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 2013  settembre 07 Sabato calendario

D’ALEMA ATTACCA I «CONVERTITI» NEL PD: «LETTA VOTERA’ RENZI, NON PUO’ PERDERE» —

«Ah, gli eroi». Massimo D’Alema sospira, baffo tagliente, qualche conto in sospeso: «Ogni giorno nascono e muoiono eroi, vengono inventati personaggi, meteore che poi spesso scompaiono…». Bianca Berlinguer, direttore del Tg3 e intervistatrice di turno, coglie l’attimo e gli ricorda che qui, dallo stesso palco della festa democratica nazionale di Genova, Walter Veltroni ha paragonato la coppia Letta-Renzi a quella tra Obama e la Clinton. Calcio di rigore per D’Alema: «E chi dei due fa Hillary?». La platea si scalda. Si comincia bene. È tornato «Baffino», il primo premier postcomunista, l’uomo simbolo della sinistra nel bene e nel male. In realtà non se n’era mai andato. E ora che il ciclone Renzi riempie i cieli congressuali del Pd, lui, che tiene a far sapere a tutti «di essere in buoni rapporti con Matteo: sono anche andato a trovarlo a Palazzo Vecchio…», oltre a schierarsi per un altro candidato alla segreteria, Gianni Cuperlo («L’uomo giusto: assieme a Fabrizio Barca ha scritto i documenti migliori»), dice chiaro e tondo, con la lucidità graffiante di chi non deve rendere conto a nessuno, che «Renzi sta sbagliando tutto», che «non doveva candidarsi alla segreteria» quando il suo vero obiettivo è correre per Palazzo Chigi: «Se si vota nel 2015, fare un congresso nel 2013 per scegliere un segretario e un candidato premier è demenziale. E se nel frattempo arriva Nembo Kid, che facciamo? Lo escludiamo dalle primarie?». E aggiunge: «Segretario e sindaco? Matteo non ha neanche idea di cosa significhi fare il segretario: lui è più attirato dall’idea delle primarie che dal lavoro di costruzione che viene dopo». Il risultato, incalza l’ex premier, è che «si sta andando verso una soluzione carica d’ambiguità e destinata a creare problemi».
D’Alema è il primo a sapere che Renzi «è un vincitore annunciato: gode di un imponente supporto mediatico e quasi tutto l’establishment del partito è con lui: c’è una sorta di pensiero unico». Ma il problema è proprio qui: «Anche il presidente del Consiglio alla fine lo sosterrà perché non può permettersi di perdere il congresso». E ciò rischierà di creare un pericoloso corto circuito tra il premier in carica Letta e l’aspirante successore Renzi. Se invece ogni cosa venisse fatta a suo tempo: ora il segretario e al momento opportuno le primarie per il premier, allora lo stesso D’Alema non esclude «di votare Matteo» per il governo. Bianca Berlinguer cita Franceschini. D’Alema gli risponde con Flaiano: «Tutti in soccorso del vincitore… Vedo tante conversioni. Matteo fa una promessa suggestiva: con me si vince. Il problema è che non ci sono per ora le elezioni». E in ogni caso l’ex premier non nasconde di provare «fastidio per un certo numero di suoi sostenitori» perché, sibila duro, «a tutto c’è un limite: i congressi si possono vincere o perdere, ma non la dignità». Concetto sul quale torna poco dopo, sempre dalla festa genovese, Pippo Civati, anche lui in corsa per la segreteria: «Sono talmente tanti sul carro di Renzi che alla fine rischia di cedere: se dovesse salirci anche Letta saremmo alle larghe intese anche nel Pd». La missione di Renzi, a detta di D’Alema, doveva essere quella «di costruire un nuovo centrosinistra», lasciando ad altri la carica di segretario. E così sarebbe stato se non si fosse commesso l’errore di prevedere le primarie anche per la guida del partito («Siamo l’unica associazione che non ha il diritto di scegliersi il proprio rappresentante»). Partita persa in partenza per i cuperliani? «La lotta è impari, ma ci batteremo in ogni circolo, magari con forze meno rumorose di quelle di Renzi».
Il resto del mondo? Berlusconi, la cui «stagione volge al declino», non farà saltare il banco: «Sarebbe una scelta per lui controproducente. Il governo può arrivare al 2015» azzarda D’Alema. Che poi si cala nell’autobiografico (dente avvelenato verso Renzi): «Si può fare politica anche fuori dal Parlamento. Io me ne sono andato, si è voluto rottamare: essere stato un militante della sinistra era considerato reato grave, anche dentro al Pd…». Il pubblico ride. Lui dilaga: «Hanno fatto fuori anche il povero Veltroni, che ha sempre detto di non essere mai stato comunista…». Quindi un commiato che più dalemiano non potrebbe essere: «Il congresso? Mi terrò libero…».
Francesco Alberti