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 2013  settembre 13 Venerdì calendario

E NESSUNO FERMA QUEI MOSTRI


Il 7 settembre sotto un sole afoso, la sagoma della Carnival Sunshine si stacca dalla stazione marittima di Venezia per la passeggiata di routine all’inizio di una crociera nel Mediterraneo.
Il colosso alto 62 metri e lungo 273 per 103 mila tonnellate di stazza torna in Laguna per la prima volta dopo il 27 luglio, quando si era avvicinato a pochi metri da Riva dei Sette Martiri secondo l’assessore comunale all’ambiente Gianfranco Bettin o, nella versione della Capitaneria di porto, aveva seguito i protocolli di navigazione rimanendo a 72 metri dalle pietre di Venezia senza creare alcuna minaccia a vaporetti e gondole.
Stavolta la Sunshine, guidata da un rimorchiatore a prua e uno a poppa, attraversa il bacino di San Marco a distanza di sicurezza con i suoi 3 mila passeggeri e 1.040 membri dell’equipaggio. Il mare è piatto. Non c’è onda, né vento. Eppure, vista da Riva degli Schiavoni, la grande nave sembra una balena nella vasca dei pesci rossi. Copre il campanile dell’isola di San Giorgio, poi si infila nel canale della Giudecca lasciandosi a dritta la punta della Dogana.
Nella stessa giornata di sabato la scena si è ripetuta altre sette volte. Il record è previsto per il 21 settembre quando le grandi navi da crociera in transito sotto il campanile di San Marco saranno dodici per un carico di passeggeri intorno a 30 mila. È un primato difficile da battere, considerato che gli attracchi della stazione marittima sono solo otto. Ai moli ci sarà la fila come a un casello autostradale nei giorni da bollino nero.
Proprio il pedaggio, commisurato alla stazza del mezzo, è la chiave di un azzardo ambientale con pochi uguali al mondo nel cuore di un sistema urbanistico che non ha uguali al mondo. Per offrire ai suoi ospiti il brivido di guardare dall’alto in basso la cattedrale di San Marco una compagnia armatoriale paga in media 39 mila euro per ogni "toccata", come si chiamano gli approdi. Questi soldi finiscono nelle casse della Venezia Terminal Passeggeri (Vtp), un centauro societario pubblico-privato che ha come azionista di riferimento l’Autorità portuale di Venezia. Cioè lo stesso ente pubblico che è chiamato a vigilare sul traffico in Laguna e che nel suo sito web sfoggia il motto orgoglioso: "Dove la terra gira intorno al mare" (vedi box a pag. 60).
Il presidente dell’autorità portuale veneziana (Apv) è Paolo Costa, sindaco dal 2000 al 2005, ex europarlamentare Pd fino al 2009, ministro dei Lavori pubblici nel primo governo Prodi e attuale presidente di Spea-Autostrade del gruppo Benetton.
Costa è, ovviamente, a favore delle grandi navi. Per l’Autorità portuale la Venezia Terminal Passeggeri è una macchina da "schei" che negli ultimi tre anni ha accumulato profitti netti aggregati per quasi 13 milioni di euro, oltre il 10 percento sui ricavi a dispetto di una recessione mondiale feroce.
Poi c’è l’indotto. Ad aprile quattro esperti delle università di Cà Foscari e di Padova interpellati da Apv hanno affermato che le grandi navi valgono il 5,4 per cento del Pil cittadino ossia 365 milioni di euro, un milione al giorno. Un altro economista di Cà Foscari, Giuseppe Tattara, ha in seguito dimostrato che l’indotto vale al massimo il 2 per cento del Pil (134 milioni di euro).
Anche con le cifre rivedute e corrette, Costa può permettersi il lusso di evitare l’ipocrisia che regna sovrana intorno alle navi da crociera in Laguna.
A parole, sono quasi tutti contrari, a partire dal sindaco in carica Giorgio Orsoni. In pratica, vige lo scaricabarile. Il Comune non può bloccare le grandi navi perché non ha giurisdizione sul bacino di San Marco, dove comanda l’Apv di Costa. Del resto, Orsoni ha i suoi grattacapi anche dove ha giurisdizione. Per esempio sul Canal Grande, una sarabanda di motoscafi privati, gondolieri, mezzi pubblici, tassisti, noleggiatori e chiatte che si è saldata con la morte di un turista tedesco nell’incidente del 17 agosto scorso.
Come spesso accade, il capolavoro del decisionismo indeciso a tutto è made in Roma. Il 2 marzo 2012, in reazione alla sciagura della Costa Concordia, il governo Monti ha emanato un decreto chiamato "Rotte sicure" a firma dei ministri dell’Ambiente e delle Infrastrutture, Corrado Clini e Corrado Passera. La Vtp ha subito piazzato due ricorsi al Tar (maggio e luglio 2012) contro una parte del provvedimento. Ma poteva risparmiarsi le spese di carte bollate. L’articolo 3 del decreto Clini-Passera, una versione aggiornata del comma 22, applica alle navi oltre le 40 mila tonnellate di stazza il divieto di scorrazzare in Laguna "a partire dalla disponibilità di vie di navigazione praticabili e alternative a quelle vietate".
La norma, insomma, proibisce alcune vie di navigazione ma soltanto in un futuro remoto e indefinito. Nel frattempo, il divieto non vieta nulla. Così, il tassametro delle navi passeggeri può continuare a girare. In sei anni, dal 2006 al 2012, le toccate sono aumentate di un terzo, da 425 a 661. Ma le navi sono sempre più grandi e i crocieristi sono raddoppiati. Erano 885 mila nel 2006. L’anno scorso hanno superato quota 1,7 milioni dopo il record di 1,8 milioni del 2011. Il 2013 è dato in discesa. Fra gennaio e luglio ci sono stati 391 approdi contro i 431 dello stesso periodo del 2012 (-9 per cento). Il grande ingorgo del prossimo sabato 21 settembre è dovuto anche alla chiusura imminente della bocca di Malamocco per la posa dei cassoni del Mose con la conseguente congestione del traffico nelle due bocche aperte di Chioggia e soprattutto del Lido, dove le grandi navi entrano ed escono. I lavori sulle dighe mobili dureranno dal 22 novembre al 4 aprile. È il periodo di bassa stagione per le crociere ma il danno è certo e si prevede che prosegua nel 2014.
Senza soffermarsi troppo sul paradosso che vede lo scontro fra due bestie nere degli ambientalisti, Mose e grandi navi, i politici si stanno applicando alle possibili soluzioni "praticabili e alternative" richieste dal decreto Clini-Passera.
Le principali sono quattro. L’Autorità portuale di Costa favorisce la realizzazione di un nuovo canale (Contorta Sant’Angelo) in diagonale fra il canale dei petroli di porto Marghera e la stazione Marittima. Costerebbe 65 milioni di euro e, secondo gli avversari di questa soluzione, creerebbe un disastro con l’accelerazione dei flussi idrodinamici in Laguna. Il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, appoggia questa proposta.
Cesare De Piccoli, ex deputato del Pd e viceministro dei Trasporti del secondo governo Prodi, vuole piazzare le grandi navi vicino alla bocca di porto di Malamocco, anziché farle passare dal Lido come avviene adesso, con un attracco provvisorio e lo spostamento con motonavi dei passeggeri interessati alla gita in centro.
Manterrebbe il transito dalla bocca del Lido l’ex deputato di Scelta Civica, Enrico Zanetti, ma con un passaggio alle spalle della Giudecca, invece che fra la Giudecca e le Zattere.
Il sindaco Orsoni favorisce lo spostamento degli attracchi a Marghera dove le banchine e gli spazi di manovra abbondano per effetto della deindustrializzazione. Questa ipotesi incontra due ostacoli. Se i 3.500 passeggeri della Msc Divina, una delle otto navi approdate alla Marittima il 7 settembre scorso, decidessero di andare in città, ci vorrebbero 45 pullman gran turismo dei più capienti per trasportarli fino in piazzale Roma. Per non parlare dei leviatani di ultimissima generazione come la Oasis of the Seas della Royal Caribbean che ha un carico massimo di 6.360 passeggeri.
Il problema sono proprio le grandi compagnie di navigazione turistica. I loro pacchetti sono molto meno allettanti senza la panoramica dal ponte sulla Serenissima. E per non perdere i loro pedaggi Venezia deve cercare una mediazione.
Di recente è rispuntata una quinta ipotesi, quella di contingentare le grandi navi. Il numero chiuso sui turisti è un classico del dibattito sulla salvaguardia di Venezia. Applicato alle crociere con la benedizione degli attuali ministri dell’Ambiente Andrea Orlando e delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha il pregio di rinviare ancora una volta la soluzione del problema senza bloccare i flussi finanziari.
Da qui a fine ottobre Lupi, Orlando, il sindaco Orsoni e il governatore Zaia hanno promesso di trovare una decisione definitiva ma il numero chiuso sembra l’unica strada.
Del resto, anche senza un nuovo decreto governativo un abbassamento delle toccate appare inevitabile anche oltre il 2016 quando il sistema delle dighe mobili sarà entrato in funzione e, nelle fasi di acqua alta, i transiti alle bocche di porto saranno impediti dal sollevarsi delle paratoie del Mose.
Nel frattempo, le proteste di associazioni e comitati (Italia nostra, No Grandi Navi, Wwf) continuano e i politici incrociano le dita nella speranza che non si ripeta l’incidente del molo Giano di Genova, il 7 maggio di quest’anno. È vero che l’aumento di stazza delle grandi navi aumenta i rischi, specialmente nel lungo periodo. Ma è anche vero che nel lungo periodo siamo tutti morti. Lo diceva un economista inglese, John Maynard Keynes. E di fronte agli schei a Venezia non possono non dirsi keynesiani.