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 2013  settembre 13 Venerdì calendario

L’ULTIMO UOMO RESTA AL PALO: «È IL PALLONE DEI PORTIERINI»

Dopo la seconda giornata di campionato, 43 gol se­gnati (tanti) fanno pensa­re ad attacchi atomici, ma anche a portieri privi di quei quattro e­lementi che Jack Robinson nel suo pionieristico “Il calcio e gli uomi­ni che lo hanno fatto” ritiene pe­culiari, ovvero: «Vista eccellente, capacità di valutare in fretta e be­ne, coraggio e audacia». Doti che tutte assieme possiedono solo i più grandi tra gli estremi difenso­ri. E uno di questi è stato Ricky Al­bertosi, saracine­sca storica di Fio­rentina, Cagliari (dello scudetto) Milan (della stel­la) e della Nazio­nale campione d’Europa (Roma 1968) e vicecam­pione del mondo a Messico ’70.
Albertosi, che sta succedendo a quella che era la migliore scuola di portieri del mondo?
«Succede che i Sarti, i Cudicini, gli Zoff, gli Albertosi e gli Zenga non se ne vedono più... La nostra scuola è in piena crisi. Da tempo sforna per lo più portierini e non portieroni. Al portiere un po’ paz­zo si è sostituito il ragioniere tra i pali. Oltre ai limiti di posizione, manca soprattutto il carisma, la capacità di saper parlare e di gui­dare da dietro per dare sicurezza alla difesa».
Tempo fa proprio ad Avvenire lei disse: tranne Buffon il nulla. Conferma?
«Buffon è l’unico che può gioca­re e campare di rendita per quel­lo che ha già fatto fino a 40 anni. Però il primo Buffon, quello di Parma intendo, era spericolato, meno bravo tecnicamente ma molto più carismatico. Adesso qualche erroruccio veniale e mar­chiano lo fa anche lui, ma la dife­sa della Juventus è talmente forte che lo aiuta a mascherare bene».
Ma scusi, i vice-Buffon in Nazio­nale, Marchetti e Sirigu, non so­no all’altezza del titolare?
«Marchetti è bra­vo, ma non è par­tito bene: degli 8 gol subiti dalla Lazio nelle due ultime partirte con la Juve, qual­cuno sarà anche colpa sua no? Sirigu al Paris Saint Germain ha fatto due annate ot­time, è stato spesso decisivo e cre­do che Prandelli ogni tanto do­vrebbe cominciare a provarlo dal primo minuto».
Gli allenatori della Serie A intan­to dal primo minuto schierano 8 portieri stranieri su 20.
«Anche in porta gli stranieri sono diventati tanti e parecchi non so­no di qualità. Scelte tecniche ed e­conomiche sbagliate, come la Fio­rentina che non ha riscattato Vi­viano finito all’Arsenal a fare il 12°, per puntare su questo Neto che non è certo una cima. Gli altri, tol­to quell’Andujar del Catania che è discreto, neppure si conosco­no. È anche vero però che in que­sto momento il miglior portiere della Serie A è sloveno, Handa­novic dell’Inter e prima di lui è stato Julio Cesar».
Insomma tre portieri promossi, quelli della Nazionale, un paio di stranieri e poi ancora il deserto?
«Per fare rifiorire la nostra scuola la ricetta è semplice: dare fiducia ai giovani portieri italiani. I due ragazzini dell’Under 21, Bardi e Perin, vanno fatti giocare con continuità. Anche quando vanno in tilt, devono sentire addosso la fiducia della società».
Però un Perin che incassa 5 gol con la Fiorentina è normale che venga messo in discussione...
«Perin sia l’anno scorso a Pescara che quest’anno al Genoa qualche ’saponettata’ l’ha fatta, ma agli i­nizi della carriera tutti abbiamo pagato lo scotto dell’inesperien­za. In una finale di Coppa Uefa con la Fiorentina, io presi 3 gol u­no peggio dell’altro dall’Atletico Madrid. È reagendo con coraggio e carattere all’errore che si trova la forza per diventare un grande portiere».
Legge non scritta del calcio reci­ta: un grande portiere fa grande la propria squadra. Con De Sanc­tis e Abbiati, come stanno messe in porta Roma e Milan?
«De Sanctis è molto meglio di quella manica di stranieri ano­nimi che alla Roma hanno pro­vato e riprovato negli ultimi an­ni. Abbiati non mi è mai piaciu­to, sta sempre lì inchiodato al­la linea di porta… La sconfitta del Milan con il Verona ha fatto tornare ’fenomeno’ Luca Toni, ma se Abbiati prende due gol con l’attaccante che gli salta di testa dentro l’area piccola vuol dire una cosa soltanto, che il por­tiere è posizionato male».
I tanti errori non possono essere anche il frutto di allena­menti non calibrati?
«Di sicuro l’esasperazione del portiere che deve saper giocare con i piedi ha por­tato a una minore cura dei fondamentali: la capacità di tuffo, le uscite. Vedo tanti in­terventi scomposti a mano aper­ta e di pugno. In generale noto un po’ di insicurezza. L’unica atte­nuante è rappresentata dai pallo­ni, troppo leggeri, cambiano di­rezione all’improvviso e sono la causa di certe figuracce».
Anche quella bella figurina del portiere di riserva, il Piloni, l’A­lessandrelli, è diventata una ’fi­guraccia’ a quanto pare.
«Agli inizi alla Fiorentina ho avu­to come vice un Buffon, Lorenzo, che era un signor portiere, così come poi lo sono stati Rigamon­ti e il giovane Tancredi. Il portie­re di riserva è passato erronea­mente come l’inutile rincalzo, mentre era, e sarebbe ancora, un ruolo importantissimo, per la cre­scita di un giovane o per il con­fronto quotidiano con il titolare più maturo».
Sparito il ruolo del 12°, è scom­parso anche il numero 1 sulla maglia del portiere titolare…
«Se sei un portiere, io dico sempre che il n.1 ce lo dovresti avere ta­tuato nell’anima e non sulle brac­cia. Quando ormai alla tv vedo questi ragazzoni con la maglia n. 99, 22 o 64, mi viene una tristez­za... Poi però penso: quasi quasi domani me li gioco tutti al Lotto».