Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 13/9/2013, 13 settembre 2013
INTERESSI, PIL E COPERTURE: UNA SFIDA SUL FILO DEI DECIMALI
Le chances che il Governo può mettere in campo da qui alla fine dell’anno, per evitare il rischio paventato ieri dalla Bce e dunque chiudere il 2013 nei dintorni e non oltre il tetto massimo del 3% nel rapporto deficit/Pil, sono per gran parte connesse ad alcune precondizioni, la cui realizzazione diviene a questo punto prioritaria. La prima è la stabilità politica, poiché il costo dell’eventuale crisi di governo - come ha rilevato il presidente del Consiglio, Enrico Letta - potrebbe tradursi in 1,5 miliardi in più di spesa in conto interessi per effetto dell’aumento dello spread.
La seconda attiene alle coperture individuate nel decreto Imu-Cig all’esame del Parlamento (citate non a caso dalla Bce accanto alle misure individuate per rinviare a fine giugno l’aumento dell’Iva), e al finanziamento delle misure necessarie a far fronte alle prossime, imminenti scadenze. La terza precondizione è che si realizzi, come prevede lo stesso Governo, quell’effetto "propulsivo" indotto dallo sblocco della nuova tranche (7,2) di debiti commerciali della Pa e dalla manovra complessiva sul fronte degli immobili.
Si cammina, com’è evidente, sul filo dei decimali poiché a bocce ferme il deficit 2013 è già al 2,9% del Pil. Ogni eventuale scostamento dal target concordato con Bruxelles inporrebbe una correzione in corso d’opera. La variabile politica è determinante, al pari della seconda precondizione. È probabile che il Parlamento debba rafforzare l’impianto delle coperture per il decreto Imu-Cig, poiché vi sono alcune poste la cui quantificazione ex ante può risultare rischiosa. È il caso dei 925 milioni di maggiori incassi Iva attesi dal pagamento dei debiti commerciali, e dei 600 milioni che dovrebbero affluire nelle casse dell’erario per effetto della chiusura dei contenziosi nel settore dei giochi.
Anche la composizione dei tagli (circa 1 miliardo) potrebbe richiedere la parziale ridefinizione dei settori colpiti, ad esempio per gli investimenti nella rete ferroviaria. Il saldo netto da finanziare per il 2013, come registra il Bilancio di assestamento appena approvato dal Senato, recepisce l’incremento per 8 miliardi in conseguenza soprattutto dei 7,2 miliardi da destinare ai pagamenti dei debiti degli enti territoriali. L’impatto è sul debito, e dunque non sul deficit tanto che nella Relazione appena trasmessa alle Camere il Governo conferma per quest’anno il target di un indebitamento netto nei dintorni del 3% del Pil. Certo potrà intervenire la clausola di salvaguardia, inserita non a caso nel dispositivo del decreto, ma si tratterebbe ancora una volta di un incremento di entrate, sia sotto forma di aumenti degli acconti Ires e Irap che delle accise su alcuni prodotti, tra cui l’alcol e le bevande alcoliche.
A questo punto si apre la partita probabilmente più impegnativa. È del tutto evidente che gli ulteriori 4 miliardi che occorrerà reperire da qui a metà ottobre non dovranno avere alcun effetto sui saldi di finanza pubblica. Si tratta di far fronte all’abolizione anche della seconda rata Imu di dicembre (2,3 miliardi) e al congelamento per altri tre mesi dell’aumento dell’Iva (1 miliardo) che altrimenti scatterà il 1° ottobre. Vi si aggiungono i 700 milioni necessari a finanziare ulteriormente la cassa integrazione in deroga e le missioni internazionali di pace, il cui costo è coperto fino a tutto settembre. La neuralità degli effetti sul deficit di tale nuova manovra dovrà in poche parole essere garantita attraverso coperture certe. Ne consegue che non si potrà fare altro che ricorrere a nuovi tagli "semilineari" in attesa della "spending review" che dovrebbe dispiegare i suoi effetti dal 2014, e ad altri poco auspicabili incrementi dell’imposizione fiscale.
Se le coperture del decreto varato lo scorso 28 agosto e quelle in arrivo saranno effettivamente neutrali nel loro effetto sui conti pubblici, la possibilità di centrare a fine anno il target del 2,9-3% del Pil (ferma restando l’incognita politica) risiede per gran parte nell’«effetto di compensazione» introdotto nello stesso decreto. Dovrebbe essere proprio l’incremento del Pil propiziato dal pagamento dei debiti della Pa (0,1%) e dalle misure a sostegno del settore immobiliare (0,1%) a compensare il peggioramento del deficit causato dall’ulteriore contrazione del Pil nel 2013 (nei dintorni dell’1,6-1,7% contro l’1,3% di aprile).
Ribaltando il rischio paventato da Letta, se il Governo superasse indenne le attuali fibrillazioni politiche, si potrebbe a quel punto far conto su un’ulteriore, anche se limitata, boccata d’ossigeno sul fronte della spesa in conto interessi, qualora lo spread tornasse stabilmente almeno nei dintorni dei 200-220 punti base. Riserva da spendere a garanzia della tenuta del deficit nell’anno in corso.