Claudio Antonelli, Capo Horn 9/2013, 11 settembre 2013
IL RITORNO DELLE BIONDE
Dopo armi di latitanza è tornato di gran moda: è il contrabbando di sigarette. Nel 2012 l’Italia ha perso per via delle bionde illegali oltre 1,3 miliardi di gettito e circa 400milioni di mancati guadagni per la filiera tricolore. L’intera Europa ha lasciato nelle mani della criminalità oltre 12 miliardi di euro.
Dal 2002 (dopo operazione Primavera) al 2007 il fenomeno lungo la penisola era quasi scomparso. Ben al di sotto dell’1 percento della quota di mercato. Nel 2012 è salito al 9,8% e il trend indica una freccia all’insù. Per via della crisi economica, della diminuzione del potere d’acquisto delle paghe e, ovviamente, grazie alle accise e alle tasse di cui lo Stato mai è sazio. Per capire che l’affare dietro le bionde non è roba che riguarda le vecchine di Napoli (usiamo questo paragone perché a giugno 2013 dati fomiti dall’industria del settore dicono che nel napoletano una sigaretta su due è di contrabbando) bisognerebbe fare un salto in Polonia; la nazione che con i suoi 15mila doganieri è in questo momento impegnata a cercare di fermare il flusso immane.
Il triangolo che va da Brest a Eblag e che confina con Kaliningrad, Lituania e Bielorussia è il crocevia di gran parte dei traffici e ha soppiantato i Balcani che si sono trovati spiazzati dall’ampliamento della Ue a 27. Dati ufficiali dicono che viene sequestrato il 10% dell’illecito, in realtà se va bene è solo il 3% a essere intercettato, secondo indiscrezioni degli inquirenti polacchi. Il resto passa ed è libero di circolare in Europa.
«Dal 27 luglio scorso – racconta Anna Hatala, custom accountant della regione di Olsztyn (la parte di Polonia che confina con la regione russa) – è entrato in vigore raccordo per la Visa automatica per i residenti di Kaliningrad e di Oisztyn e tutto questo per noi implica maggiore impegno».
C’è chi nasconde le sigarette dentro le portiere o nei sedili. Nei palloni da calcio, ma anche nelle pagnotte svuotate o nelle confezioni di caffè solubile. È un modo per generare piccoli profitti e rendere più capillare il contrabbando.
Ma la differenza la fanno i camion pieni o i tir con i doppi fondi. Per non parlare (ovviamente non riguarda quest’area della Polonia) le navi cariche di bionde che partono dal porto di Kaliningrad dirette verso Odessa o Cipro.
Tanto più che i trasportatori non conoscono la filiera che li rifornisce e anche se parlassero al momento del fermo non saprebbero dare informazioni utili. La maggioranza comunque si limita ad alzare le spalle. «In un solo veicolo guidato da un cittadino russo – aggiunge Anna Hatala – abbiamo sequestrato 40 milioni di sigarette e la sanzione di 17mila euro, in accordo con le autorità, è stata pagata dopo un’ora». Ovviamente ad arrivare con la borsa piena di banconote è stato un basista polacco. D’altronde per far girare la macchina del contrabbando ci vuole organizzazione e celerità. Mentre per fare i milioni bisogna saper sfruttare i vuoti legislativi e creare complicità ad alto livello. E gli impatti negativi si moltiplicano su più fronti.
«Da uno studio realizzato dall’industria del tabacco – commenta Valerio Forconi, responsabile della comunicazione di British American Tobacco Italia – si vede come a Napoli e nel napoletano una sigaretta su due sia di contrabbando. L’aspetto gravissimo è la correlazione tra contrabbando e fumo minorile. Dalla raccolta di pacchetti vuoti effettuata nei pressi delle scuole la percentuale di sigarette da contrabbando non scende mai sotto il 20, ma spesso supera il 60 rendendo vane le più che giuste leggi in materia». Aziende come la Bat hanno firmato nel 2010 con la Commissione Ue e l’Olaf (agenzia contro il mercato illecito) accordi di cooperazione con uno stanziamento di circa 130 milioni di euro.
I laboratori inglesi (Southampton) di Bat analizzano campioni dei pacchetti sequestrati per capire la filiera di origine e identificare esattamente (quali macchinari e in che fabbriche) il luogo di provenienza.
Ma nelle rotte sono coinvolte intere nazioni. La Cina, per esempio. E intere organizzazioni criminali. D’altronde per le organizzazioni non è un grande sforzo. Spesso basta sfruttare il differenziale fiscale. In Bielorussia un pacchetto di fascia alta non supera l’euro. Nei Paesi Arabi e in Cina i 50 centesimi, per non parlare dei brand di basso livello. Dunque i margini sono assicurati e le leggi lasche. La 92 del 2001, in Italia, era perfetta non essendoci più il contrabbando. Ma da quando nel 2007 è tornato, si rischia di essere sempre in contro piede. Servirebbero maglie più strette.
Sul tavolo ci sono anche proposte, come la sostituzione degli attuali sistemi di identificazione con il Codentify. Un sistema su misura per consentire di identificare e tracciare le stecche a di autenticare i prodotti. Il principio alla base di Codentify è semplice: un codice unico di 12 cifre, leggibile a occhio nudo, è stampato direttamente su pacchetti e stecche durante la produzione.
La soluzione funziona su apparecchiature standard ed è facilmente integrabile nel processo di produzione.
Oltre a tutto prevede una serie di misure per rendere impossibile la riproduzione o il furto di un codice valido da parte dei contraffattori. Di fatto tutelando anche la filiera. Un comparto non da poco anche se bistrattato dallo Stato italiano. Solo la tabacchicoltura e la prima trasformazione valgono ben 65mila addetti.
L’Italia da sola, per la precisione Campania, Veneto, Umbria e Toscana, infatti produce oltre il 23% dell’intero tabacco europeo.
Purtroppo il 2011 è stato l’anno dei segni negativi. Meno 19,8% di Superficie Agricola Utilizzata (da 28.016 a 22.468 ettari) rispetto al 2010. Meno 21,4% della produzione di tabacco greggio (da 89.112 a 70.057 tonnellate) rispetto al 2010. Meno 31,1% di aziende agricole (da 5.792 a 3.992 unità) rispetto al 2010. Il motivo sta nel calo dei consumi, nella riforma della politica Comune europea, ma anche nel contrabbando.
Ne ha risentito anche la manifattura con i suoi duemila dipendenti. In generale dal 1985 i volumi prodotti sono diminuiti in maniera continua e costante, accelerando la caduta dal 2000 in poi e raggiungendo il punto più basso di sempre nel 2011 (poco più di duemila tonnellate, rispetto alle 14mila del 2010, con un calo dell’84,5%). I 140mila impiegati nella fase finale del tabacco, quella della distribuzione, hanno contenuto le perdite (-6% per le strutture di distribuzione e -0,1% per il dettaglio). Ma visto il trend di crescita del contrabbando e la relativa eliminazione dell’aggio il 2014 si annuncia molto difficile. Anche perché sembra che governi e Stati non abbiano intenzione di smettere di agire controcorrente. Invece che perseguire il gettito immediato, abbassare le accise significherebbe favorire la filiera e nel medio creare un gettito costante. Soprattutto rendere il contrabbando non più conveniente.