Filippo Ceccarelli, la Repubblica 7/9/2013, 7 settembre 2013
SE MONTECITORIO SEMBRA UN LUNA PARK
È acclarato che l’orologione di Montecitorio, al fianco del quale i deputati cinquestelle hanno messo in scena la loro protesta, va avanti di tre minuti. Ossia, l’ingranaggio è programmato elettronicamente, ma il peso di una delle due lancette determina giorno per giorno un leggero scostamento dell’orario per cui solo ai pochissimi addetti alla manutenzione, oltre che ai fastidiosi volatili specialisti in deiezioni, era consentito finora di violare quella specie di spazio sacro che coincide con i tetti del Palazzo per antonomasia.
Qualche anno fa Grillo annunciò l’arduo proposito di far volare una mongolfiera sulla Camera. Di norma, per allestire dimostrazioni, ai deputati della prima Repubblica bastava il balcone della splendida facciata berniniana, parecchio più in basso, là dove nella Roma papalina erano effettuate le estrazioni del Lotto. Durante la discussione sul Concordato i radicali fecero un blitz sventolando un bandierone del Vaticano; in seguito toccò ai pacifisti con arcobaleno. Più di recente, a causa del vento, si è incrinata l’asta della bandiera europea; e come ulteriore presagio, nel 2003, è volata giù una tegola.
«Sul tetto spettacolo a cinque stelle» esultava ieri Grillo; e l’onorevole Di Battista, uno dei protagonisti: «O la va o la spacca, ragazzi ». Dunque è andata come doveva, avventurosamente.
E adesso magari sarebbe anche il caso di concentrarsi sui contenuti della fotografatissima e filmatissima iniziativa; ma il guaio è che proprio in questi casi le forme prendono il sopravvento su qualsiasi ragionevole motivazione, con il che l’ascesa, con tanto di trolley, del M5S sui tetti di Montecitorio finisce per sanzionare la definitiva trasformazione delle assemblee elettive e rappresentative in un parco tematico. O meglio, in un parco giochi. O meglio ancora, in un Luna Park.
Non suoni come improvvisa e scandalosa rivelazione, adattandosi semmai come un guanto allo spirito dei tempi. I grillini c’entrano e non c’entrano. Da una dozzina d’anni almeno il Parlamento ha cominciato a perdere l’antico, severo e polveroso decoro istituzionale a vantaggio di Mirabilandia, delle sue attrazioni e anche dei suoi brividi: se si fanno intervenire i pompieri, valutava preoccupato il questore Fontana, gli occupanti cinquestelle scalerebbero il campanile, al buio.
Con qualche indispensabile semplicismo si può dire che il processo di autodegradazione spettacolare è cominciato con uno sventolio di magliette di calciatori in regalo, nascita di club di onorevoli tifosi, torte di compleanno e candeline, anche in aula, coccarde e fazzoletti policromi, concerti, riprese cinematografiche, mostre. E poi si sa come vanno queste cose, specie in Italia: il presidente Pera riceveva con tutti gli onori Totti e Miss Italia, il presidente Bertinotti accoglieva Zucchero e Claudio Baglioni, ai quali gli impiegati e i funzionari chiedevano l’autografo; sotto Natale il presidente Casini allestiva il presepio e subito c’era chi ci piazzava dentro Moana Pozzi e altre statuette gay; e così in men che non si dica alla Camera dei deputati, cioè nel palazzo dove si costruisce il Nomos, la Norma, ha finito per fare il suo trionfale ingresso addirittura il Satiro danzante: come statua, ma pure come sintomatica e anche scomoda evocazione.
E’ chiaro che esistono questioni più profonde sullo svuotamento di ruolo e compiti delle assemblee rappresentative. Ma prima che i parlamentari cominciassero perigliosamente a scalarne i tetti, forse è bene ricordare che nel cortile del Palazzo sono stati piantati semi di cannabis, e nel circolo sportivo dei deputati si è favoleggiato di una festa con lap-dance. E pazienza, meglio comunque del trattamento stercorario riservato alle pareti del gruppo dell’Italia dei Valori.
D’altra parte, con un pochetto di memoria storica e giornalistica si possono agevolmente documentare, sempre da parte dei parlamentari: cori a Sanremo e con Gigi D’Alessio, sfide in bici e passeggiate a cavallo per le vie dell’Urbe, richieste di asili nido e maxischermi per vedere la partita, gare di vignette, settimane gastronomiche regionali, calendari di onorevolesse, sfilate di moda maschili e femminili, pellegrinaggi, maratone, test antidroga, corsi di sommelier, libri di favole, travestimenti da cuochi e camerieri/e, il tutto spesso con l’aggravante della beneficenza, altrimenti setta «solidarietà»; senza contare le animose dispute di genere sull’accesso ai servizi igienici (caso Luxuria-Gardini) e le controverse movimentazioni di quadri a sfondo ideologico o di costume, la nuda Venere della Pivetti, la battaglia di Lepanto ricusata da Bertinotti.
A poco onestamente è servito l’insediamento di uno «spazio di meditazione» interconfessionale. In aula i deputati e i senatori hanno continuato a puntarsi laser negli occhi, a regalarsi pupazzetti, a rifarsi il trucco o a ripassarsi il rossetto. Segnalata all’ufficio postale la vendita del «Gratta e vinci ». Presentato un libro sui Pooh. Agognata la visita di una celebre fisioterapista soprannominata «Scrocchia-Piera». Lanciato il gioco «Fantaparlamento». Sventato un furto di rame. Per entrare nel Luna Park non si paga il ticket, ma certo dai tetti la prospettiva, anche di notte, deve essere curiosa.