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 2013  settembre 06 Venerdì calendario

NINO CASTELNUOVO: «AVEVO SETTE ANNI, PAPA’ ERA PROGIONIERO»

«Era il 1960. Avevo esordito l’anno prima come protagonista del Maledetto imbroglio di Germi. Quando mi chiamò Comencini per il suo film sull’8 settembre, non ci pensai un attimo. Fui felice. Avrei lavorato con un altro maestro».
Nino Castelnuovo, che in Tutti a casa interpreta l’ex artigliere Codegato, ucciso dai tedeschi mentre tenta di salvare una giovane ebrea, ricorda: «Per il ruolo avevano in un primo tempo pensato a Gian Maria Volontè, allora compagno di Carla Gravina, che faceva appunto Silvia Modena, la ragazza ebrea. Ma Volontè non aveva la faccia da bravo figlio, come occorreva per quella parte. Così fui chiamato io. Tra i tanti film ai quali ho partecipato, Tutti a casa è uno dei due o tre che rammento con gioia, anzi, con entusiasmo».
Il clima di quel set? «Semplicemente straordinario. Comencini, al quale già guardavo con grande ammirazione, si rivelò per gli attori molto più che un regista. Fu un padre. Dava ad ognuno consigli preziosi, meditati, davvero capaci di aiutarci nel rendere i rispettivi personaggi. Io ero talmente emozionato da ascoltarli e metterli in pratica senza sognarmi di discutere o eccepire qualcosa. Avevo vissuto di persona l’8 settembre. Nel 1943 ero piccolo, avevo sette anni. Mio padre era prigioniero di guerra. Pensai subito (e soltanto): papà tornerà a casa. Sul set, nella caserma di Livorno scelta per le riprese, ebbi invece l’occasione di dare all’evento una dimensione critica, di guardarlo da una certa distanza e collocarlo in qualche modo nella storia del Paese».
Viva e presente la memoria dei compagni di viaggio: «Sordi: inutile aggiungere qualcosa a ciò che tutti pensiamo di lui, della sua bravura. Serge Reggiani: fu per me una conoscenza preziosa, diventammo grandi e veri amici. Con lui il rapporto professionale - era un magnifico attore - passò in secondo piano. Ci trovammo benissimo come uomini. Era nobile, generoso, imparai da lui non solo sul piano lavorativo. La sua generosità e la sua altezza d’animo erano pari a quelle di un altro immenso amico che ho avuto nella vita, Vittorio Gassman.».
Infine si intenerisce, Castelnuovo, al pensiero di una giornata di pochi anni fa: «In una cittadina vicina a Roma, ho assistito all’intitolazione di una strada a Luigi Comencini. Nell’occasione fu proiettato Tutti a casa. Ora non ricordo il nome di quel paesino. Ricordo però la bella atmosfera.
C’erano la moglie e le figlie del regista, donne adorabili che mi avevano chiamato a partecipare. Rivedendo il film lo trovai un’opera degna del miglior cinema italiano. E anche noi, gli attori, grazie agli insegnamenti di Comencini lo abbiamo interpretato nel modo giusto, senza artifici o intonazioni teatrali, da degni eredi del neorealismo».