Fabrizio Caccia, Corriere della Sera 09/09/2013, 9 settembre 2013
DALLA TYMOSHENKO AL CROCEFISSO IN AULA. LE 10 MILA SENTENZE DELLA CORTE EUROPEA — C’è
un solo italiano tra i 47 giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, dal settembre 2012 ne è anche uno dei due vicepresidenti, si chiama Guido Raimondi, è napoletano, compirà 60 anni il prossimo 22 ottobre e, interpellato, dice: «Grazie per l’interesse, ma in questo momento ritengo assolutamente inopportuna ogni intervista da parte mia, anche su temi apparentemente innocenti...». Ex avvocato generale presso la Corte di cassazione, Raimondi teme forse il ripetersi di un nuovo caso Esposito e interrompe la comunicazione, anche se a Strasburgo vige da sempre la regola non scritta, «per evitare imbarazzi» si sottolinea, che il magistrato italiano non giudichi i casi italiani, quello russo non si occupi dei russi e così via. Perciò, forse, al giudice Raimondi verrà risparmiato di valutare, almeno in primo grado, l’ammissibilità del ricorso di Silvio Berlusconi. La Corte europea dei diritti dell’uomo fu istituita nel 1959 e vi aderiscono tutti i 47 membri del Consiglio d’Europa. Ha sede a Strasburgo e non dev’essere confusa con la Corte di giustizia dell’Unione europea che ha sede in Lussemburgo. La Corte (il presidente in carica è il lussemburghese Dean Spielmann) è formata da tanti giudici (il mandato è di 5 anni) quanti sono gli Stati membri: dunque 47, uno per ogni nazione. E sono eletti dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (cosa diversa dal Parlamento europeo) che li sceglie ciascuno tra i tre candidati proposti dal singolo Stato. Si pronuncia su ricorsi individuali o statali per presunte violazioni dei diritti civili e politici. In quasi 50 anni di storia ha adottato più di 10 mila sentenze su diritto alla vita, equo processo, rispetto della privacy, libertà di pensiero e di religione (ricorderete la questione del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane, prima negato nel 2009 e poi ammesso nel 2011). Si divide in cinque Sezioni e all’interno di ogni Sezione — per smaltire l’enorme mole di lavoro (migliaia di ricorsi ogni anno) — sono previsti dei Comitati formati da 3 giudici che esaminano in via preliminare i ricorsi. Per snellire le procedure è stato istituito anche un «giudice unico», che può dichiarare irricevibile un ricorso manifestamente infondato. All’interno di ciascuna delle 5 Sezioni operano 6 Tribunali o Camere — composte ognuna da 7-9 giudici — che risolvono in via ordinaria i casi ammessi. Le sentenze infine sono impugnabili davanti alla Grande Camera (formata dal presidente della Corte, dai 2 vicepresidenti e da altri 14 giudici) in un termine di tre mesi. Gli Stati firmatari della Convenzione dei diritti dell’uomo si sono impegnati a dare esecuzione alle decisioni prese. Il problema, però, sono i tempi: per arrivare alla dichiarazione d’ammissibilità d’un ricorso può passare un anno. Nel caso di Yulia Tymoshenko, l’ex leader della Rivoluzione in Ucraina finita in carcere nel suo Paese, nonostante fosse stato definito urgentissimo dalla comunità internazionale, ci vollero 7 mesi. Ora, dopo la pausa estiva, la Corte torna a riunirsi questa settimana: tra i ricorsi che ci riguardano, giovedì verrà discusso il caso di un bando dell’Ue redatto in inglese, francese e tedesco ma non in italiano. Venerdì, invece, sarà analizzato il ricorso di Poste Italiane contro l’accusa di aver ricevuto aiuti di Stato dal nostro governo, formulata nel 2008 dalla Commissione europea.
Fabrizio Caccia