Filippo Ceccarelli, la Repubblica 13/9/2013, 13 settembre 2013
DA BETTINO ALLA CONSULTA LA NUOVA VITA DEL DOTTOR SOTTILE L’UOMO PER TUTTI GLI INCARICHI
UN’ALTRA vita, l’ennesima vita, attende dunque il Giudice Costituzionale Giuliano Amato, che da giovane voleva fare il camionista e prese anche la patente D, ma poi fu due volte presidente del Consiglio, chiuse la Prima Repubblica, alimentò la Seconda, fu la mente non solo giuridica di Craxi, fu ministro del Tesoro, fu ministro dell’Interno e candidato a tutto ciò che era materialmente e spiritualmente candidabile.
Amato è anche conosciuto come il «Dottor Sottile», nomignolo di cui agli albori della Repubblica era titolare Umberto Terracini, ma che a lui non è mai piaciuto: «Se i giornalisti prendessero atto dello stupore che quell’incallito stereotipo fa emergere ogni volta che ci si accorge che ho cuore e passioni, ne sarei umanamente felice». Tutto lascia credere che egli preferisca il soprannome, in verità desueto, di «Eta Beta», personaggio dei fumetti assai ricco di inventiva, ma non necessariamente attento alle traversie e civetterie del potere.
Nell’autunno del 2005, parlando a un gruppo di ragazzi raccolti a Firenze nel’Euroforum, Amato, che oggi ha 75 anni molto ben portati, si chiese: «Perché la mia generazione non sottoscrive un contratto in cui chi ha più di 65 anni si impegna a rifiutare gli incarichi pubblici?».
Più o meno lo stesso intendimento proclamò a suo tempo Andreotti, che ultranovantenne si mise in lizza per la presidenza del Senato. E’ il Divo, esemplare uomo per tutte le stagioni, l’unica a figura con cui Amato può realisticamente competere non solo come formidabile collezionista di mandati, ma anche come abilissimo gestore della cosa pubblica. La differenza semmai riposa nella varietà delle poltrone, ciò che fa dell’odierno giudice costituzionale un personaggio più eclettico, ma anche meno schizzinoso.
Franco Bassanini, che lo conosce da quando erano molto giovani, racconta spesso che alla metà degli anni 70, periodo di rivolgimenti, Amato studiava la Guida Monaci per individuare tutti quelli che insieme, sull’onda della vittoria dell’alternativa di sinistra, avrebbero dovuto eliminare. La leggenda archeologica delle liste di proscrizione rimase ovviamente tale.
Ma anche senza detta vittoria, oltre che premier e ministro, e aver tassato i conti correnti e svalutato la lira senza ammetterlo, il personaggio è stato: vicesegretario del Psi; presidente dell’Antitrust; vicepresidente della Commissione per la Costituzione europea; presidente della Commissione per i Balcani; Garante dei finanziamenti italiani dopo lo tsunami; presidente (per un mese appena) di quella cosiddetta Commissione Attali che s’era inventato Alemanno; presidente, dopo Ciampi, del Comitato per il 150° dell’Unità d’Italia; presidente della Treccani; consigliere del governo Monti per i tagli ai costi della politica; e anche teleconduttore di un programma di Raitre sulla globalizzazione.
Esistono poi altri incarichi minori, dall’Aspen a ItalianiEuropei, fino alla giuria monocratica per una borsa di studio intitolata a Cossiga. Quest’ultima cosa fa pensare perché almeno una volta Cossiga disse di Amato cose atroci, ma poi deve essersi ricreduto. È successo anche a Rino Formica e in parte a Stefania Craxi. Sia Berlusconi che D’Alema lo stimano assai e altrettanto lo temono. Per almeno due volte ha mancato - «sempre Amato mi fu quest’ermo Colle» - il Quirinale. L’ultima volta, ad aprile, ha mancato anche Palazzo Chigi, con pubblica stizza durante una mostra su Machiavelli (!).
Per estremo paradosso, il suo mito si nutre non solo e non tanto delle poltrone via via da lui occupate, quanto e piuttosto di quelle su cui lui, solo lui e sempre lui, avrebbe potuto occupare. La presidenza del Pse, Mediobanca, Bankitalia, la Rai. In questo senso i giornali hanno costantemente notificato delle presunte «candidature », e Amato le ha smentite dando vita a una sorta di genere letterario non privo di una sua sintetica eleganza. Esempio: «Caro direttore, leggo che sarei “pronto” per un governicchio “raccogliticcio”. Non è così. Non lo sono».
Una assai vasta pubblicistica, infine, si registra ormai da anni intorno alle diverse pensioni che Amato percepisce. Tra emolumenti, adeguamenti, galleggiamenti, e cumuli, scivoli, vitalizi, contributi, opere di beneficenza e perfino rimborsi Inps, si arriva in effetti a cifre davvero considerevoli. Anche di questi calcoli, che prima della Consulta si formalizzavano in 1047 euro al dì, un po’ si scoccia. «Io non sono un topo nel formaggio». L’immagine è proverbiale, ma le tante vite trascendono ogni sfarzo previdenziale.