Sergio Bocconi, Corriere della Sera 06/09/2013, 6 settembre 2013
LA PARTITA TRUCCATA, ECCO PERCHE’ LE BANCHE NON FANNO PRESTITI - «È
come se in Champions League le squadre giocassero con regole differenti: vince chi è più bravo o chi può muoversi con maggiore “libertà?”». La metafora torna spesso quando si parla di banche europee perché le regole, in vista dell’unione, sono differenti secondo Paesi e “severità” dei regolatori.
Si tratta di variabili che possono influenzare l’attività degli istituti e il loro ruolo nell’economia. Perché criteri più prudenziali nella valutazione degli attivi possono in un certo senso anche penalizzare le banche di un Paese rispetto alle altre, frenando l’assunzione di nuovi rischi attraverso nuovi finanziamenti e contribuendo a far crescere il costo della raccolta e quindi degli impieghi: è questa una delle ragioni che, secondo i nostri banchieri, contribuisce al calo dei prestiti, che in giugno hanno registrato una contrazione del 3,22% rispetto a 12 mesi prima. Ma le regole differenti possono avere conseguenze di rilievo anche nella comparabilità degli istituti, questione non secondaria sui mercati e in vista dei prossimi appuntamenti con l’asset quality review , l’analisi della qualità degli attivi delle aziende di credito su cui ieri il presidente della Bce Mario Draghi ha detto ci saranno dettagli a metà ottobre e sugli stress test che saranno svolti da Eba (l’Autorità bancaria europea) e Bce nel 2014.
La sensibilità sul tema è crescente. L’Eba ha messo in consultazione un documento per la omogeneizzazione dei criteri contabili che, nel caso di poste come i crediti deteriorati, presentano differenze rilevanti fra i Paesi. L’Abi ha commissionato qualche mese fa alla Pwc un’analisi comparativa su regole e prassi nei vari Paesi relativamente appunto ai crediti deteriorati, dopo che il Fmi era intervenuto indicando le banche italiane gravate da un enorme ammontare di sofferenze e incagli. Eh no, ha replicato (con successo) l’Associazione bancaria italiana: le nostre regole sono più stringenti.
Il problema dei crediti deteriorati (non performing loans ) che in Italia comprendono sofferenze, incagli, esposizioni ristrutturate e scadute, è in effetti esploso nel nostro Paese (l’ammontare ha raggiunto nel primo trimestre quota 249 miliardi su circa 1.750 di finanziamenti) e Via Nazionale ne ha fatto oggetto di ispezioni e di un’analisi identificando 20 gruppi bancari grandi e medi il cui tasso di copertura era inferiore alla media o aveva registrato diminuzioni significative. Ma è stato lo stesso Governatore Ignazio Visco a sottolineare all’Abi che «l’asset quality review dovrà essere fondata sulla definizione di regole e metodologie comuni, criteri di valutazione uniformi». Secondo stime riportate da Bankitalia nell’aprile 2013, se i crediti deteriorati e i tassi di copertura delle banche italiane fossero ricalcolati con i criteri adottati dalle banche straniere, e quindi per esempio escludendo i crediti garantiti, l’incidenza delle partite deteriorate sul totale dei crediti passerebbe dal 12,4% all’8,5%.
Uno degli esempi più sottolineati nelle analisi comparate riguarda la Spagna: confrontando i crediti deteriorati al dicembre 2011, nel caso Madrid avesse adottato i nostri stessi criteri sui finanziamenti ristrutturati (che secondo le regole prudenziali di Bankitalia devono restare per due anni fra quelli deteriorati), l’incidenza dei non performing loans su quelli totali sarebbe passata dall’8,5% al 26%, contro il 10,8% registrato dai nostri istituti. Un altro punto riguarda le posizioni garantite: molte banche europee le escludono dai prestiti deteriorati, mentre le nostre classificano i crediti in base al merito del debitore, senza considerare il valore delle garanzie. Troppe differenze, ma spesso non è la prudenza a premiare né sui tavoli ufficiali né su quelli degli investitori. Così la Champions League rischia di vincerla chi in casa ha l’arbitro più «accomodante». E se lo porta in trasferta.
Sergio Bocconi