Natalia Aspesi, la Repubblica 8/9/2013, 8 settembre 2013
VENEZIA STREGATA DAL RACCORDO ANULARE DI ROMA
SINO all’ultimo si davano per certo Leoni d’oro da brividi, e anche Twitter era preparata al peggio, con vaticini allarmanti: invece alla fine, il massimo premio, accolto con vero entusiasmo, è andato a “Sacro GRA” di Gianfranco Rosi.
A un film italiano, finalmente, 15 anni dopo l’ultimo tricolore, (“Così ridevano” di Amelio), e per la prima volta alla Mostra a un documentario, o meglio a un film di storie corali vere, interpretate dai personaggi reali, riprese dalla vita e non da una sceneggiatura. Soggiogato da inconsueto cinepatriottismo, Bernardo Bertolucci è rimasto folgorato dal volto chiuso e disperato, dagli occhi blu pieni di vendetta, della Samira di Elena Cotta nel bellissimo “Via Castellana Bandiera” di Emma Dante; e senza difficoltà ha convinto la sapiente giuria, composta anche da tre attrici, ad assegnarle all’unanimità la Coppa Volpi. Nella altre sezioni, altri film italiani sono stati premiati o segnalati: da “Still Life” di Uberto Pasolini (miglior regia ad Orizzonti) a “Zoran” di Matteo Oleotto (Settimana Internazionale della Critica). Momento buono e inaspettato, data la nostra abitudine a denigrarci, per il nostro cinema. Ma si sa, al cuore non si comanda e da parte della giuria di Venezia 70, neppure al proprio amore per un cinema certo un po’ datato, ma comunque importante perché ostico persino ai più cinefili dei critici, per non parlare del pubblico che se poi si chiude in casa a farsi irretire da “Il trono di spade” non è proprio colpa sua. I fan isolati di “Miss Violence”, del giovane regista greco Alexandro Avanas, e del suo apparentemente insignificante e invece brutalissimo protagonista Themis Panou, Leone d’Argento alla miglior regia e Coppa Volpi al miglior attore, hanno apprezzato la scelta: e anche in sala, mentre i premiati lacrimavano e si baciavano esageratamente, il pubblico in tenuta di gala era contentissimo. Si sa come sono le famigliole di oggi, giochi sadici sul corpo della moglie, suicidi di adolescenti, incesto plurimo, vendita delle figlie anche seienni, inutile scandalizzarsi.
In molti temevano onori per il film del taiwanese Tsai Ming-liang, “Cani randagi”, con miserabili che mangiano rifiuti e fissano un muro per il tempo necessario a far assopire il pubblico; ma anche per “La moglie del poliziotto” del tedesco Philip Groning, tre ore di 50 scene numerate dove pare non succeda niente e che invece procurano angoscia sino alla tragedia finale. E infatti il tedesco si è preso il Premio speciale della giuria, e il cinese addirittura il Gran premio della giuria. Scampato pericolo però con il fortunatamente dimenticato “La jalousie” di Philippe Garrel che era dato tra i sicuri vincitori causa, si mormorava, il fatto che il protagonista Louis Garrel era uno degli attori di “Dreamers” di Bertolucci a cui davvero piace molto il cinema di Garrel padre. Ma la giuria ha resistito ai sentimentalismi e non solo per Garrel.
Coraggiosa e addirittura alternativa, si è rifiutata di seguire l’onda appassionata della critica e del pubblico, che aveva perso la testa per “Philomena” dell’inglese Frears. Storia vera di piccino strappato alla madre da suore crudeli e spedito negli Stati Uniti: mamma lo cerca e intanto si sposa, figlio la cerca e intanto diventa gay e pezzo grosso del partito Repubblicano. Non premiare né il film né la protagonista, la bravissima ottantenne Judi Dench, è stata una decisione alla fine sensata, una scelta per ricordare che una Mostra deve puntare su un cinema meno ovvio anche se ben fatto: quindi di “Philomena” è stata premiata la sceneggiatura, mentre si è preferita un’altra ottantenne che recita in teatro da 60 anni, quella Elena Cotta che, bellissima da giovane, fu diva dei nostri teleromanzi, e che il profondo intuito teatrale di Emma Dante ha fatto di lei un personaggio indimenticabile. Del resto il film di Frears è stato sepolto da decine di premi, assegnati da varie associazioni cattoliche e anche atee, da una giuria di ragazzi e anche da quella Queer, che lo ha preferito a altri otto film della mostra con tematica gay.
Poi alla fine, dopo questa valanga di disgrazie, atrocità, miserie, assassini, alcolizzati, famiglie orribili e stupratori di cadaveri, si vorrebbe sapere perché il cinema ha smesso di raccontarci belle storie di gente ricca, bella con belle case e belle vite: e sì che solo in Italia ce ne è tantissima e nessuno ne sa niente. Suggerimento al vincitore Rosi: il prossimo documentario lo faccia sul MMM, il
Misterioso Mondo Miliardario.