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 2013  settembre 08 Domenica calendario

L’AUSTRALIA VA AL PREFERITO DI MURDOCH


Trionfo conservatore, disfatta laburista, delusione Assange. Così si possono riassumere le elezioni legislative che si sono svolte ieri in Australia. L’opposizione conservatrice guidata da Tony Abbott ha stravinto il voto per il rinnovo del Parlamento federale di Canberra, mettendo fine a sei anni di potere laburista segnati dalla crisi economica mondiale, dalla sempre più spinosa questione dell’immigrazione e anche dalle lotte interne nella sinistra australiana, che hanno deluso molti elettori. Del momento drammatico sono prova le dimissioni del premier uscente, Kevin Rudd, dalla guida dei laburisti, dopo che a fine giugno lui stesso aveva ottenuto la leadership togliendola al suo predecessore e compagna di partito, Julia Gillard.
L’altro grande sconfitto è Julian Assange. Il fondatore di WikiLeaks, sotto accusa per aver divulgato dati riservati dell’Amministrazione Usa e per reati sessuali, ha ottenuto l’1,19%, a fronte di una previsione del 27% fatta inizialmente dagli analisti. Il posto di senatore gli avrebbe assicurato il rientro in patria e la possibilità quindi di lasciare l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove vive da oltre un anno.
Un ritorno ai conservatori dopo il lungo «regno» di John Howard, premier dal 1996 al 2007. In attesa dei risultati definitivi, noti da stamattina per via del fuso orario, con i due terzi dei voti scrutinati la coalizione Liberal-nazionale guidata da Abbott ha giàottenuto85dei 150 seggi e secondo le proiezioni potrebbe arrivare a 91, mentre i laburisti sono a 54 deputati e non dovrebbero superare i 55. «Da oggi l’Australia ha una nuova gestione ed è nuovamente aperta agli imprenditori», ha dichiarato il nuovo primo ministro, che promette un governo «competente e degno di fiducia». In testa al suo programma ci sono l’abolizione della carbon tax e della tassa sui profitti minerari, ma anche tagli al bilancio e una decisa stretta all’immigrazione.
Proprio l’immigrazione ha giocato un ruolo importante in campagna elettorale. Il 19 luglio Rudd aveva annunciato che «qualunque richiedente asilo che arrivi nel nostro Paese in barca non avrà alcuna possibilità di essere ospitato come profugo». Una presa di posizione durissima, più vicina ai conservatori che ai laburisti: per gli analisti un modo per attrarre l’elettorato di destra, mossa però non sufficiente. Rudd ha mantenuto a fatica il suo seggio di Griffith, nello Stato del Queensland, mentre ha conservato quello di Melbourne il vice-leader dei Verdi, Adam Bandt, il primo del suo partito a entrare alla Camera, che è eletta col maggioritario, sistema che penalizza i partiti minori.
Figlio politicamente di Howard, 55 anni, noto per il parlar franco e le numerose gaffes, Abbott è stato più volte ministro in passato. Nel 2009 ha conquistato la leadership dei conservatori con un voto di misura. Il suo temperamento aggressivo e il suo passato in seminario gli hanno fruttato il soprannome di «monaco pazzo». Ma in campagna elettorale ha ammorbidito la sua immagine, riuscendo a conquistare gli indecisi. La sua formazione è un mix: legge ed economia in Australia, filosofia e scienze politiche a Oxford, gli studi di teologia per diventare prete cattolico e la carriera di giornalista prima di darsi alla politica.
Il voto australiano è stato anche caratterizzato dalla polemica tra Rudd e Rupert Murdoch. L’ex premier, in campagna elettorale, lo aveva accusato di attaccarlo attraverso i suoi giornali. Da parte sua il magnate dei media ha più volte sostenuto che il governo laburista non aveva dato risposte adeguate alla crisi economica.