Maurizio Porro, Corriere della Sera 06/09/2013, 6 settembre 2013
VITTORIO GASSMAN ISTRIONICO DONGIOVANNI
C’erano almeno due titoli in lizza per essere classici oggi: il poliziesco alla Antonioni di Scorsese The departed con un testa a testa pazzesco fra DiCaprio e Matt Damon, fino al piccolo film di Philippe Falardeau Monsieur Lazar , scoperto dal pubblico stesso per meriti umanitari, etnici, scolastici. Abbiamo scelto invece un classico come attore, Vittorio Gassman, in un ruolo dimenticato che rappresenta il vertice dell’istrionismo d’allora e la summa del primo tempo della sua carriera: Kean, genio e sregolatezza . È diretto dallo stesso attore nel 56 (fu saltuariamente regista di stretta osservanza autobiografica) nell’epoca mattatoriale del divo in calzamaglia quando le invaghite professoresse di lettere si accalcavano al proscenio nelle «matinée» ad applaudirlo come Amleto e Otello, parte in cui si alternava con Randone-Jago, una sera ciascuno. Classico perché Gassman, prima della metamorfosi psicosomatica per I soliti ignoti cui l’invitò l’amico Monicelli suo fan a teatro, era il nobile attore tragico che declamava diretto da Visconti i versi di Alfieri in Oreste , insegnandoli anche al refrattario Mastroianni, o indossava la canotta di Kowalski nel Tram che si chiama desiderio , ma affrontando anche la commedia, spingendo il diapason sul culto della personalità da principe della scena in copioni brillanti, come Ornifle di Anouilh, I tromboni di Federico Zardi, satira a episodi, come I mostri , il celebre flop di Un marziano a Roma di Ennio Flaiano, nel ricostruendo Lirico, quando si disse «l’insuccesso gli ha dato alla testa». Kean (1787-1833) era, ovvio, il sogno nel cassetto, l’alter ego di Vittorio, 34 anni, reduce da matrimoni falliti (Ricci, Winters) e da una trasferta Usa da cui aveva egualmente divorziato. La vita scritta da Dumas padre e adattata da Sartre, del dandy inglese, scialacquatore di affetti e denari, già interpretato nel 40 da Rossano Brazzi in un film di Guido Brignone, papà della grande Lilla, era ideale per il temperamento estroverso dell’introverso attore che sarà l’icona del fanfarone all’italiana dal Sorpasso . Qui, incapricciato della giovane Anna Damby (Annamaria Ferrero allora sua Ofelia, partner e compagna), la fa debuttare incautamente mettendo a rischio la recita e salvandola con la sua arte del monologo ma inimicandosi il principe di Galles. Curiosità: partecipazione senza nome di Valentina Cortese, Rosi assistente alla regìa, Suso Cecchi sceneggiatrice, ma solo 124 milioni di incasso: rimediamo.
Maurizio Porro