Filippo Ceccarelli, la Repubblica 6/9/2013, 6 settembre 2013
E IL DRAMMA DI SILVIO RIDIVENTA COMMEDIA CONSULENZA D’ORO ALL’APE REGINA BEGAN
FINO all’ultimo, dunque, fino all’estremo limite in cui la commedia svilisce il dramma del potere e al tempo stesso lo rende più profondo e terribile.
Così, proprio nei giorni in cui si consuma l’avventura berlusconiana, tra agibilità e decadenza, arresti domiciliari o servizi sociali, tracolli di borsa, crisi economica e magari anche crisi di governo, viene fuori la notizia che Sabina Began, al secolo conosciuta come l’«Ape Regina», ha ottenuto una ricca - trattandosi di 370 mila euro - consulenza presso una entità che ha nome Infront e che, tanto per cambiare, si occupa di diritti televisivi, in questo caso nell’ambito del calcio e in particolare per quanto riguarda la seria A di cui la Infront è appunto l’advisor.
Con un rassegnato sussulto si apprende che il numero uno di tale società, Marco Bogarelli, è molto legato al Milan e, sempre per caso, al suo amministratore delegato Galliani. Con altrettanto sconforto si fa presente che in tempi di difficoltà economiche l’invidia sociale è una bestiaccia a cui i ricchi e gli ex potenti, pur con tutte le loro personalissime necessità, dovrebbero comunque astenersi di lisciare il pelo, che pure è ispido e di norma maleodorante.
E per davvero, dopo quanto incredibilmente accaduto, dura fatica anche soltanto delineare il personaggio di questa donna davvero molto avvenente, attrice di origine germanica e balcanica, di bellezza statuaria e astutissima ingenuità, che in vario modo e variabile fortuna ha accompagnato il vaudeville del Cavaliere in qualche modo segnando la microfisica di un potere che nelle forme più grottesche ha fatto di tutto per perdere se stesso.
E il tatuaggio sulla caviglia con le iniziali SB, «l’uomo che ha cambiato la mia vita» - eh, sì! - e la vita, appunto, nociva e spericolata in Sardegna nella fatidica estate 2008, con il bellimbusto Tarantini e i suoi pericolosi amici, e le particolari amiche presentate al vecchio Silvione, e quindi gli interrogatori dei Pm, e le conseguenti incriminazioni, perciò i giornalisti sotto casa, il book di foto segrete, i guai, le magagne, le rivali, le spiate, i timori «adesso parla », le minacce «adesso parlo», e insomma la sensazione di essere finita in qualcosa molto più grande di lei, altro che «Ape Regina».
Ed è proprio qui, e a questo punto, come per Noemi, come per D’Addario, come per Minetti e per troppe altre, che la sua vicenda che è insieme pubblica e privata senz’altro trascende, anche perché lei sceglie, o qualcuno sceglie per lei, una presunta via d’uscita pazzotica, farsesca, addirittura visionaria, per cui non è previsto che scappi in Australia, tanto per dire, ma al contrario attira attenzione, e parla, parla, parla, ai giornali, alla radio, in tv, e a tutti dice cose incredibili, «io sono il bunga bunga», «io lo amo», «solo io lo amo», «sono la sua geisha », «per lui ho rinunciato a Clooney», e si fa fotografare mentre fa yoga con la testa in giù e i piedoni per aria, ma anche in chiesa assorta sotto la statua di Santa Teresa di Lisieux.
Quindi seduce quel pover’uomo di Italo Bocchino, che di Berlusconi è acerrimo nemico, poi lo molla, litigano e lei racconta tutto; e ricomincia a ronzare attorno al Cavaliere, arriva a Palazzo Grazioli durante le più delicate riunioni («Ho un libro per lui»), una volta annuncia una gravidanza, Ghedini insorge e deve smentire. La commedia si fa circo, acrobazie pagliaccesche. È una storia triste, però anche buffa. Alla radio arriva a «confidare» che Berlusconi è così speciale che non gli puzzano i piedi, e neanche le ascelle. I conduttori della Zanzara, con finta e meravigliosa irritazione, protestano: «Ma sì - insiste lei - ho infilato la testa sotto il maglione dopo una giornata di lavoro, gli ho annusato le ascelle e lui era emozionato come un bambino».
Ecco. Sarà anche una questione di soldi, anzi lo è perché a fine giugno, dalla Banca d’Italia e dalla polizia valutaria viene fuori che Silvione suo, cui è legata da «amore puro», le ha effettivamente sganciato un milione e 400 mila bombi e lei ci si è comprata una casa che a suo tempo Tarantini, invidiosetto, ha inteso definire al telefono «da Onassis».
Per cui certo che i soldi c’entrano, come sempre nell’epopea berlusconiana, e anche questi ultimi della consulenza sui diritti delle partite, figurarseli. Però, diamine, sono anche lo specchio, questi benedetti soldi, di qualcosa di più e di troppo. Umanità sbilenca, vite affaticate dal nulla, una specie di lezione, chissà, sullo strazio di una storia che non riesce a finire.