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 2013  settembre 12 Giovedì calendario

COSI’ HARVARD SCOPRE LA LEZIONE DI SIR ALEX

Sir Alex Ferguson è stato l’allenatore del Manchester United per un quarto di secolo, vincendo 13 scudetti e 25 coppe prima di ritirarsi, nel marzo scorso. La Harvard Business School ha deciso di fare diventare materia di studio i suoi metodi di allenamento. Quello che serve per eccellere nel calcio può essere utile anche quando si deve guidare un’azienda in mercati che non sono meno competitivi della Premier League.
La professoressa Anita Elberse ha incontrato diverse volte Ferguson per analizzarne i segreti a partire dal suo arrivo nel 1986 all’Old Trafford. Il «case study» finirà sui banchi dell’università ed è stato anticipato sul numero di ottobre della «Business Review». Ferguson ha cominciato dalle fondamenta. In un’epoca nella quale si pensava che «non era possibile vincere con i ragazzini» ingaggiò per prima cosa alcuni talent scout che gli portassero adolescenti di talento. Gli scout tornarono con David Beckham e Ryan Giggs.
«Pensavo – ha detto alla professoressa Elberse – che non dovevo formare una squadra, dovevo formare un club, nel quale ci fosse una continuità di apporto di giovani e dove i giocatori crescessero insieme, nello stesso spirito».
In 26 anni, sir Alex ha costituito cinque diverse squadre vincenti, e non appena ne aveva messa insieme una pensava già alla successiva, perché il ciclo di vita di una formazione non va mai oltre i quattro anni. «Già dopo il primo anno – ha spiegato – bisogna analizzare ogni singolo giocatore e valutare quale apporto potrà dare e per quanto tempo, e preparare le soluzioni». Questo comporta decisioni dolorose, come mandare via veterani generosi e leali che non servono più. Adottando un approccio strategico, razionale e sistematico, Ferguson ha permesso al club di spendere molto meno in acquisti rispetto ai rivali del Liverpool e del Chelsea.
Per ottenere buoni risultati bisogna poi pretendere molto. Ferguson ha stabilito standard elevati per tutti i giocatori, ma soprattutto per le grandi star, alle quali chiedeva maggiore impegno «perché dovete dimostrare che siete i migliori». Chi aveva una mentalità perdente veniva guidato a cambiarla e gli stessi giocatori erano i primi a disapprovare chi in campo non dava il massimo. Anche in questo caso l’esempio è fondamentale. Ferguson arrivava allo stadio prima di tutti, alle 7 del mattino. Negli ultimi anni, molti dei suoi collaboratori avevano cominciato ad arrivare prima di lui: «Pensavano che se potevo farlo io, potevano farlo anche loro».
Per tenere insieme una squadra vincente non si deve mai cedere il bastone del comando. «Quando sono arrivato – ha ricordato Ferguson – mi sono detto che non avrei mai permesso a nessuno di essere più forte di me». Chi ha provato a sfidarne l’autorità, come il capitano Roy Keane, è stato estromesso dal club. Le squadre nelle quali i giocatori decidono quando allenarsi e quando avere il giorno libero non vanno mai lontano.
Ma è anche importante usare il linguaggio giusto. Per Ferguson le due parole più belle sono «well done», ben fatto, il più semplice complimento che si possa fare. Non c’è bisogno di mostrarsi sempre arrabbiati, perché non serve. Dire «questa mi sembra la migliore formazione per oggi» fa pensare agli esclusi che ci saranno altre occasioni e si deve sempre fare attenzione a come si dicono le cose.
Quando una squadra è in svantaggio a pochi minuti dalla fine, gli allenatori urlano a tutti di andare avanti, ma Ferguson non l’ha mai fatto. Formare una mentalità vincente era al centro di tutti gli allenamenti e alla squadra veniva continuamente spiegato che cosa fare in campo se si doveva segnare un gol a 15, 10 o 5 minuti dal fischio finale.
L’ultimo segreto è la capacità di adattarsi ai cambiamenti e alle novità, che in 26 anni non sono mancati. Un team di scienziati ha affiancato i coach, ai giocatori è stata prescritta vitamina D per compensare la mancanza di sole di Manchester, nelle maglie sono stati inseriti Gps che registrano i movimenti in allenamento e un maestro di yoga si occupa di rilassare il corpo e la mente dei giocatori.
Ma un consiglio vale forse più di tutti gli altri: comportarsi come se ogni vittoria fosse la prima e non stare mai fermi a rimirare i propri successi, pensando che possano ripetersi da soli.