Federico Geremicca, La Stampa 11/9/2013, 11 settembre 2013
MA HA SOLO ARMI SCARICHE
Qualcuno usa l’immagine della corda: «Il Pdl sta tirando la corda, ma non la spezzerà» (Cesare Damiano). La maggioranza, però, preferisce quella della pistola: cioè la pistola che Silvio Berlusconi avrebbe puntato contro il governo, pronto a sparare in caso di decadenza.
Pistola scarica, dicono i democratici. E se anche - invece - fosse carica e il Cavaliere sparasse, si tratterebbe né più né meno che di un suicidio...
A Largo del Nazareno ieri si è vissuto un altro lunghissimo giorno d’attesa, un occhio alle agenzie per capire se qualcosa andava mutando nella linea del Pdl, l’ennesimo giro di passaparola circa la linea da seguire («Approfondimenti sì, manovre dilatorie no»), contatti ripetuti di Guglielmo Epifani con Enrico Letta (e di Letta con Alfano ed un paio di ministri Pdl) e con qualcuno dei membri della sua segreteria. Nessuna smagliatura, nessuno smarcamento e partito unito su una linea che, dal giorno della sentenza della Corte di Cassazione, non è mai più cambiata.
In fondo - e paradossalmente, considerato il fatto che si passeggia sull’orlo del burrone - un’attesa che si potrebbe definire perfino serena, se ci si intende sul termine. Le ragioni di tale imprevedibile serenità sono diventate, negli ultimi tesissimi giorni, via via più chiare. Più chiare non solo agli osservatori di cose politiche, ma anche al Pdl, che infatti ha definitivamente smesso ormai da una settimana di sperare in un cambio di rotta dei democratici.
Intanto, il fatto di esser di fronte praticamente - ad una scelta non solo condivisa da tutto il Pd, ma praticamente obbligata: l’idea di «salvare» Berlusconi con un voto in giunta diverso da quello del sì alla decadenza, non è mai stata presa in considerazione, essendo considerata una sorta di suicidio politico-elettorale. Il pressing di Grillo - pronto a sfruttare qualunque sbandamento del Pd - e gli umori di una già insofferente «base democratica» hanno reso del tutto impossibile il solo ragionare su ipotesi diverse dal sì alla decadenza di Silvio Berlusconi.
Si è ragionato a lungo, naturalmente, anche sulle conseguenze che una simile scelta avrebbe potuto (potrebbe) determinare: e da tale ragionamenti la giustezza (l’inevitabilità) della linea scelta è uscita confermata. Berlusconi apre la crisi? Epifani continua a non credere che finirà così: per la semplice ragione che una crisi di governo non solo non risolverebbe i problemi giudiziari del cavaliere ma - con ogni probabilità - porterebbe ad assetti di governo ancor meno favorevoli per il Pdl. Se poi la crisi non approdasse - nonostante gli sforzi di Napolitano - ad un qualche nuovo esecutivo ma ad elezioni in tempi brevi, questo - è la convinzione del Pd - non sarebbe la peggiore delle tragedie...
Già nelle settimane scorse, infatti, quando il pressing del Popolo della libertà aveva due obiettivi (Imu e «agibilità politica» per Berlusconi) e su entrambi veniva minacciata la crisi, Enrico Letta e i vertici del Pd avevano fatto la loro scelta: se il governo deve cadere, meglio succeda sulla decadenza del cavaliere che sul terreno delle tasse, da sempre campo elettoralmente minato per i democratici. Non solo: una eventuale crisi dell’esecutivo aprirebbe al Pd - in fondo - prospettive non sgradite.
Un precipitare della situazione verso elezioni anticipate, infatti, avrebbe come effetto collaterale un rinvio a dopo il voto del Congresso democratico: il che permetterebbe allo stato maggiore Pd di evitare lo sfondamento di Matteo Renzi e la sua conquista del partito. E non basta: questo scenario, infatti, starebbe benissimo anche al giovane sindaco di Firenze, che potrebbe sfidare Enrico Letta (e magari altri) nelle primarie per la scelta del futuro candidato-premier, suo obiettivo più o meno dichiarato. E poi? E poi, appunto, le elezioni: per le quali - al momento - non c’è sondaggio che non veda Renzi largamente vincitore su Silvio Berlusconi e a maggior ragione - su qualunque altro candidato del Popolo della libertà.
È per tutti questi motivi (più o meno inconfessabili) che in Largo del Nazareno si guarda con una qualche forma di paradossale serenità alle ore a venire ed alle possibili mosse del Cavaliere. Vuole spezzare la corda? La spezzi. Non è il Pdl che può riservare sorprese al Pd ed alle sue strategie di battaglia. Non è da lì che si temono intralci e bastoni tra le ruote. Ancora una volta, è al Colle che si guarda. Al Colle ed alla sua strenua difesa della stabilità di fronte al perdurare della crisi. Una linea che il Pd conosce bene. Fin dal novembre del 2011, quando - caduto Berlusconi - invece che il voto, Pier Luigi Bersani trovò in regalo le larghe intese e Mario Monti...