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 2013  settembre 10 Martedì calendario

L’AMORE MISTO HA UN PREZZO

Il ministro dell’Interno ha definito la regola secondo cui nelle coppie miste, il cittadino britannico deve guadagnare almeno 22 mila euro per ospitare il partner extracomunitario.
Il Regno Unito ha lanciato l’offensiva all’immigrazione, ma pare che i primi a risentirne siano stati gli stessi inglesi. La stretta sulla permanenza nel Paese per i cittadini extracomunitari, fortemente promossa dal ministro dell’Interno Theresa May, ha infatti messo i bastoni tra le ruote alle coppie di nazionalità miste.
Si tratta dei britannici che sono sposati con persone che provengono da Stati non appartenenti all’Unione europea: nuclei familiari, spesso con figli, che sono ormai costretti a vivere un irreale matrimonio a distanza.
Il paradosso è stato denunciato dall’Independent che ha riportato le storie di alcuni coniugi che si sono trovati separati dalla nuova legge.
In base a quanto approvato ufficialmente a luglio, ma costruito a suon di altisonanti discorsi e proposte di May negli ultimi anni, un cittadino britannico deve guadagnare almeno 18.600 sterline all’anno (circa 22 mila euro) per permettere al proprio partner di vivere nel Regno Unito.
Una cifra troppo elevata per le coppie giovani, le quali spesso possono solo contare su stipendi ben più bassi e in pochi raggiungono il limite indicato dal ministro.
Così negli ultimi mesi gli avvocati della King Court Chambers hanno ricevuto oltre 3 mila chiamate da parte di famiglie costrette a dividersi, con tutte le conseguenze negative per la solidità di coppia e, soprattutto, per la crescita dei figli.
COPPIE DIVISE DALLA LEGGE. È il caso, per esempio, di Guy e Stacey: sposati da tre anni, lui inglese e lei americana. La coppia ha vissuto per qualche tempo negli Stati Uniti, per poi decidere di tornare nel Regno Unito insieme con il figlio.
Per i due però c’è stato poco da fare: secondo la nuova legge, Stacey non ha il permesso di restare in Inghilterra, almeno finché Guy non abbia guadagnato, per almeno sei mesi, la cifra necessaria.
«È difficile spiegare a mio figlio di cinque anni perché la mamma non possa vivere con noi», ha raccontato disperato il padre. «Gli abbiamo detto che Stacey è in America a badare ai suoi giocattoli prima che vengano spediti qui in Inghilterra. È una bugia, ma lo aiuta a capire cosa stia succedendo».
Ciò che richiede lo Stato, infatti, è che il coniuge inglese ‘sponsorizzi’ quello extracomunitario, un meccanismo simile a quanto avviene sul lavoro, dove un’azienda, per assumere un dipendente proveniente da Paesi esterni all’Ue, deve pagare di più sia in termini di tasse sia di stipendio.
Uno dei risultati di questo processo, per esempio, è che la maggior parte dei giovani che arrivano nel Regno Unito per studiare, sono poi costretti a tornarsene a casa quattro mesi dopo avere finito gli studi: le compagnie, infatti, sono sempre meno disposte ad assumere personale che non sia britannico o europeo.
Le proteste in materia non mancano, e non solo da parte dei diretti interessati. A luglio l’Alta Corte di giustizia si è pronunciata, definendo il limite minimo di guadagno come «ingiustificato», e un recente report sull’immigrazione pubblicato dal The All-party parliamentary group ha confermato che il principale risultato della policy governativa è proprio quello di «dividere le famiglie».
Per far fronte questa difficile situazione quattro parlamentari Tory hanno recentemente esposto i propri dubbi sulla nuova legge, da ultimo Andrew Percy il 9 settembre 2013.
Pronto a lottare per ricongiungere le famiglie di nazionalità miste è anche il Migrants right network, la cui direttrice, Ruth Grove-White, ha dichiarato all’Independent: «Siamo incoraggiati a continuare, soprattutto ora che l’opposizione a questo provvedimento si sta finalmente diffondendo attraverso il parlamento».