Maria Luisa Agnese, Corriere della Sera 09/09/2013, 9 settembre 2013
«VESTITI TUTTI UGUALI». E IL MINISTRO CRITICO’ LE GRISAGLIE —
Tutti uguali, vestiti uguali, pettinati uguali: in una parola omologati. E come fa una classe dirigente così a innovare? Si è chiesta con parecchi clamori il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza nel suo intervento al Forum Ambrosetti a Cernobbio. Va bene che sarà stata inevitabilmente condizionata da quella platea di eletti e selezionati, chiusi nei loro completi scuri, maschi perlopiù, una visione altamente omogenea turbata soltanto, per la prima volta quest’anno, dalla modesta scapigliatura di Gianroberto Casaleggio. Ma sicuramente il ministro ha colpito nel segno, individuando nell’espressione estetica ferma e omologata la rappresentazione formale dell’Italia, Paese stanco e incapace di rinnovamento. E se fino a poco fa si lamentava il codice unico di bellezza femminile come esempio di decadenza, adesso arriva anche il codice unico maschile come specchio di un Paese senza spinte e ripiegato su di sé.
Tutti sostanzialmente uguali, quindi, non solo la classe dirigente presente al Forum di Cernobbio, ma anche i politici, anche i meno usurati che, per quanto predicano innovazione, si presentano poi ancorati ad abiti più che tradizionali. Persino Enrico Letta che meritoriamente, proprio a Cernobbio, è sbottato sulla questione femminile invocando una svolta sul genere («In questa stanza siamo tutti uomini, insopportabile»), lo ha fatto con la sua bella cravatta rosso scuro.
Certo, si potrebbe obiettare, all’estero non va poi tanto meglio. Prendete il nuovo presidente francese, François Hollande, più ingessato sul fronte estetico del precedente Nicolas Sarkozy che almeno con i suoi tacchettini qualche sgrammaticatura l’aveva introdotta. Al G8 del maggio 2012 a Camp David, Obama aveva voluto tutti, per una volta, senza cravatta, e solo Hollande era arrivato con il suo bel cravattino blu, beccandosi addirittura una ramanzina dal presidente americano. Il quale, per quanto omologato nell’ufficialità, cerca il riscatto da tempo libero con cappellini da baseball e blusotti alla Fonzie.
Un po’ più scapigliati di noi persino i compassati inglesi, che possono contare su un David Cameron spesso scravattato e sull’imprevedibile sindaco di Londra Boris Johnson, dalla capigliatura color grano multidirezionale. Ma il vero disordine sotto il cielo estetico della classe dirigente l’han creato gli eroi della Silicon Valley, basta pensare alle t-shirt di Bill Gates, ai pullover dolcevita neri di Steve Jobs, alle ciabatte infradito di Mark Zuckerberg, miliardario malvestito che non ha ceduto al completo e cravatta neppure per il collocamento in Borsa della sua Facebook (ma ha capitolato il giorno del matrimonio).
Lontani anni luce da tutto ciò i nostri imprenditori e politici, ha ragione Carrozza. È anche all’estero siamo percepiti così: ci vedono fermi al palo, proprio noi così capaci nel passato di esprimere una classe dirigente un po’ fuori dalle righe che forniva ispirazione al mondo. Non sarà un caso se neppure un mese fa il mensile Esquire, snobbando i modelli contemporanei, ha riproposto l’ Avvocato Agnelli come icona delle icone: un originale, uno che rompeva le regole, un innovatore.
Maria Luisa Agnese