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 2013  settembre 12 Giovedì calendario

L’ORRORE DI QUIRICO E LE CHIACCHIERE DEI TALK

-Finché non si libererà dei suoi talk di «approfondimento» («Ballarò», «Matrix», «Porta a porta», «Quinta colonna», «Virus», «La gabbia»...), l’Italia non si riprenderà, saremo sempre in recessione.
Non so motivare il perché, ma sono sicuro che è così.
Ho avuto un’illuminazione seguendo l’intervento eterodosso di Domenico Quirico a «Ballarò». L’inviato ha parlato di un viaggio quotidiano nell’umiliazione, ha detto di aver passato cinque mesi dietro a una porta chiusa. Ha raccontato che i suoi carcerieri erano dei ragazzi tra i 20 e i 30 anni, passavano la giornata sui pagliericci fumando, mangiando quattro o cinque volte al giorno, giocando con telefonini e guardando la televisione: «La Siria oggi è il Paese del Male, il Bene non è più possibile, l’odio è la strada più semplice».
Non guardando mai in macchina, Quirico ha descritto la sofferenza, il senso della sua prigionia: «Un lungo, terribile viaggio attraverso la paura, la disperazione, l’umiliazione e la scoperta che esiste al mondo un Paese in cui non c’è più la pietà, non esiste più l’attenzione verso chi soffre, chi è imprigionato, chi non ha nulla, chi deve attendere dall’alto il cibo... Un Paese in cui persino i vecchi e i bambini hanno smarrito il senso della solidarietà umana». Quirico parlava da estraneo, con eloquio forbito, e più di lui parlava la sua faccia così profondamente piemontese, parlavano i suoi gesti misurati, parlava il suo riserbo. Se posso osare un paragone, Quirico era «ostaggio» di quella televisione.
Poi sono arrivati gli «altri», i Cuperlo, le De Girolamo, gli Abete, gli Onida, i Landini, i Toti, i Giannini. E lì che ho capito che senza i Quirico non ce la potremo mai fare.
Immagino che Quirico non andrà più in video, che la solita compagnia di giro passerà di talk in talk, che la chiacchiera si nutre di se stessa, e per questo non sa rinnovarsi.
Aldo Grasso