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 2013  settembre 10 Martedì calendario

MONTEPASCHI IN SVENDITA A 2,5 MILIARDI


I 4 miliardi li mettono i contribuenti italiani, ma la decisione la piglia Bruxelles. Dimostrazione che in Europa non contiamo nulla, che l’Italia sarà terra di conquista economica e che ancora una volta, e stavolta grazie alla sinistra, a rimetterci saranno i risparmiatori- contribuenti. Basta vedere com’è andata ieri l’azione Mps scivolata a 0,20 euro con scambi turbinosi in Borsa e una perdita di oltre il 3%. C’è chi ha notato: poteva andare peggio!
Battute a parte domani a Siena, dove il consiglio di amministrazione di Mps inizia l’esame di un nuovo piano di ristrutturazione scritto sotto dettatura di Bruxelles da approvare entro il 24 settembre, si sanciscono tre cose: Alessandro Profumo è stato sconfitto dalle pretese del commissario europeo Joaquin Almunia alle quali si è accodato, diligente, il ministro dell’Econo - mia Fabrizio Saccomani, si apre ufficialmente il risiko bancario e, infine, il Monte dei Paschi (fu) Siena sarà nazionalizzato. Al di là delle fumisterie l’accordo trovato a margine del Workshop Ambrosetti a Cernobbio, pena l’apertura di un’inusitata procedura d’in - frazione contro l’Italia, tra Almunia e Saccomanni e a cui è seguita la presa d’atto da parte di Fabrizio Viola, Ad del Monte, significa esattamente questo.
C’è da chiedersi però se Saccomanni potesse opporsi al diktat europeo. Pesanti dubbi li ha posti in un’interpellanza al Presidente del Consiglio il senatore del Pdl Augusto Minzolini che in sostanza accusa Saccomanni, la Consob e gli attuali vertici di Mps di aver mentito al Parlamento.
Nella sua interpellanza, con la quale chiede se il Governo non intenda nazionalizzare subito Mps a tutela dei soldi dei contribuenti, imporre la sostituzione dei vertici della banca e indagare sul conflitto d’interessi dell’attuale ministro dell’Economia oltreché se non ritenga necessario riformare tanto la Consob quanto i poteri di vigilanza di Bankitalia, Minzolini scrive testualmente: «La Banca d’Italia ed in particolare il ministro dell’Economia e delle finanze Fabrizio Saccomanni che ne è stato Direttore Generale e membro del Direttorio ha, a giudizio dell’interpellante, una responsabilità diretta, specifica e personale sugli aiuti di Stato concessi a Mps» perché ha avallato l’idea che servissero a coprire le perdite subite da Mps dall’eccessivo carico di titoli di Stato quando in realtà le perdite sono dovute alle operazioni sui derivati di cui Bankitalia e Consob sapevano, ma che sono state taciute al Parlamento.
È anche per questo che l’Europa può imporre al Monte ciò che non ha imposto alle banche spagnole salvate, quelle sì, con i soldi europei o alla Germania che ha fatto come le è parso con Commerzbank? Si attende risposta. Per intanto il Monte, a fronte del via libera ai Monti Bond per 4 miliardi, dovrà varare entro il 2014 un aumento di capitale per 2,5 miliardi finalizzato al rimborso anticipato, ancorché parziale, del prestito di Stato, tagliare ancora i costi dopo aver già mandato a casa 4.600 dipendenti e ristrutturare i conti con un consistente abbattimento del portafoglio Btp (ne ha per oltre 23 miliardi). Ai prezzi correnti un aumento di 2,5 miliardi significa il raddoppio del capitale di Mps e non si vede chi, in Italia, possa sottoscriverlo.
L’esito dunque è abbastanza scontato: se il Monte non rimborserà i Monti Bond (che prevedono interessi a salire dal 9 fino al 15%) il Tesoro li convertirà in azioni e diventerà padrone della banca con il 60% del capitale. Ma poi dovrà rivendere. A chi? Probabilmente a un colosso del credito straniero. Il delitto perfetto si realizza. Così la strategia di Alessandro Profumo, presidente di Mps, che voleva recuperare redditività della banca, aprire a soci non bancari, rimborsare gradualmente i Monti Bond sperando di vendere al meglio i tanti (troppi? sicuramente acquistati sotto pressione politica) titoli di Stato non ha tempo per dispiegarsi. Ciò però impone al CdA di superare due enormi ostacoli: quasi impossibile far passare altri tagli di personale, difficilissimo far digerire ai soci che hanno già deliberato, con molti mal di pancia, un aumento di capitale da un miliardo un ulteriore aumento. A ottobre potrebbe esserci un’assemblea straordinaria. E di fuoco. Anche perché così la Fondazione uscirebbe del tutto di scena.
La neopresidente, la confindustriale Antonella Mansi, appena tre giorni fa proclamava che la sua missione è quella di salvaguardare il ruolo di Mps nel territorio senese. Ma con le azioni a 0,20 euro il 33,5% di capitale di Mps (la Fondazione è ancora l’azionista di riferimento) vale sempre meno e peraltro deve trovare subito 350 milioni per ripianare i suoi debiti. Contava di farlo vendendo azioni Mps e attestandosi attorno al 20% di capitale. Però se scatterà l’aumento da 2,5 miliardi la Fondazione dovrebbe mettere sul piatto 900 milioni pena scendere sotto il livello di guardia: meno del 10%. Allora Siena avrà perso la banca con quali ripercussioni politiche e di potere è immaginabile. Perché già ora molti si chiedono se sia stato saggio da parte della Fondazione distribuire negli ultimi dieci anni a Siena, su pressioni del Pd che la controlla attraverso Comune e Provincia, oltre due miliardi tra prebende, sponsorizzazioni e clientele varie.