non commette reato. Peccato che nella maggioranza dei casi si tratti di siti illegali: in Inghilterra, per esempio, la vendita on line può avvenire solo con ricetta che deve essere compilata da un medico in presenza del paziente. Spesso i siti mettono a disposizione loro specialisti, sorta di prestanome che sfornano ricette senza neanche guardare da chi arriva la richiesta. Così chi ha bisogno del farmaco lo può avere velocemente, e chi spaccia i falsi li può piazzare senza problemi. «Ecco perché è importante capire di quali siti ci si può fidare e di quali no», continua Di Nicola. Uno strumento potrebbe arrivare proprio dal progetto coordinato dal criminologo di Trento: un algoritmo in grado di verificare istantaneamente se la farmacia è legale o no. Così chi vorrà potrà comprare le medicine on line senza rischiare la pelle.
ha collaborato Sandro Iannaccone