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 2013  settembre 10 Martedì calendario

DOMICILIARI «IMPRATICABILI» PER UN LEADER. E COPPI SUI SERVIZI SOCIALI —

Quando l’avvocato Franco Coppi ha provato a spiegarglielo, la settimana scorsa ad Arcore, Silvio Berlusconi mostrava di non crederci. «Ma com’è possibile?». «È possibile perché c’è una condanna definitiva, e per quanto la consideriamo ingiusta è valida e dev’essere applicata», ha risposto il legale. Quindi, se l’ex premier prima del prossimo 15 ottobre non chiederà l’affidamento in prova ai servizi sociali, l’indomani si presenteranno da lui due carabinieri, lo porteranno nella stazione più vicina, gli faranno le foto segnaletiche di faccia e di profilo, prenderanno le sue impronte digitali e poi lo accompagneranno di nuovo a casa, nella veste di detenuto agli arresti domiciliari.
Tutto questo avverrà in automatico se nel frattempo il Senato avrà votato la decadenza di Berlusconi in base alla cosiddetta «legge Severino» (di qui il tentativo del Pdl di prendere tempo in commissione). Se invece l’ex capo del governo fosse ancora un senatore in carica, ci vorrà la ratifica dell’arresto da parte dell’assemblea di Palazzo Madama. Ma il voto non riguarderà più l’interpretazione della legge, la sua costituzionalità o i ricorsi alle corti europee; si tratterà solo di votare l’applicazione della sentenza, e sarà difficile trovare argomenti per convincere la maggioranza a respingere l’esecuzione della pena.
Dopodiché, l’idea di un Berlusconi che esercita l’attività di leader politico dagli arresti domiciliari — preconizzata da qualcuno in questi giorni con viavai di politici in casa, telefonate continue, proclami televisivi e iniziative d’altro tipo – non sembra di semplice realizzazione. Tutt’altro. È stato ancora Coppi a illustrare la situazione all’incredulo condannato: da detenuto, anche per incontrare i suoi figli dovrà chiedere il permesso al giudice. Perché sono residenti altrove, e dunque potranno parlargli solo previa autorizzazione, in giorni predefiniti e per tempi limitati. Saranno interdetti i contatti con chiunque non abiti nella casa-prigione, a parte due avvocati di fiducia.
Anche il fido Gianni Letta, per dirne uno, dovrà rivolgersi al magistrato di sorveglianza specificando i motivi dell’incontro, come ogni altro consigliere, amico, esponente politico (deputati e senatori normalmente possono entrare in carcere in virtù del sindacato ispettivo che compete al loro ruolo, ma non nelle abitazioni dei reclusi ai domiciliari).
La schiera dei domestici, probabilmente, dovrà essere ridotta e selezionata rispetto all’attuale composizione. E il luogo della detenzione, verosimilmente, non potrà essere Arcore dove c’è un hangar con relativo elicottero pronto a levarsi in volo, bensì la residenza romana di palazzo Grazioli. O qualche altra casa dove non ci siano tentazioni di fuga così a portata di mano.
Tutto questo consiglierebbe Berlusconi a scegliere quanto prima la strada del lavoro socialmente utile, alternativo alla detenzione, che il leader del Pdl ha finora mostrato di non gradire poiché la considera una forma di accettazione della condanna che lui insiste nel voler rifiutare. Inoltre l’affidamento in prova – che in ogni caso dev’essere accordato dal giudice – significherebbe cominciare a scontare la pena (un anno, grazie all’indulto, ridotto a nove mesi dall’ulteriore sconto garantito dalla legge penitenziaria). Un pre-requisito necessario, in teoria, all’eventuale concessione della grazia, unico rimedio rispetto all’altra spada di Damocle che pende sul capo di Berlusconi: l’interdizione dai pubblici uffici che la corte d’appello di Milano si appresta a rideterminare secondo le indicazioni ricevute dalla corte di cassazione.
Indipendentemente dall’esito della procedura per la decadenza, l’interdizione – che arriverà tra poco più d’un mese, e si prevedono spazi molti stretti per un ulteriore ricorso di legittimità – riproporrà il tema dell’uscita di Berlusconi dal Senato. Legata anch’essa a un voto di ratifica che, considerati i rapporti di forza a Palazzo Madama, pare abbastanza scontato. Senza la grazia e senza immunità parlamentare, insomma, Berlusconi tornerà ad essere un condannato come gli altri. E un imputato e indagato come gli altri, nei procedimenti ancora aperti. Con tutti i rischi del caso: non solo gli ipotetici arresti preventivi, da più parti paventati, ma anche perquisizioni e possibilità di intercettazioni dirette.
Giovanni Bianconi