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 2013  settembre 13 Venerdì calendario

L’ONDA DELL’ILVA FA CHIUDERE 7 FABBRICHE


Si sta consumando in Italia un dramma industriale due volte più difficile da accettare perché non è dovuto a ragioni di mercato ma a questioni ambientali e alle vicende giudiziarie connesse, insomma a qualcosa che si dovrebbe poter risolvere con la buona volontà. Il gruppo Riva, proprietario dell’acciaieria Ilva di Taranto (commissariata per inquinamento), ha annunciato la cessazione immediata di tutte le attività in sette stabilimenti produttivi e in alcune società di servizio; le aziende coinvolte sono esterne al perimetro di gestione dell’Ilva, ma le chiusure vengono motivate col sequestro preventivo di 916 milioni di euro disposto dal Gip di Taranto e col fatto che questo avrebbe reso impossibili le attività del gruppo. Invece i sindacati (ma con vari accenti) accusano l’azienda di ricatto sui 1400 lavoratori che rischiano il posto.

Il provvedimento della magistratura, secondo il gruppo Riva, «sottrae all’azienda ogni disponibilità degli impianti e determina il blocco delle attività bancarie, impedendo pertanto la normale prosecuzione operativa della società». Si sono fermati gli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e le attività di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti). A Taranto non è coinvolta la grande Ilva (ora commissariata) ma solo una piccola società del gruppo, la Taranto Energia.

Con il gruppo Riva si schiera la Federacciai (la Confindustria della siderurgia). Il presidente Antonio Gozzi accusa: «Il drammatico provvedimento preso da Riva Acciaio rappresenta l’esito annunciato di un accanimento giudiziario senza precedenti, da me ripetutamente denunciato. È la conseguenza di un braccio di ferro tra magistratura e governo, con la magistratura che ha prevalso vanificando, di fatto, ben due leggi dello Stato, la legge 231 e quella successiva sul commissariamento».

Diversa la reazione dei sindacati. Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom Cgil, bolla la scelta di Riva come «un atto di drammatizzazione inaccettabile perché scarica sui dipendenti responsabilità non loro. Così la situazione non è più gestibile - incalza Landini - quindi chiediamo al governo di convocare con urgenza un tavolo e di dare il via al commissariamento, come previsto dal decreto Ilva, di tutte le società controllate dal gruppo, comprese Riva Acciai e Riva Fire, al fine di garantire l’occupazione e la continuità produttiva». Il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli «diffida l’azienda dal bloccare le attività» e la invita «a ricorrere immediatamente agli ammortizzatori sociali»; ma chiede anche alla procura «in tempi rapidi di scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell’attività produttiva e lavorativa». Secondo il segretario nazionale della Uilm Mario Ghini «le iniziative disposte dagli uffici del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Taranto determinano una ripercussione negativa sulla produzione siderurgica».

Molte reazioni anche dai politici, soprattutto quelli dei territori colpiti dalle chiusure. Gianna Gancia, presidente della Provincia di Cuneo: «Prendiamo atto che in questo Paese è ormai impossibile fare impresa. Sacrosanto tutelare ambiente e sicurezza, ma va salvaguardato il lavoro, come prevede il primo articolo della Costituzione». Secondo il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, «in un momento di difficoltà come questo bisognerebbe remare tutti nella stessa direzione, invece qualcuno rema nella direzione contraria senza accorgersi di danneggiare il sistema».