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 2013  settembre 13 Venerdì calendario

ANGELA E COSÌ SIA


Da mesi i riflettori di tutta Europa sono puntati sulle elezioni tedesche. Il 22 settembre è visto come una data chiave dalla quale dipendono i destini di tutti noi. E tutti col fiato sospeso. Da Londra a Parigi, da Roma ad Atene non c’è stato premier che non abbia fatto riferimento o rinviato decisioni in attesa del voto, o preso come alibi questa fatidica data di settembre in cui 62 degli 80 milioni di tedeschi sono chiamati a votare. Come se la crisi, il destino dell’euro e dell’Unione europea (e forse del pianeta) dipendessero da chi governa a Berlino. Cioè da Angela Merkel.
In realtà è molto probabile che non cambierà nulla dopo quel 22 settembre. La Cancelliera sembra più salda che mai. I tedeschi sono pronti a concederle un terzo mandato e l’unica cosa che potrebbe anche cambiare, sempre sotto la sua guida, è la coalizione di governo. Stabilità anzitutto.
Nelle miriadi di gallerie e localini a Berlin-Mitte o a Kreuzberg, «la gente è tranquilla», dice lo scrittore Peter Schneider, «non agitata da febbri elettorali». Anche nei quartieri più alternativi di Berlino-est, «l’atmosfera è semmai di calma accettazione» conferma un altro scrittore, Ingo Schulze. Nella Germania del 2013, «paese soddisfatto come non mai» riassume Josef Joffe, editore del settimanale "Die Zeit", «non c’è tensione né paura per l’esito alle urne». Certo, le piazze e le strade sono tappezzate dai cartelli elettorali. Quelli della Cdu, ovviamente, centrati su un solo motivo: il serafico volto di Angela o i successi raggiunti, come il manifesto nella foto qui sopra dove lo slogan è "La Germania in buone mai", naturalmente quelle della Merkel.
AVVERSARI DEBOLI
Il centrodestra ha dunque una strategia elettorale che mette in evidenza la sicurezza economica e la stabilità. Una Merkel quasi "madre" di tutti i tedeschi. I socialdemocratici, che i sondaggi danno parecchio indietro rispetto ai cristiano-democratici, vanno più d’attacco. Intrigante lo slogan con cui Peer Steinbrück, il rivale della Spd, chiede la fiducia: "Dipende solo da te!" è il drammatico messaggio dell’ex ministro delle Finanze della Grosse Koalition. I manifesti dei Verdi sono più allegri; noiosi quelli dei liberali della Fdp. Slogan, foto e sigle d’ogni tipo: sono trenta i partiti a contendersi il favore dei tedeschi. Peccato che da settimane i sondaggi (vedi scheda) non facciano che convogliare sulla Cdu della Merkel almeno il 40 per cento dei consensi. E appena il 26 alla Spd di Steinbrück.
I motivi per cui il vispo socialdemocratico non galvanizzi gli elettori sono tanti. Molti non hanno gradito che trovi bassa la paga del Cancelliere («Un direttore di banca guadagna di più», ha protestato lui). O abbia confessato di non bere vini da 5 euro. Banalità, si dirà. Date dal fatto che il coriaceo amburghese, da ex tenente della Bundeswehr, usi spesso toni rudi, che irritano l’elettorato femminile. In tutto, sono 32 milioni le donne aventi diritto al voto (2 milioni in più degli uomini), e i test dicono che solo il 35 per cento uscirebbe a cena con Steinbrück. «Ma è soprattutto il suo programma», spiega il politologo Kajo Schumacher, «che lascia perplessi». Nell’era-Schröder, Steinbrück era il paladino dell’Agenda 2010, con i tagli al welfare da essa previsti. Ai comizi invece oggi assicura che la sua Germania sarà più giusta e sociale. A tutti coloro che a Monaco, Amburgo o Düsseldorf sono impoveriti dagli affitti, promette un freno al rincaro affitti. E un salario minimo (di 8,50 euro l’ora) ai precari, un esercito di 7 milioni sul mercato tedesco. Oltre alla credibilità, l’handicap più grave dello sfidante socialdemocratico è un altro. Lui l’ha detto e ripetuto che, dovesse profilarsi il 22 settembre una soluzione da larghe intese, non rifarà il ministro della Merkel: o Cancelliere in una coalizione con i Verdi o niente. L’epoca d’oro degli ambientalisti però è tramontata. A forza di ventilare aumenti fiscali o la legalizzazione della marijuana, «i verdi hanno finito per spaventare», dice lo storico Paul Nolte, «i professionisti e il contribuente tedesco». Quel famoso Centro della società a cui Schröder aveva puntato vincendo, nel ’98, le elezioni, sembra dimenticato. «Oggi la sinistra è bloccata», ragiona lo scrittore Ingo Schulze, che confessa di votare i Linke, il partito di Gregor Gysi che coagula l’8 o il 9 per cento dei consensi. Ma Steinbrück rifiuta i voti dei Linke che, sommati a quelli dei verdi, farebbero di lui il 9° Cancelliere della storia. Non è solo per le turbe della sinistra se i tedeschi hanno sviluppato un’idolatria per la Merkel.
Dopo il duello in tv del primo settembre (ha incollato allo schermo 17,6 milioni di tedeschi) qualche punto Steinbrück l’ha recuperato. La Merkel, si sa, non è telegenica. In compenso negli ultimi 8 anni, «è diventata il Cancelliere più potente nella storia della nostra Repubblica», scrive Stefan Kornelius nella sua biografia della Merkel. E non è facile diventare più "potente" di un Kohl o di Konrad Adenauer, il primo Cancelliere federale.
QUANTO PESA L’ECONOMIA
Il segreto dell’irresistibile forza della Merkel sono quei «sensazionali successi economici» che, anche nel dibattito in tv, lei ha rivendicato al suo governo. Da decenni in Germania non si registrava una disoccupazione così bassa: a fine agosto, i disoccupati erano meno di 3 milioni. Per non parlare della disoccupazione giovanile, ora al 7 per cento, la più bassa in Europa. A tirare poi, oltre al made in Germany, sono anche i consumi (saliti, a fine giugno, del 6,5 per cento). E l’indice Ifo segnala l’umore di 7 mila imprenditori, a fine agosto è salito a 107 punti. Certo, anche il Gigante tedesco ha zone d’ombra. «Gli investimenti negli impianti sono deboli e i salari bassi», ci spiega Marcel Fratzscher, direttore dell’istituto Diw di Berlino. Neanche le infrastrutture stanno al meglio: Peter Ramsauer, ministro dei Trasporti, ammette che le autostrade tedesche hanno bisogno di qualche miliardo in più. Nella Bundesbahn, le ferrovie - lo s’è visto ad agosto nel caos allo snodo di Magonza - urge personale. Ciò non toglie che, a fine maggio, nelle casse di Wolfgang Schäuble, il ministro delle Finanze, siano piovuti 277,5 miliardi, il 3,5 per cento in più del semestre precedente. E che gli istituti economici prevedano, come l’Ifo di Monaco, «una consistente ripresa in Germania». Non per niente l’urlo in battaglia elettorale della Merkel è stato: «Deutschland ist stark!», la Germania è forte. Tanto che ai comizi Merkel ha incitato i paesi indebitati della Ue a seguire la via tedesca al successo: «Prima consolidare i bilanci poi chiedere solidarietà» è il suo leit motiv.
NAZIONALISMO SOFT
È quello che persegue Angela e che piace ai tedeschi, come sottolinea il filosofo Rüdiger Safranski. Steinbrück s’è sgolato a ripetere che «a forza di austerità, Merkel soffoca i paesi debitori in una stretta mortale» e a ricordare che nel dopoguerra la Germania è stata sorretta dai piani Marshall, nella riunificazione del 1990 dagli europei. «È giusto che ora noi tedeschi siamo più solidali con l’Europa». Tanto più che la Merkelnomics rischia d’isolare la Germania non solo sul Vecchio continente. Quando si tratta d’intervenire nelle crisi globali - prima in Libia, ora in Siria - il colosso di Berlino tende a chiudersi a riccio.
CONTINUITÀ
Il voto del 22 settembre cambierà la natura così schiva del gigante tedesco o quella amletica della Merkel? Dipende. Se, come tutte le spie segnalano, l’attuale governo di centro-destra Cdu-Csu-Fdp la rispunterà, le tanto attese elezioni a Berlino non muteranno d’una virgola l’atteggiamento del colosso tedesco. Ma se i liberali della Fdp non entrassero nel Bundestag, o al loro posto passasse la nuova formazione anti-euro Alternativa per la Germania, allora sì che la Grande Coalizione tornerà al governo di Berlino. Con una Merkel comunque più forte e una Spd sempre più debole e consenziente al suo fianco.
Certo, in Italia le larghe intese non entusiasmano. Ai tedeschi invece il cosiddetto "matrimonio tra elefanti", Cdu e Spd , piace. Gli esperti ripetono che oggi tra Cdu e Spd c’è in realtà poca differenza. Che, a ben vedere, Merkel è la migliore socialdemocratica. Nella prima grande coalizione in ogni caso, i due alleati erano affiatati. Ma sono passati quattro anni. Il leader Spd giura che non rifarà il vice. Il partito che fu di Brandt, Schmidt e Schröder è diviso, il suo presidente, Sigmar Gabriel, dice il contrario di Steinbrück. E Steinmeier, ex ministro degli Esteri della Merkel, litiga con entrambi. Tra i litiganti è stata la Merkel ad approfittarne salendo in un Empireo, ben oltre il cielo di Berlino. Tanto in alto che ad alcuni questa Cancelliera che comanda Germania ed Europa ricorda "un Bismarck light". Sicuro è che Angela sia un formidabile camaleonte e, comunque vadano le elezioni, resterà in cima al Bundestag. Forse a braccetto con la Spd, ma senza cedere un millimetro del potere sovrano.