Marco Nese, Corriere della Sera 06/09/2013, 6 settembre 2013
LA SUPER NAVE DA GUERRA SCUDO PER I CASCHI BLU ITALIANI
Alle prime ore dell’alba una nave da guerra italiana, il cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria , ha raggiunto le coste libanesi e pattuglia uno specchio di mare affollato di unità belliche. In quelle acque si spiano e si fronteggiano portaerei americane e sottomarini russi, incrociano navi francesi, israeliane, turche.
«La tensione è altissima — dice il generale Paolo Serra, che comanda la missione Unifil (12 mila uomini di 37 nazioni), dislocata nel sud del Libano —. Abbiamo colto segnali inquietanti. Le truppe libanesi si sono messe in stato di allerta, mentre dall’altra parte del confine sono aumentati il nervosismo e la sorveglianza delle forze di difesa israeliane. Negli ultimi giorni abbiamo assistito a lanci di missili, un razzo caduto in mare e una pattuglia israeliana che ha sconfinato a nord».
Brutti segni. Significa che i militari italiani che operano in missione di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite, in caso di scontro fra israeliani e milizie libanesi di Hezbollah, potrebbero venirsi a trovare in grave pericolo, presi in mezzo a due fuochi. Sono 1.100 caschi blu del nostro Paese e tre di loro hanno con sé anche mogli e figli.
«Possiamo contare su 7 navi di nazioni coinvolte nella missione Unifil — aggiunge il generale Serra — ma l’arrivo del cacciatorpediniere Doria ci offre molta più garanzia».
«Se si verificasse una situazione di emergenza — spiega l’ammiraglio Luigi Binelli, capo di stato maggiore della Difesa — la nave Doria sarebbe pronta a intervenire, per esempio portando in salvo il nostro contingente».
A questo scopo il nostro cacciatorpediniere è ben attrezzato, poiché viaggia con un grosso elicottero a bordo, un EH101 armato con siluri, capace di trasportare eventuali feriti o evacuare persone in pericolo, a gruppi di 30 alla volta.
La nave, lunga 153 metri, ha un equipaggio di 195 uomini, fra cui gruppi di incursori e specialisti del reggimento San Marco. Dispone di una capacità offensiva notevole. Può sferrare attacchi mettendo in azione tre cannoni della Oto Melara 76/62 a tiro rapidissimo: sono in grado di esplodere 120 colpi al minuto. Questo tipo di cannone è un’arma micidiale nella difesa antiaerea e antimissile, ma risulta efficace anche nello scontro fra navi e nel bombardamento di obiettivi a terra. Ben 53 Paesi hanno apprezzato le qualità tecniche del cannone Oto Melara e si sono decisi ad adottarlo per le loro unità navali.
Equipaggiato con un sistema radar a lungo raggio Empar per la sorveglianza aerea, il Doria contempla poi un armamento basato su 2 sistemi lanciasiluri EuroTorp e un sistema lanciamissili antiaerei, costituito da sei lanciatori verticali che sganciano missili a corto e medio raggio del tipo Aster.
La costruzione della nave cominciò nel 2002 negli stabilimenti della Fincantieri a Riva Trigoso. Fu concepita come parte di un programma chiamato Orizzonte da realizzare insieme con la Francia. La consegna alla Marina militare è avvenuta nel 2007. Insieme con la gemella Caio Duilio è costata 1,5 miliardi di euro, una somma che la Difesa finirà di pagare nel 2020. La partnership con la Francia prosegue e svilupperà il programma Fremm, fregate multiruolo, le prime sei costeranno all’Italia 5 miliardi e mezzo di euro.
Finora anche la Francia ha aggiunto alla sua flotta due unità della classe Orizzonte, una delle quali, la Chevalier Paul , è partita il 29 agosto scorso e si è posizionata nel Mediterraneo orientale con scopi ben diversi rispetto a quelli del Doria , visto che il presidente francese Hollande è intenzionato a dare ad Assad «una lezione», partecipando agli attacchi contro la Siria al fianco di Obama.
L’Andrea Doria ha già conosciuto situazioni molto drammatiche. Nel novembre del 2011 incrociava davanti alle coste somale, in azione antipirateria. L’elicottero che aveva a bordo si levò in volo in missione di sorveglianza e fu colpito da una sventagliata di proiettili sparati dai pirati, perdeva carburante e dovette compiere un atterraggio di emergenza.
Durante la crisi libica che portò al rovesciamento del regime di Gheddafi, il cacciatorpediniere perlustrava le acque del canale di Sicilia e si spinse verso le coste libiche per trarre in salvo gruppi di italiani.
La partenza della Andrea Doria alla volta del Libano ha suscitato qualche polemica che il sottosegretario alla Difesa Roberta Pinotti (Pd) si premura di spegnere: «Sia chiaro, non siamo lì per fare la guerra, ma solo a scopo protettivo».
Marco Nese