Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 07/09/2013, 7 settembre 2013
RENZO PIANO: «DA LAICO SEGUO IL GESTO DEL PAPA. LA PACE E’ COME UNA CITTA’»
Renzo Piano risponde al telefono, in una pausa del viaggio tra Atene e Parigi. Ha annunciato che il suo primo gesto politico da senatore a vita sarà aderire oggi al digiuno per la pace di papa Francesco.
Perché, senatore Piano?
«Guardi, io sono del settembre del 1937. Sono nato nella guerra. E’ scoppiata che avevo due anni, è finita che ne avevo quasi otto. La guerra mi ha sfiorato, l’ho vissuta da bambino protetto; ma quando la guerra entra tra le cose vissute, si cresce con il pacifismo. Lo hai dentro. Non è insegnato, ma innato. Poi l’ho coltivato con i miei incontri, con le persone che ho incrociato».
Quali persone?
«Fabrizio De André parlava il linguaggio della poesia e della musica: la guerra di Piero, Andrea “ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia”. Fernanda Pivano veniva spesso a trovarmi, mi parlava del pacifismo americano, della sua amicizia con Gino Strada, del progetto per l’ospedale in Uganda. Quando ascolti tutte le voci, diventi un pacifista vero. E capisci che un pacifista parla sempre un linguaggio di pace. Non usa mai il linguaggio della violenza».
L’auspicio del Papa è senz’altro condivisibile. Ma in Siria la guerra c’è già. Si tratta di fermarla.
«Appunto: non fai la pace facendo la guerra. La guerra si combatte con la conoscenza. Parlarsi, confrontarsi, capirsi. Se questo non basta, ci sono le armi della diplomazia, delle misure economiche, dei servizi segreti, della politica. Ma con il tempo ho capito che il migliore antidoto alla guerra è il sapere, quindi la scienza. Per questo ho aderito a “Science for peace”, l’associazione di Umberto Veronesi. Non mi fido delle ideologie, tanto meno dell’orgoglio nazionale. Non mi fido nemmeno delle religioni. Mi viene in mente la frase di un vecchio film: “Quando un cattivo vuol far male, ma male davvero, lo fa in nome della religione”. Non è certo colpa delle varie confessioni, ma di chi le usa come uno strumento».
Allora perché aderire al digiuno indetto da un capo religioso?
«Questo è un caso un po’ speciale. Papa Francesco parla un linguaggio laico. Lui aggiungerà una preghiera. Noi digiuniamo e pensiamo. La mia adesione conta come quella di altri milioni di persone. Mi limito ad aggiungere una riflessione: la conoscenza è la radice del pacifismo. La scienza, che sia esplorazione lenta o lucida furia, è pur sempre l’unico modo per comprendersi, per confrontarsi, per stare insieme. In fondo, il pacifismo è strettamente connesso anche con il mio mestiere».
Con l’architettura?
«Sì. La pace è come una grande città. La pace è un’invenzione: non esiste in natura, come in natura non esiste la città. Le città sono luoghi di civiltà. C’è l’Islam delle città, dei fiumi, dei mari, dei porti, e c’è l’Islam del deserto. Allo stesso modo c’è la Svizzera delle città e quella delle montagne, c’è l’America delle metropoli e quella delle grandi distese dell’Ovest. Ovunque, la città è più avanti, più aperta, più civile. Ma una città, proprio come la pace, si costruisce pietra su pietra, in maniera lunga, ostinata. La città non si costruisce con la guerra, con la distruzione, ma con la stratificazione, con un’opera continua e metodica. Così è la pace. Questa è la ragione profonda per cui sono pacifista. Non è un moto romantico, “on the road”, hippy. Tutt’altro. E’ profondamente radicato, persino a livello di biografia, con un forte ancoraggio alla scienza».
Senatore Piano, in Siria però è stato varcato un limite senza ritorno. Un dittatore ha fatto strage del suo stesso popolo con i gas. Come può la comunità internazionale tollerare questo?
«Usare i gas contro i civili è orrido, spaventoso. Si deve assolutamente fare qualcosa. L’indifferenza di fronte al male è un crimine. Ma la soluzione non è lanciare altre bombe. Sento parlare di guerra lampo, di armi intelligenti, di bombardamenti chirurgici: sciocchezze. Cose che non esistono e non sono mai esistite. Consideriamo l’ignobile cinismo di chi usa scudi umani, e il rischio che il conflitto si allarghi. Non dico di non fare nulla, ma di farlo in un’altra maniera. Usiamo la diplomazia, quella ufficiale e quella segreta. Usiamo gli strumenti economici e finanziari di cui il mondo globale ci ha dotati. Impariamo a discernere, a usare l’intelligenza, a costruire la pace con lentezza e con metodo. Bobbio diceva che l’indifferenza è orribile, ma anche l’indipendenza è importante».
A proposito di indipendenza: Sergio Romano, difendendo la scelta di Napolitano sui senatori a vita, ha espresso l’auspicio che non partecipino al voto di fiducia ai governi. Lei che ne pensa?
«Sono troppo giovane, troppo matricola per risponderle. La prima volta che mi sono seduto al Senato ho capito quanto questo ruolo sia sentito, sia importante. Ci sono grandi temi che riguardano il nostro Paese e di cui non si discute abbastanza, potrei occuparmi di quelli. Le parole di Romano meritano una riflessione. Dire invece, come è stato fatto, che ci faremo usare, è una mancanza di rispetto. Significa non conoscere me, Claudio Abbado con cui sono amico da una vita, quella “bestiaccia” di Carlo Rubbia e nemmeno Elena Cattaneo. Pensare che personaggi arrivati a una certa età attraverso battaglie, se necessario anche scontri, ubbidientemente si mettano lì ed eseguano, è davvero offensivo. Non si preoccupi nessuno: non siamo marionette. Lasciateci la nostra coscienza: il Padreterno ce l’ha data, siamo arrivati a questo punto, ci hanno dato fiducia; non saremo mai pedine in mano a qualcuno. Se domani ad esempio si votasse l’ingresso dell’Italia in guerra, o l’acquisto di cacciabombardieri, io vado di corsa a votare no».
Aldo Cazzullo