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 2013  settembre 11 Mercoledì calendario

SIA, IN SEI PAESI UN UOMO SU QUATTRO È UN VIOLENTATORE

Un quarto degli uomini ammette di aver violentato una donna, spesso la compagna. È il risultato di uno studio condotto dall’Onu in sei Paesi asiatici: Bangladesh, Cina, Cambogia, Indonesia, Sri Lanka e Papua Nuova Guinea. Le domande sono state poste a 10 mila maschi tra i 18 e i 49 anni ai quali era stato garantito l’anonimato. La maggioranza dei soggetti ha riferito di non aver dovuto affrontare alcuna conseguenza legale.
Gli autori del sondaggio hanno usato come metro «un atto sessuale di penetrazione non consensuale». L’11 per cento dei 10 mila ha confidato di averlo imposto a donne con le quali non avevano alcun legame, ma il dato sale fino al 23 per cento se si considerano le compagne, mogli o fidanzate. Quasi la metà ha stuprato più di una volta.
La più alta incidenza di violenza sessuale è stata rilevata a Bougainville, in Papua Nuova Guinea: nel campione il 62 per cento ha ammesso uno o più stupri. Nelle città dell’Indonesia i violentatori sarebbero il 26%, nelle campagne il dato scende al 19. In Cina è stata fatta una media urbana e rurale del 22%; in Cambogia 20%; Sri Lanka 14,5%; Bangladesh 14%.
Gli intervistatori dell’agenzia Onu erano maschi e hanno posto le domande con cautela: «Ha mai forzato una donna che non era sua moglie o la sua ragazza ad avere un rapporto sessuale?», o «Ha mai fatto sesso con una donna sotto l’effetto di droghe o alcol che non fosse in grado di indicare il proprio consenso?». Ai violentatori è stato infine chiesto: «Perché?». Circa il 75% ha risposto: «Perché la volevo» o «Perché volevo fare del sesso». Il 38 per cento delle risposte è stato: «Perché volevo punirla». La dottoressa Emma Fulu, coordinatrice del rapporto, dice: «Colpisce che questi uomini sentissero di avere “un diritto sessuale”».
A Pechino si attende il verdetto su un processo per stupro che ha riempito le cronache dei giornali : accusati cinque ragazzi della nuova alta borghesia, che hanno portato in una camera d’albergo la vittima agganciata in un bar. Il più noto degli imputati è il figlio diciassettenne del capo del gruppo artistico dell’esercito, il generale Li, popolarissimo cantante. Lui ha precedenti per aggressione, ma la famiglia sta facendo di tutto per salvarlo: prima ha cercato di far degradare l’accusa da stupro di gruppo ad «azione di sesso a turno»; poi hanno trovato anche l’appoggio di un professore di diritto dell’università Tsinghua: siccome la vittima sarebbe stata una hostess di locale notturno, è la tesi, la violenza sarebbe «meno grave». Il docente è stato sommerso di messaggi di protesta e ha fatto marcia indietro.