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 2013  settembre 06 Venerdì calendario

FRATELLANZA MUSULMANA L’ASCESA E IL DECLINO

Seguo le sue analisi sulla situazione egiziana e proprio non capisco perché le sue posizioni, in merito alla politica dei Fratelli musulmani, siano appiattite alle esigenze del capitalismo occidentale. Anch’io, come lei, vivo secondo il principio liberale dello Stato laico, ma quando un popolo si esprime democraticamente dobbiamo lasciare libero sfogo alla autodeterminazione. La secolarizzazione della cultura democratica ha bisogno di errori! Il popolo egiziano, come in tutti gli esperimenti democratici arabi a eccezione di quello turco, ha bisogno di scontrarsi ancora con sbagli elettorali; la repressione militare che sta seguendo il colpo di Stato egiziano non può essere giustificata in nessun caso e lei porta questa responsabilità, ossia quella di analizzare i fatti a partire da considerazioni che non tengono conto del rischio di immigrazione verso i confini europei. L’abitudine a ricondurre queste dinamiche umane a pericoli per l’economia occidentale rischia di fare apparire gli uomini «non occidentali» come dei parassiti che infetteranno la nostra economia. Credo, piuttosto, che gli unici problemi economici saranno quelli di qualche multinazionale che dovrà rivedere i propri piani di produzione.
Nico Caputo
ilcaputo@hotmail.it
Caro Caputo, temo che nella sua lettera vi sia un processo alle intenzioni. Non credo che i miei giudizi sulla situazione egiziana siano dettati dalle esigenze del capitalismo occidentale e delle sue multinazionali (quali?) o dal problema dell’immigrazione clandestina, un fenomeno che dipende dalle condizioni economiche del Paese e quindi da fattori modificabili soltanto sui tempi lunghi. Cerco di spiegare la reazione dei militari e di una larga parte della società perché constato malinconicamente che certe speranze del 2011 erano mal riposte.
Durante un viaggio al Cairo, nella primavera di quell’anno, avevo ascoltato attentamente e riferito ai lettori del Corriere l’analisi di un esponente della Fratellanza Musulmana, Mohamed El Beltagy, Mi aveva detto che la Fratellanza non voleva dominare il Parlamento e che aspirava soltanto al 30% dei deputati. Le sue parole sembravano autorizzare la speranza di una Fratellanza «inclusiva», disposta, come quella tunisina del partito Ennhada, a governare con i movimenti laici.
Ma nel novembre del 2012, Mohammed Morsi, eletto nel frattempo alla presidenza della Repubblica, ha promulgato una costituzione che rifletteva in buona parte la linea dell’integralismo islamico. Da quel momento il presidente è parso scivolare ogni giorno di più fra le braccia degli elementi più radicali del suo partito e del movimento salafita. Il 18 giugno 2013, poche settimane prima del colpo di Stato militare, ha nominato 17 nuovi governatori provinciali (una carica tradizionalmente riservata a membri della forze armate e dei servizi di sicurezza) di cui 7 erano Fratelli musulmani. Quello destinato a Luxor era Adel Asaad El Khayat, già esponente di Gama’a al Islamiya, un gruppo islamico radicale coinvolto nell’attentato turistico del 1997 contro un tempio di Luxor in cui sono morti 58 turisti. La decisione di Morsi è stata molto contestata, soprattutto a Luxor.
Le ricordo, caro Caputo, che proprio in quei giorni parecchi milioni di egiziani (13 secondo alcune fonti) firmavano un documento con cui chiedevano le dimissioni del presidente della Repubblica. Mi sembrò evidente che Morsi avesse perduto il senso della realtà, non fosse più in grado di tenere a bada la fazione più radicale del suo movimento, fosse diventato un re travicello. Gli elettori egiziani hanno dato alla Fratellanza la possibilità di governare il Paese e il movimento ne ha fatto un pessimo uso. Al di là di ogni considerazione sulla legittimità del colpo di Stato, questa è la realtà di cui occorre prendere atto.
Sergio Romano