Laura Montanari, la Repubblica 10/9/2013, 10 settembre 2013
LO SCONCERTO TRA CERVANTES E QUIZ SUL PROSCIUTTO “TEST FALSATI, NON SI CAMBIANO LE REGOLE COSÌ”
IL BONUS maturità non c’è più. «È uno scherzo? Io ho nove punti » dice la ragazza inviando un sms appena fuori dal test di Medicina. Firenze, piazzale affollato davanti a una delle sedi universitarie. Il bonus è stato cancellato dal Consiglio dei ministri. «Sarebbe fantastico... era iniquo, ma possibile?». Sconcertati, presi in contropiede, i reduci della prova che in tutta Italia ha visto iscritti 84mila candidati (un numero sempre in crescita negli ultimi anni), riemergono dalle aule a fine mattina in ordine sparso e vengono a sapere della novità. Cominciano a twittare divisi in favorevoli: «Bravo ministro», «dài festeggiamo», «era discriminatorio quel bonus». E contrari: «tutti i Trota gioiscono», «un pasticcio assurdo», «non c’è certezza nel diritto», «vendo voto maturità causa inutilizzo».
Qualcuno profetizza: «Si riempiranno di ricorsi», il Codacons già li promette: «difendi il tuo diritto allo studio agisci contro il numero chiuso nelle facoltà» si legge in un volantino. «Entriamo con delle regole e usciamo con altre — osserva Chiara, 19 anni e una maturità scientifica alle spalle — Del resto a febbraio avevano annunciato il test a luglio e a giugno hanno corretto su settembre. Oltre alla precarietà del futuro voglio farci sentire l’incertezza del presente» ironizza. Antonio Carrassi, presidente di Medicina alla Statale di Milano osserva: «La decisione di abolire il bonus mi sembra saggia, ma mi ha lasciato sbalordito che sia stata presa all’ultimo. Se ci si mette nei panni di chi aveva il bonus, si capisce lo scontento».
Non bastava l’assalto alle iscrizioni, i controlli, le code all’ingresso nelle aule. Nel giorno del test più temuto dell’università italiana, con i commissari impegnati a isolare i candidati dai telefonini, da ogni possibile accesso in rete e dai copioni, tramonta una delle novità più contestate, il premio in punti per i primi della classe nell’esame di Stato. Resta invece intatto il quizzone come rastrelliera per selezionare i 10.771 futuri medici.
Sessanta domande, una raffica di risposte multiple che vanno dalla cultura generale, alla logica, dalla biologia alla fisica alla matematica: è richiesta una velocità di crociera di un minuto e quaranta a quesito. Bisogna correre sulle pagine. Si va dalla caccia all’errore nell’abbinamento fra città e museo (a Parigi al posto del Louvre è stato messo l’Hermitage), allo scoprire chi è l’autore del Don Chisciotte (Miguel de Cervantes), a Luisa che compra il prosciutto cotto in offerta al supermercato e deve ottimizzare gli sconti con le date di scadenza, quiz sempre utile in tempi di crisi economica. In materia di logica, anche una beffa: la domanda che contestava la validità degli stessi test di logica nella preparazione degli studenti. «Certi quesiti erano davvero troppo lunghi per il poco tempo che avevamo a disposizione» è una delle lamentele ricorrenti. «Davvero pensate che tutto questo serva?» chiede una ragazza a un commissario.
A Roma alla Sapienza, l’Udu, l’unione degli studenti universitari, ha protestato per lo sbarramento dei test con un flashmob in cui i ragazzi indossavano cartelli stradali con il divieto di accesso, quelli di Link, altra organizzazione studentesca, hanno steso uno striscione in cui si leggeva: «Il numero chiuso non è salutare».
Daniele Grassucci, della community Skuola.net si è iscritto al test della Sapienza «per vedere se era vero quello che ci segnalavano molti candidati e cioè che nelle aule c’era comunque chi copiava e chi riusciva, malgrado i controlli all’ingresso, a portare il cellulare». Il telefonino se l’è nascosto fra la cintura del pantaloni e una camicia e, con una webcam sistemata su una penna, ha documentato le varie fasi della prova. «Però — ammette — si possono cercare in Internet le risposte di cultura generale, ma per le altre è inutile: a chimica, se le ossidoriduzioni non le sai fare, il cellulare non serve a niente». Lo stesso vale per i quesiti sul glicogeno o la differenza fra cellule procariote ed eucariote, per la fotosintesi e le domande di genetica o per quelle di matematica. La questione dei controlli esiste: i commissari sono spesso pochi rispetto ai candidati: «Noi eravamo 50 in classe con tre prof». «Il problema è più generale — sottolinea un’altra studentessa — siamo sicuri che basta un test per capire chi sarà un buon medico domani?». I risultati del test si conosceranno il 23 settembre, il Miur pubblicherà la graduatoria nazionale il 30.