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 2013  settembre 10 Martedì calendario

PATTO BADOGLIO-KESSELRING IMPROBABILE, MA INTERESSANTE

Il Corriere ha dedicato un ampio spazio per ricordare l’armistizio. La tempestiva e improvvisa fuga del re nella notte del 9 settembre rimane per me un mistero. Come hanno fatto in poche ore a preparare il «trasloco»?Forse l’avevano già preparato da tempo? E i tedeschi, come mai non hanno fatto niente per impedirla? E il Vaticano? Forse ci fu un accordo? E in cambio di cosa ?
Daniele Bracchetti
danibrac@libero.it
Caro Bracchetti, le sue domande sono state anticipate da una lettera di Sergio Lepri, per quasi trent’anni direttore dell’Ansa, autore di molti libri sulla comunicazione e, più recentemente, di una storia «digitale» del 1943 che lei potrà leggere su Internet (www.sergiolepri.it/libro.php). Un altro lettore (Angelo Meroni) ricorda, d’altro canto, che la tesi di un accordo di scambio fra Badoglio e Kesselring fu avanzata in un libro di Ruggero Zangrandi (L’Italia tradita. 8 settembre 1943) apparso nel 1979.
Secondo Lepri, questa tesi è resa improbabile da almeno due circostanze. In primo luogo «l’ispettore generale di polizia Giuseppe Gueli, responsabile della sicurezza di Mussolini a Campo Imperatore, ha scritto in una sua memoria, dopo la fine della guerra, che la mattina del 9 settembre ricevette una telefonata dal capo della polizia Carmine Senise, che gli ordinava di usare la "massima prudenza" (significava "non sparare") nel caso di un attacco tedesco. La stessa mattina del 9 re Vittorio e Badoglio erano arrivati al castello di Crecchio, casa dei duchi di Bovino, in attesa che fosse deciso se partire in aereo dall’aeroporto di Pescara oppure imbarcarsi su una nave militare. L’ordine di Senise è quindi stato dato una trentina d’ore prima di sapere che il re era arrivato sano e salvo a Brindisi e quindi che l’accordo (se accordo ci fosse stato) era stato rispettato». In secondo luogo, sempre secondo Lepri, il generale dei paracadutisti Karl Student, che comandò la missione, la organizzò «come una seria operazione di guerra».
Se vi fu un’intesa, quindi, nessuno dei due protagonisti del patto si comportò come se fosse sicuro del comportamento dell’altro. Per Lepri, quindi, non si tratterrebbe di un accordo ma, se mai, di una «parallela opportunità»: «Che interesse aveva Kesselring ad avere fra i piedi il re d’Italia; e che interesse avevano il re e Badoglio a consegnare Mussolini agli angloamericani oppure a ammazzarlo, come qualcuno aveva proposto e progettato (fra gli altri il generale Giuseppe Castellano, quello che il 3 settembre firmò l’armistizio a Cassibile)?».
Aggiungo una osservazione, caro Bracchetti. Con il senno di poi i posteri ragionano spesso come se gli attori di un dramma agissero sulla base di ciò che oggi appare a loro particolarmente importante. Ma è molto probabile che in quei giorni, immediatamemte dopo l’armistizio, i principali attori del dramma avessero altre preoccupazioni. Hitler voleva soprattutto la liberazione di Mussolini e dette personalmente gli ordini relativi a quell’operazione. Kesselring doveva concentrarsi sull’occupazione del territorio e non poteva dare per scontato che le truppe italiane si sarebbero sbandate senza opporre una resistenza coordinata. Vittorio Emanuele e Badoglio volevano soltanto lasciare Roma il più rapidamente possibile e non avevano neppure deciso di quale mezzo si sarebbero serviti per andare da Pescara a Brindisi.
Sergio Romano