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 2013  settembre 05 Giovedì calendario

PERCHÉ IN PISCINA SONO VOLATI I COSTUMI


Fatte le dovute proporzioni, è come se nel giro di un mese il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete si ritrovasse prima etichettato di tirchieria da Mario Balotelli, poi accusato di malagestione da Nike e Juventus. È ciò che è successo a Paolo Barelli, da 12 anni dominus della Federazione italiana nuoto e oggi anche presidente della Len, la federazione europea degli sport acquatici. La gestione di Barelli, 20 titoli italiani e due Olimpiadi prima di passare dalla vasca al Palazzo (è stato anche senatore del Pdl per tre legislature), è contestata con toni così esasperati che neppure la felpata romanità delle federazioni sportive riesce più a tenerli sotto il pelo dell’acqua.
Riassunto delle puntate precedenti: il 13 agosto Federica Pellegrini, icona della disciplina non solo in Italia, attacca con un tweet i criteri di ripartizione dei premi relativi ai Mondiali di Roma del 2009: all’atleta veneziana, che in quell’occasione si aggiudicò i 200 e i 400 metri stile libero, andranno 3 mila euro in tutto. «Questo è quello che ho guadagnato. Fate voi!» si sfoga con i suoi follower, senza fare mistero di aver maldigerito soprattutto il fatto che la sua collega-rivale, Alessia Filippi, di euro ne avrà 20 mila. Segue replica di Barelli, che fa i conti in tasca alla campionissima: per la rassegna avrebbe incassato in realtà 70 mila euro, ai quali vanno aggiunti due premi da 25 mila euro ciascuno per i record infranti e altri benefit. Quelli a cui lei si riferisce sono solo i cosiddetti premi di valorizzazione per le società di appartenenza. Spiccioli, come ha confermato a Panorama una fonte contabile della Fin: solo 1,3 milioni su un totale di 38 destinati all’attività sportiva, e senza favoritismi di sorta. E la valorizzazione di Filippi pesa un po’ di più perché lei, a differenza di Pellegrini, non godeva degli stessi benefit tecnici, logistici e sanitari.
Queste le cifre reali. Però la polemica non si spegne: nel giro di poche ore arriva una nuova risposta stizzita via Twitter della nuotatrice («Calcoli da ragionieri») che stavolta raccoglie la solidarietà del suo sponsor personale Jaked e del presidente della Pro Recco di pallanuoto Gabriele Volpi, entrambi schierati contro la «gestione clientelare» di Barelli. Finisce per accodarsi pure il Coni che convoca l’immancabile tavolo tecnico, presto finito nel dimenticatoio.

Ce n’è abbastanza, insomma, per trasformare il Foro Italico in Fort Apache. Barelli non ci sta: «Forse a qualcuno fanno gola il sistema nuoto, le sue vittorie e la sua indipendenza finanziaria» sibila. Prima di aggiungere: «Non è certo la prima volta che cercano di colpire uno sport invidiato e in salute per destabilizzare me». Il riferimento, nemmeno troppo velato, è all’ultima campagna elettorale, durante la quale circolarono dossier (da lui smentiti) su una gestione piuttosto allegra delle note spese. In teoria Barelli non avrebbe di che preoccuparsi: il suo mandato presidenziale scadrà nel 2016, dopo le Olimpiadi di Rio de Janeiro. Ma forse non ha tutti i torti chi legge la vicenda soprattutto come uno scontro di potere fra Coni, atleti e circoli. Scenario niente affatto inedito nel mondo della politica sportiva, dove il vile denaro diventa spesso il pretesto dietro al quale si nascondono giochi di poltrone e rivalità personali.
I soldi, dunque. Il budget annuo della Fin è uno dei più cospicui del panorama sportivo. Ma come la quasi totalità delle federazioni sconta almeno tre pecche importanti. I trasferimenti sono in calo da anni: meno 20 per cento nel 2012, meno 15 nella previsionale 2013. Ancora troppe, poi, le risorse che vengono destinate al funzionamento dell’apparato e non alle attività sportive: la cifra stanziata dal Coni, per esempio, è divisa quasi equamente fra i due capitoli di spesa. Infine non passa inosservato il proliferare di voci poco dettagliate che i maligni attribuiscono alla disinvoltura di alcuni comitati regionali e dei revisori contabili. Accuse rispedite al mittente da Barelli: «Tutto certificato».
Certo, qualche incongruenza salta comunque all’occhio: al circolo romano Aurelia, feudo della famiglia Barelli che ospita l’altra bimedagliata Alessia Filippi, sono andati complessivamente 60 mila euro, con grande rammarico del dirimpettaio Aniene che ne ha incassati 17 mila, e che oltre a fare da chioccia a Federica Pellegrini è presieduto dallo stesso numero uno del Coni, Giovanni Malagò.

Che tra i due presidenti non corra buon sangue è cosa nota. Entrambi a loro agio fra salotti e palazzi romani (ma con riferimenti politici differenti), entrambi coinvolti nella non felice organizzazione dei Mondiali di Roma del 2009, hanno finito per scontrarsi nei pressi dell’urna. «Nel 2012 non ho sostenuto la corsa di Malagò al vertice del Coni e probabilmente non gli sto simpatico» si limita a dire Barelli, anche se le voci raccolte a bordo vasca riferiscono di un riavvicinamento nelle ultime settimane. La sensazione è che a breve la ragion di stato tornerà a prevalere sulle divisioni. I due hanno ancora bisogno l’uno dell’altro, così come la Fin ha bisogno di Federica Pellegrini, che resta il «prodotto» vincente, uno dei pochi in grado di assicurare l’interesse di sponsor e pubblico di massa. «Senza di lei il nuoto italiano perde fino al 70 per cento del suo valore di brand» azzarda Marcel Vulpis, direttore dell’agenzia specializzata SportEconomy. «Federica è uno di quegli atleti in grado di diventare personaggio indipendentemente dai risultati agonistici. Prima di lei era successo solo ad Andrew Howe e Aldo Montano, che non a caso hanno avuto problemi simili». Per la campionessa veneta, continua l’esperto, «si parla di un gettito approssimativo di 2 milioni l’anno, garantito da marchi come Armani, Barilla, Enel, Yamamay e altri. Sponsor personali che in diversi momenti si sono però accompagnati anche alla Fin. Insomma, con lei Barelli non può permettersi una rottura».
Federica, intanto, si è chiusa nel «no comment ». Molti suoi colleghi non hanno gradito una polemica sui soldi sollevata dall’atleta più pagata e coccolata del circuito, tanto più che muoveva da basi errate. E anche se Barelli prova a smorzare i toni, il disappunto è evidente: «Federica è un’atleta straordinaria, e l’abbiamo sempre protetta» conclude il numero uno della Fin «ma sui premi ha detto una cosa non vera, probabilmente perché mal consigliata. La sua esplosione dimostra tuttavia che il nuoto italiano è in grado di supportare i suoi talenti». Anche sopportandone qualche capriccio come quelli su coach e sedi di allenamento. «A volte è necessario. Basta che non si passi il limite». Appuntamento al prossimo tweet.