Notizie tratte da: Sofia Gnoli # Moda. Dalla nascita della haute couture a oggi # Carocci editore 2012 # pp. 367, 34 euro., 10 settembre 2013
LIBRO IN GOCCE NUMERO 96
(Sofia Gnoli, «Moda - Dalla nascita della haute couture a oggi»)–
(vedi anche biblioteca in scheda 2224253
e database libro in scheda 2225815)
Dietro le quinte della haute couture
Costo
Quando il marchese di Toulongeon si lagnò con la Bertin, modista ufficiale di Maria Antonietta, per l’eccessivo costo delle sue vesti confezionate in semplici materiali, lei rispose piccata: «Al pittore Vernet pagate soltanto la tela e i colori?»
Metalli
«Romana, nata nel 1880 (morì nel 1944) in una famiglia della borghesia intellettuale, Maria Gallenga concentrò la sua attenzione sul tessuto stampato con un’esclusiva tecnica da lei brevettata, che consisteva nell’uso di pigmenti metallici. La stampa dei suoi tessuti – per lo più velluti, georgette e crespi di seta dai colori preziosi come l’azzurro zaffiro, il viola ametista, il rosso rubino – veniva eseguita a mano con speciali matrici di legno sul pezzo già finito, in modo tale da adattare il disegno alla forma e al taglio del capo».
Belle caviglie
Tra il 1914 e il 1917 le donne presenti nell’industria raggiunsero i 3 milioni, di cui 700 mila in sostituzione degli uomini. La necessità di lavorare in settori fino a quel momento riservati agli uomini fece emergere l’esigenza di un tipo di abbigliamento più comodo, consono al nuovo ruolo che la donna andava acquisendo nella società. Si cominciò con l’eliminare i vari strati di biancheria, per arrivare al busto che impediva la scioltezza nei movimenti. Nel marzo del 1916 su “Margherita” si legge: “Ora la moda è semplice: tailleur di grosso panno bleu o grigio, una moda esclusivamente giovanile, perché le gonne cortissime, le scarpe e gli stivaletti quasi ‘alla coturno’ non tollerano la decadenza, pretendono belle caviglie e anche procaci [...]. La femminilità sembra un po’ mascolinizzata e in uniforme”».
Tailleur e grembiule
«Oltre al tailleur, tra le peculiarità della moda dell’epoca, si ricorda la gran voga del grembiule. Come si legge sul numero di “Vogue” del marzo del 1917: “L’ultima aggiunta al guardaroba è il grembiule a lungo limitato all’ala dei domestici. Audace e grazioso, questo grembiule è sfacciatamente salito per le scale di servizio ed è entrato in salotto. È di seta, con lacci impertinenti che si annodano in modo civettuolo, con accattivanti tasche inutili e molti altri piccoli incanti”».
Telegrafiste
«Un tempo le donne erano architettoniche come prue di navi. Ora assomigliano a piccole telegrafiste denutrite» (Poiret nell’anno 1917).
Chanel
«Chanel non era una sarta, ma una creatrice di moda: «“Per prima cosa io non disegno – ripeteva – non ho mai disegnato un vestito. Adopero la matita solo per tingermi gli occhi e scrivere lettere. Scolpisco il modello, più che disegnarlo. Prendo la stoffa e taglio. Poi la appiccico con gli spilli su un manichino e, se va, qualcuno la cuce. Se non va la scucio e poi la ritaglio. Se non va ancora la butto via e ricomincio da capo. In tutta sincerità non so nemmeno cucire”».
Sarti
«Uno stilista deve essere un sarto». (Gianni Versace)
Poveri
«Chanel ha lanciato la “moda povera”, ha fatto entrare al Ritz i maglioni dei teppisti, ha reso eleganti colletti e polsini da cameriera e foulard da bracciante, ha vestito le regine con tute da meccanico» (Janet Farrer).
Numero 5
Secondo quanto racconta Diana Vreeland nella sua autobiografia, il nome N° 5 è stato puramente casuale: «Chanel non sapeva come chiamarlo. A rue Cambon erano arrivate parecchie essenze da scegliere. Coco chiamò uno dei suoi grandi amici russi, un grande aristocratico, un uomo di grande sensibilità e gli chiese: “Aiutami a scegliere [...] ci sono dieci fazzoletti [...] versa una goccia di campioni di profumo su ogni fazzoletto, e quando l’alcol è evaporato fammelo sapere”. Così fece. Quindi Coco prese a turno ogni fazzoletto. Il primo: “C’est impossible!”. Il secondo: “Orrible!”. Il terzo: “Pas encore.” Il quarto “Non.”. Poi all’improvviso: “Ça va, ça va!”».
Grondante
Roberto Capucci, che nel 1962 abitava al Ritz di Parigi e ogni mattina incontrava Coco «piatta nei suoi agili tailleur, la sigaretta perennemente in bocca, grondante di gioielli».
Austerità
I défilé di Balenciaga, al contrario di quelli di Dior, erano contraddistinti da una grande austerità: «“Durante le sue sfilate c’era l’atmosfera di un convento - raccontò Maria Pezzi - non si poteva parlare ma neppure tossire e per nessuna ragione al mondo, fosse anche scoppiata la guerra mondiale, si poteva lasciare la sala prima della fine della collezione”».
Jeans
«Il mio più grande rimpianto è quello di non aver inventato i jeans» (Yves Saint-Laurent).
Notizie tratte da: Sofia Gnoli, «Moda - Dalla nascita della haute couture a oggi», Carocci editore, euro 34