Michele Brambilla, La Stampa 13/9/2013, 13 settembre 2013
BERLUSCONI NON SI ARRENDERÀ MAI E LA GENTE CONTINUERÀ A VOTARLO
[Umberto Bossi]
Si sono sentiti. Il vecchio capo che è caduto ha chiamato il vecchio alleato che sta per cadere. È stato come se si fossero abbracciati al telefono, quasi che ciascuno potesse dire all’altro: conosco quello che stai provando. Bossi e Berlusconi: fino a due anni fa, avevano l’Italia in mano.
Allora non era facile avvicinare Bossi. C’era attorno a lui una specie di cordone di sicurezza: i nemici (interni) lo chiamavano, con disprezzo, «il cerchio magico». Adesso Bossi è un uomo solo: i vecchi colonnelli l’hanno abbandonato. Gli è rimasto però il popolo della Lega, che continua a volergli bene, e questo gli basta a ritrovare la voglia di combattere. Domani mattina, alle 11, sarà sul Monviso a rinnovare il rito dell’ampolla. Lo incontro nel Transatlantico della Camera: è nel corridoio fumatori perché dal sigaro non si separa mai. Più gli dicono che fa male, più fuma.
Bossi, ci racconta che cosa vi siete detti, lei e il Cavaliere?
«L’ho sentito due settimane fa. Ha dentro una grande rabbia. È il primo contribuente italiano e l’hanno condannato per non aver pagato le tasse. È assurdo. Berlusconi è stato perseguitato. Ma la gente, nella sua semplicità, l’ha capito».
Secondo lei Berlusconi è finito?
«La gente i voti glieli darà comunque, non crede più ai giudici. Col carattere che ha, Silvio combatterà fino alla fine».
Ma se non potrà neanche candidarsi...
«Uno come lui è capace di candidarsi anche non candidandosi».
Quando lei si è trovato in difficoltà, Berlusconi le è stato vicino?
«Sì. Avrà fatto anche qualche errore, ma lo considero una persona perbene. Non posso parlare male di lui. Ho fatto la Bossi-Fini, ho fatto il federalismo fiscale, e i voti me li ha dati Berlusconi. Se non altro, lui è un uomo che mantiene la parola».
Maroni ci sarà sabato, accanto a lei sul Monviso?
«Penso di no. A queste cose non crede. Molti dicono che è solo folclore. Ma le persone vivono anche di simboli. E l’acqua del Po è simbolo di forza, di purezza. Poi siamo vicini alla neve, ai ghiacciai».
Torniamo a Maroni.
«Vuol fare la macroregione ma non andrà da nessuna parte. Doveva fare una catena umana da Torino a Venezia: allora sì che avrebbe fatto tutte le macroregioni che voleva. Era un modo per parlare con la gente. Le cose non si possono fare a tavolino, ci vuole il contatto diretto con i cittadini, bisogna scaldare gli animi».
Lo sente spesso, Maroni?
«Ogni tanto».
Tra un po’ ci sarà il congresso della Lega. Lei si candiderà a segretario?
«Penso di sì. A meno che non riescano a trovare un candidato di mediazione».
È ancora arrabbiato con Tosi?
«L’ho sentito l’altro giorno, era sulla macchina della polizia. Ho visto che ha esaltato il matrimonio fra omosessuali: sono cose contrarie al sentimento della gente. Meno male che va via dalla Lega. Vada a fare danni altrove».
Ma in Veneto Tosi ha avuto successo, ha preso consensi anche fuori dalla Lega, no?
«Tosi ha rovinato il Veneto. Ha buttato fuori dalla Lega tutti quelli che non erano del suo gruppetto. Le spiego una cosa. A Verona ci sono due tipi di tessera: quella di militante, che dà il diritto di votare al congresso, e quella di sostenitore, che non dà diritto di voto. Lui ha declassato a sostenitori un sacco di militanti che si erano fatti il mazzo per anni. Si è vendicato perché diceva che lo avevano fischiato a Pontida: cose del genere ai miei tempi non sarebbero mai successe».
I suoi tempi sembrano essere stati cancellati da molti di quelli che si dichiaravano fedeli colonnelli. Bossi, che cos’è l’ingratitudine?
«Posso dirle che cosa è la gratitudine: è la qualità del giorno prima. Quando non hai più il potere di metterli in lista, ti voltano le spalle. È avvenuto così».
Com’è la sua vita oggi, onorevole Bossi?
«Vado alle feste della Lega, e soprattutto c’è tanta gente che viene a casa mia. Vengono a chiedermi aiuto, posti di lavoro. Per molti sono rimasto l’ultima possibilità. È venuta una donna che ha una figlia con una grave malattia ai reni, era disperata: siamo riusciti a trovare in Germania un farmaco che qui non c’è. La mia gente non mi ha mai deluso».
Chi l’ha delusa?
«La storia. Avevo sempre messo in programma che ci avrebbero attaccati pesantemente. Roma, i poteri forti... Il sistema non voleva la nostra libertà. Prevedevo che sarebbe finita così. Poi, sa, non ci si può fidare di nessuno. Chi andava a pensare che anche tra di noi... Che l’amministratore della Lega fosse legato alla ’ndrangheta. Ammesso che sia vero, perché hanno detto anche un sacco di cose non vere. Hanno detto perfino che mio figlio Riccardo aveva uno yacht».
Come sta l’altro suo figlio, Renzo?
«Sta bene. È ripartito dallo stop che gli avevano creato».
Però non è più consigliere regionale.
«Ha una piccola trattoria vicino a Gemonio, i suoi fratelli lavorano lì assieme a lui».