Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 5/9/2013, 5 settembre 2013
QUANT’È CARO IL TESORO DELL’ENEL. TESORO INQUIETO
L’Enel ci provava da maggio, ma non era mai il momento buono. Ieri ce l’ha fatta: ha piazzato il suo bond ibrido, cioè un’obbligazione che ha il vantaggio per l’azienda di essere conteggiata in parte come debito e in parte come capitale. Enel ce l’ha fatta, ma a caro, carissimo prezzo: ha venduto 1,7 miliardi di euro di bond ibridi con scadenza 2074 al tasso di interesse annuo che, a seconda della tranche in euro o in sterline, va dal 6,5 al 7,75 per cento. Un costo parecchio elevato per una società che è controllata dallo Stato, sia pure solo con il 31 per cento. Per dare un’idea a spanne: le Ferrovie dello Stato, altra società pubblica (ma al 100 per cento) si finanzia circa allo stesso tasso del ministero del Tesoro quando emette debito pubblico, 4 per cento. Altro dettaglio: quando ne parlava a giugno, l’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti dichiarava di voler lanciare un bond da 3 miliardi, invece alla fine la cifra si è dimezzata (1,25 miliardi di euro e 400 milioni di sterline). Non che la domanda sia un problema: la richiesta è stata molto alta, per 6,5 miliardi di euro. Con un tasso così elevato e lo Stato alle spalle dell’azienda difficile resistere.
Ma proprio il tasso è il punto dolente. Secondo quanto riferiscono al Fatto fonti qualificate, al ministero del Tesoro c’è una certa preoccupazione per questa vicenda. Il timore, nelle stanze di via XX Settembre, è che fissare un rendimento troppo alto ora trascinerà poi verso l’alto il costo del debito Enel alle prossime scadenze. E il debito dell’Enel è considerevole. L’indebitamento finanziario netto era, al 30 giugno, 44,5 miliardi di euro. Ma la somma su cui l’azienda paga interessi, cioè prestiti a lungo termine, prestiti bancari a breve e debiti verso altri finanziatori non bancari, è molto più elevata: 62,3 miliardi. In leggero calo rispetto al 2012, quando era 63,9. Il contesto in cui si muove l’Enel è il più difficile che si possa immaginare: nei due mercati principali dell’azienda, l’Italia e la Spagna, la domanda di elettricità è in calo (nel primo semestre 2013 rispettivamente del 3,9 e del 3,8 per cento), gli unici segnali di crescita arrivano da Russia e America Latina, dice la relazione semestrale. Sia in Spagna che in Italia sono poi in corso delicati negoziati con i governi e le autorità di settore sulla revisione degli incentivi alle energie rinnovabili o, in Italia, su forme di pagamento per tenere attive centrali tradizionali che rischierebbero di essere spente a causa del boom delle energie verdi (sussidiate).
A parte i titolari del bond ibrido, che si preparano a incassare ricche cedole, anche l’amministratore delegato Fulvio Conti ha ragioni molto concrete per gioire del collocamento. La sua remunerazione annuale ha una parte fissa (1,4 milioni di euro) e una variabile legata alla performance: fino al 150 per cento in più del fisso al raggiungimento degli obiettivi, un bonus che è stato ridotto per rispetto del clima di crisi e della situazione non facile dell’azienda, che sta cercando in ogni modo di contenere i costi. Nel 2013 Conti può sperare di avere fino a 700 mila euro di bonus, che scattano in base ai risultati, misurati da 1 a 100 punti. La soglia minima per accedere alla parte variabile è 48. E ben 15 punti Conti li ottiene se riesce a emettere un bond ibrido. Non importa a che condizioni. E Conti ci è riuscito, 15 punti sono suoi.