Costanza Rizzacasa d’Orsogna, ItaliaOggi 12/9/2013, 12 settembre 2013
CI VUOLE LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE, MA COSTA
«I fatti recenti sembrerebbero dimostrare che l’Italia è matura per la rivoluzione. Purtroppo mancano i soldi. Ma lei sa quanto costa una rivoluzione? A partire dai manifesti formato gigante, dai costumi, dalle comparse? I permessi si potrebbero anche ottenere, ma anche lì troppi funzionari andrebbero corrotti, e l’entusiasmo allora decade».
Massimo Bucchi, tra i più acuti vignettisti satirici italiani, firma di Repubblica e del Venerdì, ironizza sul pantano Italia. «Certo poi con la rivoluzione ci sarebbero anche gli indennizzi ai parlamentari che non possono concludere il mandato. A far paura non è il Porcellum, ma gli insaccati inamovibili. Io penso che si debba passare al sistema tedesco, quello buono, con soglia di sbarramento per chiunque non sappia rispondere ai quiz».
Sulla crisi di governo, direttamente dalla regione brasiliana del Pantanal, è arrivato anche il monito di Madre Natura. Racconta Massimo Gramellini sulla Stampa: «Un caimano giunto alla sesta replica del film di Nanni Moretti si appisola a bordo acqua senza avvedersi che alle sue spalle, in libera uscita dalla tintoria di Bersani, è in agguato il giaguaro meno smacchiato della storia».
«L’eventuale crisi di governo appare complicata, perché come prima condizione richiederebbe l’esistenza di un governo, e i tempi si allungherebbero almeno fino alla crisi successiva. Berlusconi ha smesso da tempo di tirare la corda, perché ogni volta sentiva delle fitte al collo, e ha optato per delocalizzare tutto, trasferendo nottetempo gli elettori dal Pdl in Forza Italia modificandone solo gli indirizzi mail. Operazione che dev’essere compiuta distraendo gli hacker di Renzi, che potrebbero impadronirsi dei dati per averne il controllo alle prossime elezioni».
E Napolitano, in tutto questo?
«Il Presidente resta fermo sulla sua posizione, e questo ci rassicura. Sarebbe però opportuno il suo passaggio dalla frase Uno alla frase Due, che renderebbe il panorama politico più fluido».
L’unico vero rivoluzionario è #PapaChecco. Più duro di Obama sulla Siria, ottiene la liberazione di Domenico Quirico, chiama al telefono studenti e omosessuali e scrive anche a Repubblica.
«Sì, l’unica cosa che è veramente cambiata in Italia è il Papa. Intanto ce n’è uno di riserva, come nello staff presidenziale USA. Poi il celebre slogan di Francesco, «Tana poveri tutti», ha sfondato più e meglio del vecchio «In hoc signo vinces». Il Vaticano è nel mirino degli States per le destabilizzanti intercettazioni telefoniche, ma il Paese non è ancora considerato a rischio. I buoni rapporti di Papa Francesco con Napolitano gli hanno permesso di riprendere il controllo della Curia e delle rotte aeree internazionali da e per l’America Latina. La difficoltà, però, è lo scarso peso demografico del Vaticano, il cui bassissimo tasso di natalità ne riduce l’espansione territoriale e politica. Questo porta problemi anche sul piano dell’espansione religiosa. Kissinger diceva che nel futuro ci sarebbe stato spazio solo per due o tre religioni, e il successo avrebbe premiato il Paradiso più diffuso ed economico».
«Al via gli incontri tra le grandi religioni monoteiste», ha ironizzato su Twitter il giornalista Enrico Veronese: «Francesco scrive a Scalfari. Previste missive anche a D’Alema e Renzi».
«Capisce che un terzo Papa aiuterebbe moltissimo».
«Francesco è un Papa grillino», ha detto Nicola Morra del M5S, cercando di mettergli il cappello del proprio movimento. Se non fosse che i grillini ormai fanno notizia solo per le loro sortite clownesche.
«In questo momento, o secolo, di crisi, fa bene Grillo a risparmiare. Sul web costa ancora tutto di meno, non bisogna uscire di casa e si evita il costosissimo radicamento sul territorio, che poi ci vogliono gli extracomunitari per la raccolta dei consensi. Certo, Grillo non ha ancora risolto il problema del controllo del Movimento a distanza, ma sono in arrivo l’app per le espulsioni esemplari e quella dei parlamentari Bluetooth monouso. Del resto sarebbero anche antiestetici a vedersi, i fili».
Intanto Renzi, dopo il giubbotto alla Fonzie e il torso nudo alla Tony Blair versione flaccida, si è fatto paparazzare con la bandana alla Cav. Il suo ufficio stampa ha subito diramato la nota: «Non era una bandana, ma una maglietta». Quando la toppa è peggiore del buco.
«Renzi è il domani. Ha lentamente strappato a Berlusconi tutto lo spazio su Chi. L’ex premier è stato costretto a chiedere al cagnolino Dudù di fare delle foto insieme per non perdere troppe posizioni. Nel partito, Renzi è considerato una risorsa per il futuro. L’unico in grado di far dimenticare agli iscritti e ai simpatizzanti dove veramente si trovino, e quindi galvanizzarli e sospingerli ad abbracciare un immaginario riformista di cui nessuno aveva mai sospettato l’esistenza. Col sindaco fiorentino si prospetta la moderna linea di un partito che raccoglie intorno a sé tutto quel che trova. Tanto più che dei Pony Blair italiani Renzi è il migliore. La Nuova Società sarà recapitata in poche ore a domicilio, e gli eventuali rottamati verranno sostituiti in pochi decenni. «Sul mio carro non tramonta mai il sole», ha dichiarato ad Amici: «Io lavoro e penso a te». Il suo orizzonte politico sono i 360 gradi».
Intanto la ripresa economica tocca tutta Europa tranne noi.
«Non siamo messi male come dicono. Se le fabbriche chiudono, le startup aprono, e visto il costo ormai irrisorio del lavoro ci si aspetta una ripresa molto forte, come Monti prevedeva e seguiterà a prevedere se per caso un giorno tornasse nel giro. Non è vero che manchi il lavoro: manca un numero sufficiente di addetti chi lo facciano gratis. Fortunatamente, la scuola sta preparando le nuove generazioni a un mondo globalmente italiano. Con una toccante cerimonia, ad Alba Novese è stata inaugurata una lapide con l’insegna «QUI GIACE IL FU TURO». Sono arrivate anche delle commesse internazionali per costruire otto o nove Sharm el-Sheikh in Siria, se la situazione peggiorasse. Cosa in cui sperano tutti per inaugurare nel migliore dei modi il Salone dell’Arma a Damasco, dove ciascuno potrà trovare il meglio per la propria sicurezza. Previsti sconti per le famiglie italiane che vogliano comprare armi per chiudere rapidamente le proprie incomprensioni. Bankitalia ha definito la fase attuale «un serpente a spiragli», citando la Spagna come il Paese capace di annullare lo scarto con lo spread italiano nei tempi supplementari, in attesa della nostra finalina di consolazione con la Grecia».
Torniamo alla Siria. Uno dei titoli migliori sugli «stop and go» di Obama l’ha fatto Panorama: «Il titubante in capo».
«Obama è sereno. Anche se dubbioso sulle decisioni da prendere, il suo slogan per la politica estera è «Kerry uomo Kerry». D’altronde, negli USA, tradizionalmente nel primo mandato il Presidente si occupa del futuro del Paese, nel secondo del suo. L’America non ripeterà l’Iraq: il Pentagono ha fatto sapere che si inventerà qualche altra cosa e sembra che abbia contattato i Vanzina, restando ferma la location siriana, per soggetto e sceneggiatura. Amici diplomatici mi dicono che resta incerta la partecipazione al blitz di Scilipoti, comunque indispensabile per il trasporto delle truppe da una parte all’altra dello schieramento. Sono allo studio i costi e si intensificano i contatti fra i Responsabili. Una guerra mondiale sembra improbabile, per l’effetto negativo sulla pacificazione, ma sarebbe una bella semplificazione. A Zurigo potrebbe svolgersi la votazione sul Paese più adatto a ospitare il conflitto per almeno quattro anni».
Ed Enrico Letta, che è andato in Afghanistan con l’elmetto?
«Il premier valuta che l’Italia non potrà entrare in guerra prima del 2018, a meno che non decida autonomamente per la guerra civile. Dipenderà anche dagli sviluppi della Guerra di Recessione, aspramente combattuta fra Nord e Sud del Paese».
Intanto, tra pitonesse, quaglie e colombe, il Parlamento è uno zoo. «Un’estate bestiale», ha scritto Luca Mastrantonio sul Corriere della Sera.
«Le indiscrezioni parlano di una serie di incontri fra Bersani e Monti. Ormai uniti da una stessa panchina ai giardinetti, pensano alla nascita di un nuovo partito che rappresenti giaguari puliti, prendendo esempio dall’equilibrio americano tra l’elefante repubblicano e l’asino democratico. Tutte parole che in Italia potrebbero funzionare benissimo anche in prima serata. La conclusione è semplice: come diceva un grande politico, «se ne esce soltanto se ognuno di voi si assumerà le nostre responsabilità».