Stefano Montefiori, Corriere della Sera 07/09/2013, 7 settembre 2013
MOSLEY E IL VIDEO SADOMASO: «GOOGLE METTA UN FILTRO» —
Max Mosley porta Google in tribunale. Nel 2008, quando il tabloid britannico News of the World diffuse le immagini del suo incontro sadomaso con cinque prostitute, l’allora presidente della Formula Uno rifiutò di dimettersi e anzi contrattaccò, vincendo le cause contro il giornale di Rupert Murdoch in Gran Bretagna e Francia e ottenendo oltre 100 mila euro di risarcimenti. Non gli è bastato: oggi Mosley pretende che Google crei un filtro speciale per escludere automaticamente dai risultati delle ricerche i siti con le foto e i video che ancora lo ritraggono in atteggiamenti poco presentabili.
Nei giorni scorsi gli avvocati del 73enne manager inglese hanno presentato denunce nei tribunali di Amburgo, in Germania, e Parigi, perché giudicano che Google non faccia abbastanza per bloccare immagini già dichiarate illegali da più di una corte. «Questo è un caso molto importante, non solo per il mio cliente — dice Tanja Irion, una dei legali di Mosley —. In gioco c’è il diritto di tutti alla privacy e alla dignità».
I giudici tedeschi si pronunceranno il 20 settembre, quelli francesi il 21 ottobre. I legali di Mosley cercano di cavalcare un clima generale di grande attenzione verso la privacy degli individui, che va dal dibattito in seno all’Unione europea sul «diritto all’oblio» all’allarme dell’opinione pubblica per la raccolta dati e le attività spionistiche di molti governi.
Ma, nel caso specifico, gli argomenti di Google sembrano solidi. In una nota di Daphne Keller, associate general counsel del colosso di Mountain View, Google ricorda di avere «già rimosso centinaia di pagine su richiesta di Mr. Mosley», e di essere «pronta a rimuoverne altre». Mosley però pretende la creazione di un filtro che blocchi una volta per tutte qualsiasi link possa portare a quelle immagine. «Sarebbe uno strumento di censura senza precedenti — ribatte Google —. Un insieme di parole o immagini possono infrangere la legge in un contesto, ma essere lecite in un altro. Per esempio, il filtro potrebbe finire col censurare le notizie riguardanti lo stesso processo Mosley».
Google vuole riservarsi il diritto di decidere caso per caso, e ribadisce di non essere «la polizia di Internet». La strada verso un «algoritmo Mosley» sembra in salita.
Stefano Montefiori