Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 11 Mercoledì calendario

NE’ COL PROF NE’ CON LE VITTIME, IL RITORNO DI SALUZZO SUI BANCHI

Le più abbronzate tra le ragazze del liceo Soleri, quelle che sono state in vacanza fino a due giorni fa e lo scandalo l’hanno visto solo su Facebook, non ci possono credere: «Nooo! Ma giura! Quello sfigato? Pazzesco». Dove lo sfigato, nel gergo poco compassionevole degli adolescenti, è il professor Giordano, quello che svoltava sempre di corsa nei corridoi, i registri sotto il braccio, perché era vicepreside e si affannava «come un prete che ha troppo da fare», quello che aveva una parola per tutti e scriveva a tutti, quello che vestiva solo polo e maglioni scuri e declamava Dante con passione e spiccato accento piemontese. Quello che il 16 agosto i carabinieri di Savigliano hanno arrestato in un’operazione chiamata “Giano Bifronte”, perché forse neppure loro riuscivano a credere a quello che avevano scoperto e intercettato. E che ora, agli arresti domiciliari, collabora con gli inquirenti che indagano sulle sue lunghe relazioni con due allieve, iniziate quando erano minorenni e strette grazie «all’abuso di autorità», come si ipotizza negli atti.
La coperta della difesa appassionata si è strappata e ora non ci sono più studenti disposti a raccontare che non è vero, che il prof non può aver fatto nulla di brutto. Ma alla separazione emotiva dal docente non si accompagna la coscienza che ci sono almeno due vittime, una delle quali ha di fronte a sé ancora un anno di liceo. E che ieri mattina ha preferito restare a casa: deciderà nei prossimi giorni, con la sua famiglia, ora che contro Giordano c’è anche la sua querela. «La colpa non è tutta di lui», sorride la bionda Giulia con la maglietta firmata davanti alle telecamere. L’amica aggiunge: «La verità sta sempre nel mezzo. Lui ha sbagliato, ma aveva il consenso...».
“Consenso” è diventata la parola-chiave a Saluzzo. «A 17 anni si può scegliere», osserva una ragazza di quinta. «Io non lo avrei mai fatto per i voti», sottolinea, toccando senza saperlo quello che diventerà il punto centrale del processo. Forse i ragazzi si sentono onnipotenti, si illudono, come i genitori, che «a me non sarebbe mai capitato». Alice, look alternativo e ciocche blu tra i capelli castani, se la tira da dura: «Se mi avesse chiesto di fare sesso gli avrei riso in faccia. E se non bastava, gli tiravo un bel calcio». Irene ha l’apparecchio ai denti e dimostra tredici anni anche se ne ha sedici. «Non voglio giudicare senza conoscere, a me sembrava solo un prof molto bravo e gentile. Ma se c’è stata violenza è giusto che paghi».
La campanella in via Traversa, una grande ex caserma con le mura antiche di mattoni rossi, suona alle 8 del mattino per le prime classi, poi di nuovo, un’ora più tardi. La bidella col grembiule nero sta sulla porta: «Ragazze! Entrate in classe. La preside ha detto di entrare subito». Qualcuna obbedisce, qualcun’altra indica la sigaretta che deve finire o l’orologio per dire «non è ancora ora», e continua a chiacchierare con le amiche. C’è chi corre da un capo all’altro della viuzza per abbracciare i compagni, i pochi e corteggiati ragazzini (su oltre 700 allievi i maschi sono meno di un terzo, retaggio di quando studiare alle ex magistrali era riservato soprattutto alle femmine) con i capelli pieni di gel. Non mancano nonne e mamme, venute a curiosare, a proteggere i figli dai giornalisti, a gridare «in bocca al lupo» e salutare al di là dell’ingresso.
Alle 8 e mezza si affaccia la preside, Alessandra Tugnoli, tailleur pantalone nero e sorriso un po’ tirato. Anche lei invita a entrare, e del resto stanno arrivando i carabinieri
che per non sbagliare chiudono la piccola strada e fanno spostare giornalisti e operatori. La dirigente è provata da tre settimane di polemiche, da quando al Soleri la prima reazione fu quella di schierarsi intorno a Giordano, «professore stimatissimo», il più amato della città. Era in buona compagnia, perché a Saluzzo lo difendevano tutti. Adesso la parola d’ordine è: silenzio. E molti docenti lo hanno ripetuto anche in classe: «Non parlate ai giornalisti, o se lo fate pesate bene le parole».
Entro una settimana, ci sarà il Consiglio di istituto: «Voglio sentire da ragazzi e insegnanti se c’è bisogno o meno di un aiuto psicologico », dice Luciano Zardo, papà e presidente del “parlamentino” scolastico. La conta dei sorrisi e delle magliette colorate farebbe pensare di no. Ma forse non è così: «La violenza può essere dappertutto, anche nelle scuole e nelle famiglie più insospettabili — ricorda Adonella Fiorito, che guida “Mai più sole”, un’associazione importante della zona che accoglie le donne vittime — Per questo, la primavera scorsa, abbiamo proposto al Soleri il nostro progetto rivolto ai ragazzi. Speriamo di poterlo realizzare comunque».