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 2013  settembre 11 Mercoledì calendario

LA PARTITA DEL RELATORE AUGELLO: RIFAREI TUTTO, ERO OBBLIGATO —

Il senatore Andrea Augello (ex Msi, ex An ora Pdl) è l’uomo del giorno che tutti cercano di decrittare per capire come andranno le cose in Giunta. L’operazione «trasparenza» non è semplice perché anche lui è in balìa di un partito che non ha le idee chiare, di regolamenti un po’ fumosi e di uno scontro politico senza precedenti. Dunque, quando ancora si deve infilare nel bunker di Sant’Ivo alla Sapienza, con un risultato ancora a scatola chiusa, Augello rivendica la sua mossa di porre come primo piatto sulla tavola della Giunta le sue tre questioni pregiudiziali: «Certo che lo rifarei. Io sono stato obbligato a farlo perché le questioni pregiudiziali che ho sollevato non sono temi che poi possono essere riproposti nella fase successiva, cosiddetta di contestazione. In Giunta noi non abbiamo una procedura per proporre un ricorso alla Corte costituzionale o per interpellare la Corte di giustizia del Lussemburgo... Per questo lo rifarei, in particolare il rinvio alla Corte del Lussemburgo non si recupera nella fase successiva. E che si tratti di una questione pregiudiziale di natura giurisdizionale ce lo dice lo stesso Trattato di Lisbona. Invece il Pd, spalleggiato dal M5S, ha inizialmente ridotto il tutto a questione di procedura parlamentare... Ecco, noi avevamo il dovere di farlo perché la legge Severino presenta molti aspetti, alcuni dei quali assai delicati, che si intrecciano con il diritto comunitario».
Augello, dunque, è convinto di aver imboccato la strada giusta: «Qualora venissero bocciate le questioni pregiudiziali i parlamentari del Pdl presenti nel Parlamento europeo potrebbero anche rivolgersi alla commissione dell’Unione europea sostenendo che nella Giunta del Senato italiano è stato negato ogni tentativo di chiedere alla Corte di Giustizia del Lussemburgo un parere sull’ammissibilità di una questione riguardante la legge Severino».
Sul piano politico, invece, Augello vorrebbe trattenere ogni giudizio. Ma poi si lascia andare: «Devo dire che i colleghi del Pd non hanno capito una cosa fondamentale per noi. Noi non chiediamo tempo per tempo. Ma qualità del tempo. Nel senso che ogni approfondimento ha un senso se la qualità del confronto è costruttiva, se si sviluppa un ampio dibattito... E la disponibilità del Pd può essere, diciamo, anche solo di facciata perché anche questo ci permetterebbe di andare avanti parlando di legalità e di garanzie. Se invece dobbiamo sentirci dire ogni momento che facciamo schifo, che inventiamo mille trucchi per tirare per le lunghe, allora mettiamo tutti le carte in tavola e finiamola».
Nel pomeriggio, prima che uno straccio d’accordo venisse raggiunto, Augello continuava a essere molto polemico: «Ecco, direi che questa dilazione concessa dal Pd è un po’ pelosa, un po’ fasulla. Dico questo perché dovete dirmi quale poteva essere una proposta più soft della mia. Se non votano la proposta di andare davanti alla Corte del Lussemburgo che in 8 settimane potrebbe rispondere sull’ammissibilità del ricorso, ditemi voi, cosa possono votare? E si badi bene che andare a Lussemburgo è un grosso rischio anche per Berlusconi perché se la questione pregiudiziale viene ritenuta inammissibile la decisione della Corte di Giustizia fa giurisprudenza».
Conclude Augello con un lampo negli occhi prima di avviarsi verso Sant’Ivo alla Sapienza: «Un primo effetto positivo lo abbiamo ottenuto. Davanti all’opinione pubblica il Pd sta dicendo: “Non possiamo fare nulla di quello che ci chiedono perché siamo sotto tiro dei grillini”. Ecco, se avranno il buon senso di riprendere il dialogo vuol dire che nel Pd ancora c’è una catena di comando. Altrimenti butteranno a mare in un colpo solo il governo del Paese e le aspettative del capo dello Stato».
Dino Martirano