Marco Bonarrigo, Corriere della Sera 11/09/2013, 11 settembre 2013
DOPING, DOSSIER, CONTI SEGRETI: QUANDO L’INTRIGO VA IN BICI
Mancano solo le donne fatali, almeno per ora. Ma gli altri ingredienti dell’intrigo internazionale ci sarebbero tutti: bonifici, conti correnti segreti svizzeri, provette compromettenti sparite nottetempo dai laboratori, lucrosi appalti concessi a parenti prossimi. E un miliardario russo che si muove nell’ombra. No, non parliamo di politica e nemmeno di alta finanza. Ma di ciclismo. A 15 giorni dall’elezione del nuovo presidente dell’Unione ciclistica internazionale, la lotta per la conquista della massima carica delle due ruote sembra più una faida che una sfida politica: contrapposti il presidente uscente, l’irlandese Pat McQuaid, e Brian Cookson, artefice del successo del ciclismo britannico.
Il sito Internet Velonews.com ha rilanciato dettagli su un presunto dossier che racconterebbe fatti e misfatti dell’attuale governo: somme di denaro chieste e ricevute da atleti per ottenere «favoritismi» all’antidoping (gente del calibro di Armstrong e Contador), licenze rilasciate a team che non ne avrebbero avuto il diritto, favoritismi del presidente verso il fratello Darach (organizzatore di corse professionistiche) e il figlio Andrew, procuratore di atleti. Dietro il dossier (che pochissimi hanno letto e che McQuaid ha definito «pura spazzatura fabbricata per distruggermi») ci sarebbe la mano di Igor Makarov, magnate russo del gas e del petrolio e fanatico delle due ruote. Suo il team Katusha, sua la presidenza della Federazione russa, suo il supporto (un po’ imbarazzante) al candidato inglese Cookson.
Il tutto sarebbe riconducibile alla solita bega di potere politico-sportiva se non fosse che il ciclismo, investito da una impetuosa globalizzazione, sta riscuotendo sempre maggiore interesse economico in aree geografiche nuove, dal Kazakistan all’Iran, dall’Africa Nera all’Oceania al Brasile dove si è appena conclusa una prova a tappe molto ricca, muovendo importanti giri di denaro. E quello che prima era «terzo mondo sportivo», blocco elettorale passivo al servizio dei poteri forti, ora diventa interessato e combattivo.
Pat McQuaid rappresenta il vecchio: dossier a parte, è l’uomo che ha supportato Lance Armstrong (che donò in gran segreto 100 mila dollari all’Uci per acquistare apparecchiature antidoping, senza mai risultare positivo in un decennio di doping pesante), che ha avuto un occhio di riguardo per dirigenti dopati o squalificati come il danese Riis e il belga Bruyneel, che non mai fatto esercizio di trasparenza. Basti pensare che ha fatto «secretare» dalla Federazione l’importo del suo stipendio. Dopo la confessione di Armstrong, però, attorno a McQuaid è rapidamente crollato il consenso. E il recente appoggio a Cookson di Lord Sebastian Coe, l’artefice di Londra 2012, è stata la mazzata finale. Vicino a McQuaid restano qualche Federazione africana e, tra le europee, quella italiana: Renato Di Rocco è uno degli attuali vicepresidenti dell’Uci. Se le elezioni le vince Cookson, siamo fuori dal governo del ciclismo mondiale.
Marco Bonarrigo