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 2013  settembre 12 Giovedì calendario

QUEGLI OPERAI CONTRO LE MACCHINE


Si racconta che nel 1779 Ned Ludd, abitante di un borgo della contea di Leicester, in Inghilterra, avesse distrutto un telaio meccanico, identificato come simbolo dei nuovi e perversi strumenti tecnici che, rendendo obsolete antiche forme di organizzazione del lavoro, aumentavano la produttività causando disoccupazione e aumentando la già tanto diffusa miseria. Non si sa se Ludd sia veramente esistito, ma in ogni caso, personaggio inventato o meno che fosse, egli diventò il mitico eroe di coloro che da lui presero il nome di “luddisti”.
Il luddismo fu un movimento eversivo di lunga durata con diramazioni internazionali. Partito dall’Inghilterra e dalla Scozia tra la fine Settecento e gli inizi dell’Ottocento, negli anni seguenti si diffuse in Francia, in Germania e in Svizzera. La vera e propria esplosione del luddismo si ebbe in Gran Bretagna tra il 1811 e il 1816, con il convergere della protesta di artigiani e operai gettati nella più nera disperazione dalla marcia della rivoluzione industriale che creava macchine via via più progredite e meno bisognose di mano d’opera con una repressione che assunse tratti implacabili. Le tappe decisive della lotta luddista furono le rivolte partite da Nottingham nel 1811 e nel 1816, cui risposero la mobilitazione di migliaia di soldati, i processi e le esecuzioni. Nel 1812 venne introdotta la pena di morte per i capi degli agitatori. A nulla valse l’esortazione alla pietà levata in quello stesso anno con toni solenni e commossi alla Camera dei Lord da Byron, il quale invitò a comprendere le cause della protesta di troppi uomini «magri per la fame, scavati dalla disperazione». Occhi e orecchi dei destinatari rimasero ciechi e sordi. La loro logica era la restaurazione dell’ordine con tutti i mezzi e la risposta furono la prigione, la deportazione e le forche. Nel gennaio 1813 vennero emesse 17 condanne a morte. Ciò nonostante, nel 1816 – mentre era in atto una congiuntura che stava pesantemente colpendo la Gran Bretagna – avendo nuovamente il suo centro a Nottingham ebbe luogo l’estrema vampata della rivolta luddista. A Manchester i soldati aprirono il fuoco compiendo la “strage di Peterloo”, nella quale venne ferito e ucciso un gran numero di agitatori. L’impiccagione in novembre del loro leader James Towler fu l’atto simbolico del tramonto e della sconfitta finale del movimento luddista.
La grande rivolta – testimonianza della disperata protesta umanamente eroica levata dalle tante vittime di un inarrestabile progresso tecnologico figlio del capitalismo moderno e prono alla suprema legge del profitto – ebbe così fine. Essa non aveva e non poteva avere alcun avvenire, poiché la sua aspirazione era la difesa di forme di produzione destinate ad essere inesorabilmente travolte. E del carattere storicamente indifendibile del loro sogno di ritorno ad un passato arcaico finirono per prendere infine coscienza vari ribelli luddisti, che, volte alle spalle alle forme condannate alla sconfitta della loro protesta, entrarono nelle file di un nuovo mondo della resistenza alla miseria, che permaneva estrema, generata dal capitalismo delle macchine e dei modi di organizzazione del lavoro che ne conseguivano. Era il mondo, ancora contraddistinto da incerti e assai difficili inizi, dell’associazionismo sindacale e politico che avrebbe avuto le sue espressioni nelle Trade Unions e da ultimo nella creazione del Partito laburista, trovando una sponda simpatetica nell’intellettualità e nella borghesia britannica liberali di orientamento progressista – di cui tipico e illustre esponente fu il grande economista e riformatore politico John Stuart Mill – le quali, con una sensibilità sociale e politica più sofisticata e moderna, rilanciarono alle classi dirigenti britanniche l’esortazione inascoltata levata alla Camera dei Lord da Byron.
Il luddismo che potremmo definire storico ha lasciato molteplici eredità nella società contemporanea, che ha visto sorgere e propagarsi vari movimenti neoluddisti. È comparso – per fare ricorso a etichette molto generiche ma atte a stabilire una pur sommaria distinzione – un neoluddismo di sinistra e un neoluddismo di destra. Il primo, che ha venature anarchiche e ecologiste, rivolge la sua polemica e le sue azioni dimostrative contro l’attacco portato dai potentati economici ad attività lavorative considerate ancora vitali e soffocate da una distorta modernità; il secondo è improntato alla difesa di tradizioni e costumi che sempre questa stessa distorta modernità minaccia colpevolmente di estinzione. Il comune legame è l’opposizione, con la ripresa di metodi anche violenti, a interessi dominanti accusati di mettere in grave pericolo interessi e valori ritenuti superiori.