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 2013  settembre 11 Mercoledì calendario

IL MISTERO VATICANO DEI FALSI TWEET

Il fascicolo sarebbe arrivato a Santa Marta, residenza di papa Francesco, nell’ultima decade di agosto, consegnato da un cardinale. E conterrebbe un affresco inquietante: indizi che due dei molti messaggi attribuiti a Francesca Chaouqui, la consulente italo-egiziana di trentuno anni inserita a sorpresa nella Commissione chiamata a fare le pulci alle finanze vaticane, possano essere falsi. Contraffatti per metterla in cattiva luce e gettare dubbi pesanti su alcune delle scelte compiute dal Pontefice.
In particolare, sarebbero stati «fabbricati» un tweet con giudizi pesanti sull’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e un altro che dava del «corrotto» al cardinale Tarcisio Bertone. Sembra che nel rapporto si parli di fotografie della donna su Twitter sostituite con altre che usava nel passato; e di email sospette da un indirizzo di posta elettronica non rintracciabile. Se la storia è vera, rimane da capire da dove sia partita l’operazione e che cosa nasconda. Il sospetto è che possano essere coinvolte persone del sottobosco vaticano. Per ora, non è chiaro neppure se l’episodio abbia in qualche modo influito sull’accelerazione delle dimissioni del segretario di Stato, Bertone, costretto ad abbandonare la carica il 31 agosto: un addio accompagnato da giudizi taglienti del «primo ministro» uscente sui «corvi e le vipere» che avrebbero cercato di infangarlo.
Sembra che il papa sia rimasto colpito dal dossier. «È convinto anche lui che quei messaggi siano stati inventati», rivela un cardinale. Seppure di sfuggita, la vicenda è rimbalzata nella commissione istituita dal pontefice per vigilare sullo Ior. E l’avvocato Giulia Bongiorno è stata incaricata dalla Chaouqui di presentare una denuncia contro ignoti per contraffazione. Ma dovunque stia la verità, è difficile non vedere manovre torbide. Prevale l’impressione di trovarsi di fronte a una guerra fra bande della quale il caso Chaouqui è soltanto l’ultima tappa; e dove il confine fra torti e ragioni rischia di sfumare pericolosamente. Di certo, somiglia al frammento di un’offensiva tesa a delegittimare il nuovo corso e comunque a ricreare un’atmosfera di sospetti e tensioni. Ma in Vaticano ne parlano con circospezione e prudenza: come se non sapessero bene se si tratta di una montatura o di uno scandalo in grado di rovinare la «luna di miele» di Francesco con l’opinione pubblica. Bergoglio rimane popolarissimo. Un esempio è la «diretta» di Tv 2000, l’emittente dei vescovi italiani, sulla giornata di digiuno per la Siria, sabato scorso. Ha dato percentuali di ascolto del 5 per cento: il doppio del normale. Eppure, da giorni si capta l’oscuro timore che possa arrivare una «seconda Vatileaks»: notizie fatte filtrare per dimostrare che anche col nuovo pontificato i sacri palazzi sarebbero un nido di maldicenze. Secondo questa tesi, peraltro tutta da verificare, i nemici del papa si preparerebbero a ingaggiare una sorta di guerra delle notizie con mezzi proibiti; ma con la magistratura italiana attenta a non farsi confondere e sviare. D’altronde, rivedendo al rallentatore gli scandali e i misteri dell’ultima fase del pontificato di Benedetto XVI, si ha la sensazione di assistere ai colpi di coda di una sorta di sistema informativo parallelo che ha addomesticato e inquinato a lungo la comunicazione vaticana. Si è avuta la sensazione che in alcuni momenti esistesse un circuito alternativo a quello ufficiale diretto da una persona rispettata e stimata come padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana. La lista degli «incidenti» è lunga quanto l’elenco dei sospetti e delle domande senza risposta. Sono stati chiamati in causa ora alcuni personaggi chiacchierati considerati fedelissimi di Bertone; ora il maggiordomo di Josef Ratzinger, Paolo Gabriele, unico condannato finora per Vatileaks; fino ad alcuni gruppi di potere economico che gravitano intorno allo Ior e all’Apsa, cassaforte patrimoniale della Santa Sede. E magari ci sono altri capitoli oscuri dei quali non si è saputo nulla. Fra l’altro, la storia che riguarda la Chaouqui arriva dopo alcune rivelazioni scabrose sulla vita privata del «prelato» dello Ior, monsignor Battista Ricca, pure scelto da Francesco.
Dunque è la seconda volta che le nomine del nuovo papa vanno sotto i riflettori. E viene preso di mira quello che è stato individuato come l’anello debole nella commissione d’inchiesta sulle finanze vaticane, fra gli otto membri nominati da Jorge Mario Bergoglio il 19 luglio scorso. Gli altri sono l’economista maltese Joseph Zahara, che la presiede. Il monsignore spagnolo Lucio Vallejo Balda. I manager francesi Jean-Baptiste de Franssu e Jean Videlein-Silvestre. Quello tedesco Jochen Messemer. Enrique Llano, spagnolo esperto di sanità. E l’ex ministro di Singapore, George Yeo. La convinzione diffusa nella cerchia papale è che si voglia accreditare la vulgata di un Pontefice «inesperto», con una scarsa conoscenza del mondo della Curia e più in generale di Roma; e dunque incline a scegliere le persone senza consultarsi con chi «sa», commettendo errori a ripetizione.
La cosa indicativa, tuttavia, è che Francesco ha difeso le proprie scelte, almeno finora, perché da luglio arrivano in alcune redazioni email che parlano male della Chaouqui. Evidentemente, nonostante il profilo molto atipico e poco istituzionale della giovane italo-egiziana, ritenuta vicina all’Opus Dei, ex consulente di alcuni grossi studi legali e curatrice delle pubbliche relazioni per la Ernst&Young in Italia, il pontefice ha visto soprattutto un tentativo di destabilizzazione delle sue riforme. D’altronde, si apre una fase nella quale potrebbero partire iniziative radicali legate alla riforma della Curia, e emergere alcuni dei misteri sui conti dello Ior. Insomma, le vere resistenze emergeranno nelle prossime settimane. D’altronde, Bertone è in uscita. Il 15 ottobre sarà sostituto da monsignor Pietro Parolin, finora nunzio in Venezuela.
Negli ultimi giorni l’ex segretario di Stato sarebbe riuscito a trovare casa all’interno del Vaticano, all’ultimo piano del palazzo davanti alla pompa di benzina interna. Si è parlato di due appartamenti, ognuno di 300 metri quadri, per ospitare lui e i suoi più stretti collaboratori. Qualcuno ha favoleggiato su una metratura di 450. In realtà, pare si tratti di un’abitazione più modesta, dove finora era rimasta la vedova di Camillo Cibin, l’ex capo della Gendarmeria vaticana scomparso nel 2009: anche se la piccola corte di Bertone sconfinerà in qualche stanza di un appartamento adiacente e molto spazioso. È vicinissimo a Santa Marta, benché si tratti di due mondi ormai sideralmente lontani.
Massimo Franco