Massimo Gaggi, Corriere della Sera 13/09/2013, 13 settembre 2013
CAMBIARE IL CLIMA, UN’ARMA PERICOLOSA
Combattere l’«effetto serra» prodotto dall’anidride carbonica da inquinamento industriale, spargendo in cielo anidride solforosa fino a ridurre la temperatura della Terra, creando una sottile coltre capace di deviare i raggi solari. Oppure usare navi governate da computer che incrociano negli oceani per sparare acqua nelle nuvole in modo da ingrandirle e renderle più bianche, aumentando così il loro potere riflettente. O, ancora, modificare le nuvole con l’impiego di raggi laser che stimolano la produzione di cristalli di ghiaccio e, quindi, aumentano la piovosità. Guido Santevecchi ha raccontato sul Corriere di venerdì scorso gli sforzi della Cina per modificare la sua meteorologia, provocando piogge artificiali nelle regioni più aride, usando canni e razzi carichi di ioduro d’argento. Un’impressionante trasformazione su vasta scala di quanto i contadini fanno da tempo localmente coi razzi antigrandine. Ma Pechino non è sola: la manipolazione planetaria del clima, fantascienza fino a qualche anno fa, sta diventando rapidamente scienza. Studiata in Europa da istituti autorevoli come l’Università di Heidelberg e il Karlsruhe Institute of Technology, mentre negli Usa è al lavoro addirittura la National Academy of Sciences che opera con l’interessato sostegno della Cia, oltre che della Nasa e del Noaa, l’agenzia atmosferica federale.
Gli uomini dell’ intelligence, ovvio, sono interessati soprattutto a capire se la manipolazione del clima può essere usata come un’arma; se può diventare un altro focolaio di dispute internazionali, forse anche di conflitti. Non sono scenari così assurdi: molti scienziati che avevano cominciato a studiare la materia solo per dimostrare che quella di manipolare il clima a livello planetario è un’idea folle, pian piano si sono convinti che, pur con rischi enormi, la nuova scienza chiamata geoingegneria può offrire una sorta di «piano B» al mondo incapace di contrastare in altro modo la bomba del global warming. La via maestra sarebbe quella di ridurre le emissioni di CO2 ma, visto che la cosa si sta dimostrando impraticabile, un modo per raffreddare l’atmosfera potrebbe essere quello di creare artificialmente l’«effetto Pinatubo»: il vulcano delle Filippine che nell’eruzione del 1991 sparò nell’atmosfera 20 milioni di tonnellate di anidride solforosa che, sparpagliate dai venti, l’anno dopo ridussero di quasi mezzo grado la temperatura di gran parte della Terra. Suggestivo quanto pericoloso: nessuno sa, manipolando il clima, che ne sarebbe dei monsoni dai quali dipende la vita di centinaia di milioni di contadini dell’Asia meridionale. Per non parlare dei tramonti solforosi che, secondo molti scienziati, diventerebbero di color arancione o giallastro. Per evitare conflitti, poi, ci vorrebbero accordi planetari. Ma ci sarà sempre il rischio di uno Stato-canaglia che si muove per conto suo o di qualche miliardario che pensa di far da solo per salvare il mondo. È già successo: un ricco businessman californiano l’anno scorso ha fatto un esperimento climatico gettando 100 tonnellate di solfato di ferro nel Pacifico, davanti alla costa canadese.
Massimo Gaggi