Armando Torno, Corriere della Sera 11/9/2013, 11 settembre 2013
LA NORMA NEL IV SECOLO MA AI PRETI ORIENTALI FU CONCESSO DI SPOSARSI
Si consiglia il celibato nelle Scritture, non lo si obbliga. Questa libertà fu seguita nei primi tempi della Chiesa. La disciplina in materia prende forma nel IV secolo nelle legislazioni conciliari; tuttavia, nel regolarla, Occidente e Oriente (dove era concesso a coloro che non sentivano la vocazione del celibato di usare i loro diritti coniugali) si dividono. Le storie indicano come prima legge in materia il canone 33 del Concilio di Elvira (intorno al 300), il quale obbligava gli ordinati in sacris alla continenza assoluta; inoltre, nel concilio romano del 386, papa Siricio promulgava una norma analoga, con l’intenzione di diffonderla in tutta la Chiesa latina. Il problema è più complesso di quello che oggi sembra: la Chiesa latina ha sempre scelto i preti tra coloro che erano celibi; quella orientale, invece, ha mantenuto la possibilità di trovarli anche tra gli sposati. Ma soprattutto il tema del celibato si presenta — evidenzia Gianantonio Borgonovo, biblista e arciprete del Duomo di Milano — «per la celebrazione dell’eucarestia». Nella tradizione orientale rimaneva un evento settimanale, in quella occidentale dopo l’VIII secolo si andava normalizzando come appuntamento quotidiano. Siccome «nella prassi della Chiesa non si avevano rapporti il giorno precedente la celebrazione eucaristica, si capisce come la tradizione occidentale si sia sempre più orientata a scegliere i propri ministri (eccetto i diaconi) tra coloro che avevano fatto la scelta della verginità». Fu soltanto con il Concilio di Trento (XVI secolo) che il celibato ecclesiastico divenne effettivamente obbligante e vincolante per tutti i ministri ordinati nella Chiesa latina (l’orientale ha, invece, mantenuto la prassi antica). Tale normativa, aggiunge Borgonovo, «non è estrinseca al ministero presbiterale, ma aiuta ad affermare la testimonianza di tutta la vita impegnata nel sacerdozio». Nella Chiesa milanese ci fu sino all’XI secolo un ministero «concubinario», cioè preti con moglie, ma non ufficialmente sposati. Sant’Arialdo combatté proprio tale usanza. E ci lasciò le penne.