Gunter Wallraff, Rolling Stone 30/8/2013, 30 agosto 2013
NEI PANNI DI UN CORRIERE DI PACCHI
Sempre più veloce, sempre più economico. Con Internet si può. Telefoni cellulari, vestiti, computer portatili, vino, cancelleria per ufficio, libri: pare proprio che ormai tutto riesca ad arrivarti a casa quasi da solo e a buon prezzo. Qualcun altro se ne accolla la fatica: il fattorino. Gls è una delle maggiori “società di servizi” per la consegna di pacchi. Sempre più spesso si sente dire che sia anche una delle peggiori. Pessima soprattutto per quel che riguarda i salari e le condizioni di lavoro degli autisti. Non si tratta proprio di quattro gatti: in questo settore in continua crescita lavorano dalle 25omila alle 30omila persone. Negli ultimi dieci anni il giro d’affari è aumentato del 30 per cento; oggi per le strade della Germania sfrecciano più di a miliardi di pacchi l’anno. Incluse le restituzioni, cui facciamo ricorso quando la merce spedita non ci piace dando per scontato che sia una prestazione “gratuita”. Ma non è gratuita affatto, solo che a pagarla non siamo noi, ma altri a cui non pensiamo mai: i fattorini con una paga oraria massima di 5 euro. Il dumping salariale e quello dei prezzi sono stati autorizzati dal legislatore, che ha così deregolamentato e privatizzato il settore «a vantaggio di tutti». Il servizio postale è stato smantellato pezzo per pezzo e ormai diverse grandi aziende si azzuffano per la clientela.
Voglio provare di persona le condizioni di lavoro dei fattorini, perciò mi faccio assumere da Gls-Germany, una delle figlie del gruppo industriale, leader del settore in tutta Europa, General Logistic System (Gls) con sede ad Amsterdam, che come holding possiede anche parte delle Poste inglesi. Gls è nella top ten delle imprese nel campo della consegna di pacchi. La società si fa pubblicità con lo slogan: «Qualunque cosa tu faccia, noi siamo la tua squadra di supporto, anzi di “trasporto”. Con noi i sogni diventano realtà. Un’Europa, una forza, un successo. Diamo forma al futuro. Gi! Elle! Esse!».
Ho una certa esperienza e in questi casi mi aspetto sempre il peggio, ma devo ammettere che quello che ho scoperto — consultando i documenti, ascoltando testimonianze e soprattutto patendolo sulla mia pelle proprio non me lo aspettavo.
Sveglia alle quattro, per essere operativi alle cinque in punto al nastro trasportatore a Polch. Da Poich, uno dei 57 depositi Gls in Germania, vengono spediti fino a 35mila pacchi al giorno. I primi minuti di lavoro sono subito frenetici. Migliaia di spedizioni passano frusciando davanti a 60 o 70 autisti, ogni scatola è munita di un numero a quattro cifre sulla base del quale gli autisti riconoscono quelle per il loro giro. Le tirano via dal nastro e le ammucchiano alle proprie spalle. Cercare, riconoscere, afferrare, posare a terra. Cercare, riconoscere e così via, per un’ora, due o forse più. Una volta con Andy ho sollevato a fatica alcuni pacchi che pesavano più di una tonnellata. Con le mani mi massaggio la schiena indolenzita. Niente pause. Le saracinesche si alzano, là dietro gli autisti hanno parcheggiato i loro furgoni Sprinter e i portelloni di carico sono già aperti. Solleviamo i pacchi per la seconda volta, li portiamo fuori, li stipiamo a forza nei camioncini, seguendo l’ordine giusto per il giro di consegna. Nel maneggiare una delle scatole inciampo. Pesa di sicuro 10 kg in più dei pacchi standard da 40 kg. Non importa, dentro anche questo colosso ogni indugio costa tempo. Ormai manca poco alle otto e dobbiamo partire, subito, senza un attimo di riposo, senza colazione, dopo quasi tre ore di imballaggio. Quando finalmente ci sediamo a bordo del furgone e partiamo, per la prima volta faccio un bel respiro e bevo un sorso d’acqua dalla bottiglietta. Non faccio in tempo a posarla e Andy, l’autista, si ferma all’improvviso. Abbiamo raggiunto la prima tappa. Ironia della sorte la strada si chiama Am Alten Galgen, “Al vecchio patibolo”. Andy salta giù dal veicolo, corre sul retro, apre di scatto i portelloni, si carica in spalla un pacco del peso di almeno 20 kg, ne prende un secondo più piccolo sotto il braccio e me ne indica un terzo, che mi sobbarco io. Deve pesare sui 30 kg. Andy sbatte i portelloni e va via di corsa. Gli arranco dietro. In una giornata dobbiamo fermarci 130 volte, in 130 posti differenti. Ci andiamo ogni volta alla massima velocità, superando di tanto in tanto anche il limite consentito. Percorriamo circa 200 chilometri, ci fermiamo, corriamo. Sempre. Mai una singola sosta degna di questo nome, non un pasto caldo da mettere sotto i denti, niente pausa pranzo; il mio autista non mangia per tutto il giorno, beve solo una lattina di Monster, un energy drink a base di caffeina; una volta va al gabinetto da uno dei clienti che conosce bene, e posso andarci anch’io. Manca una settimana a Natale. E il boom della consegna di pacchi. Ma il peggio deve ancora arrivare: due giorni prima di Natale consegniamo 330 pacchi, 1,4 tonnellate da spostare per tre volte: dal nastro al pavimento del capannone del deposito, dal pavimento del capannone al furgone, dal furgone al cliente. 1,4 tonnellate da sollevare e trasportare per tre volte, 4,2 tonnellate quindi, che di norma il mio autista, se ha fortuna, dovrebbe trasportare da solo per pochi metri che però, come spesso accade, possono diventare 50 o 100 metri, se non si trova parcheggio vicino al cliente. 4,2 tonnellate tutte di corsa.
Alle 18.00 saremo di nuovo al deposito. Bisogna ancora scaricare i venti pacchi che ci siamo riportati dietro dai clienti e sistemare le scartoffie in ufficio. Alle 19.30 siamo a casa. Intuito quattordici ore di lavoro.
Non era un caso che avessi cominciato a lavorare nel campo della consegna pacchi poco prima di Natale (nel 2011): volevo conoscere la situazione limite. Pensavo: anche se si tratta di un’eccezione, in questo periodo ho modo di scoprire la verità su questo settore. Più tardi mi resi conto che anche in altri periodi dell’anno non andava certo meglio.
Il giorno prima di prendere servizio mi reco in una piccola località nella zona di Voreifel, dove vive Andy che si è già dichiarato disponibile a addestrarmi. Non si può mica affrontare un turno così impegnativo su due piedi. Il mio nuovo collega mi mette a disposizione un divano letto in mansarda. Non mi riconosce perché porto una parrucca. Conversiamo con grande familiarità e andiamo a dormire presto. Il mattino seguente ci alziamo alle quattro. Non esattamente Fora in cui sono solito prepararmi il primo caffè. Quando arriviamo al deposito Andy non mi presenta. Uno nuovo passa inosservato. Il ricambio è talmente frequente, mi racconta. Lui manda a mente i nomi degli autisti solo dopo sei mesi; prima non ne vale la pena.
Gls non assume direttamente. Stipula i contratti con subappaltatori che, a loro volta, ingaggiano gli autisti. In questo modo si mette al sicuro da qualunque inconveniente: il sogno di ogni imprenditore. Per ciascun collo questi intermediari ricevono un compenso pattuito individualmente con Gls, che di norma oscilla tra 1,20 e 1,40 euro. Un «contratto di trasporto per conto terzi» fra Gls e l’azienda in outsourcing regola tutti i doveri degli impiegati: i tempi di ritiro e consegna, la procedura di recapito, le modalità di sorveglianza e controllo, la divisa degli autisti, le scritte sui veicoli; e contiene anche un elenco specifico per le punizioni. Gli autisti ricevono dalle ditte esterne una paga mensile che di norma varia tra i 1.200 e i 1.300 euro lordi. Per questi soldi devono assolvere tutte le consegne previste, quanto ci mettono è solo un problema loro. (Da Dhl gli autisti sono dipendenti della società di servizi, senza altre aziende a fare da subappaltatori; da Ups questo vale ancora per la maggioranza degli autisti; Hermes e Dpd invece lavorano esclusivamente in outsourcing come fa Gls.). (...) Mi servono due o tre giorni per imparare a pescare da solo i pacchi giusti fra tutti quelli che mi passano davanti. Quanto al mio collega Andy ha ormai impresso da tempo sulla retina il numero 6010, con cui sono contrassegnati i colli del nostro giro. I suoi occhi lavorano come uno scanner, arriva quella cifra, allunga subito la mano, afferra il pacco dal nastro trasportatore e lo posa sul pavimento alle sue spalle. Una parte dei pacchi li passa immediatamente allo scanner elettronico, l’altra solo una volta caricati. Con queste scansioni comincia la sorveglianza di Gls sul lavoro dei fattorini. Questa prima mansione, la pesca dei pacchi e il loro carico, non è pagata. Viene considerata come una «fase preliminare». Un’infamia, un trucco che in caso di controlli consente di non violare la normale giornata lavorativa di massimo dieci ore tutelata dalla legge. Appena afferro il mio primo collo 6010 e lo lancio sul pavimento dietro di me mi prendo subito una bella ripassata da Andy. Il pacco non va mai lanciato, anche se non c’è rischio di danneggiarlo. Per ogni lancio è prevista una sanzione di 50 euro.
Quando l’autista passa allo scanner il pacco, prima del carico e al momento della consegna al cliente, non trasmette al deposito soltanto questi passaggi, ma anche l’ora esatta in cui li ha compiuti. In base al protocollo dello scanner si può seguire anche ognuna delle soste e delle pause: per il datore di lavoro l’autista è un libro aperto. Pertanto il catalogo delle punizioni di Gls risulta ancora più efficace. Elenca 25 possibili infrazioni. Le multe generalmente vanno dai 12 ai 200 euro. La consegna di un pacco senza la firma del cliente può costare 77 euro; anche se nessuno si lamenta. In caso di non conforme «uniform design», così viene chiamata la divisa prevista per gli autisti, Gls può reclamare 25 euro al giorno di multa; un giorno di ritardo nella consegna del pacco costa altri 25 euro; chi non chiude a chiave il veicolo prima di andare a fare la consegna la pagherà cara, ben 100 euro; in caso di falsificazione della firma del destinatario, cosa che per lo stress quotidiano si verifica sempre più di frequente, Gls arriva a incassare 250 euro. E così via. Questo catalogo spalanca porta e portone dell’arbitrio. Se Gls, per qualche motivo, vuole sbarazzarsi di un autista o di un subappaltatore, ecco che può ricorrere alla lista delle sanzioni. Questa minaccia costante rende tutti più docili.
Il furgone con cui Andy e io portiamo a termine il mio primo giorno di lavoro non è più idoneo alla circolazione: bozzi ovunque, a destra lo specchietto retrovisore è incrinato e il mio collega non ci vede quando fa marcia indietro. Le quattro frecce non funzionano, il che nelle continue soste può causare un tamponamento. Non abbiamo pneumatici invernali. «Metto in pericolo non solo me stesso, ma anche gli altri. E da incoscienti. Ma che ci posso fare? Niente». Andy si lamenta, senza smettere di guidare. L’imprenditore che lo ha assunto non ha i soldi per un furgone nuovo e ben tenuto. (...) Nel vano portaoggetti sotto il parabrezza del furgone Andy tiene diversi analgesici. Dato che sfacchina tutto il giorno e si nutre solo di eccitanti come l’energy drink di cui sopra, spesso soffre di dolori di stomaco. E allora si abbuffa di pasticche. Le altre pillole sono per il mal di schiena e contengono ibuprofene, che può ridurre la capacità di reazione e rendere pericolosa la guida. Dopo ormai quattro anni di lavoro come autista Andy ne prende sistematicamente. Il suo non è un caso isolato. Questo lavoro logora il fisico. Turni dalle 12 alle 15 ore, senza pause regolamentate, anzi, addirittura senza alcuna pausa, fanno ammalare. Sebbene le normative sui tempi di guida e le soste dovrebbero impedirlo: ogni 4,5 ore al volante sarebbe previsto un intervallo di tre quarti d’ora. Gls pretende un orario di lavoro di 12 ore al giorno. Nelle «offerte» per i subappaltatori queste 12 ore sono spudoratamente considerate come base di calcolo. E tutto scritto nero su bianco, in barba a ogni nonna di legge. Strano davvero che questi documenti non abbiano ancora trascinato Gls in tribunale. Forse dipende dal fatto che l’azienda non assume in modo diretto. A conti fatti, però, è lei a dettare le condizioni.
Nella prima breve notte dopo la mia prima lunga giornata di lavoro ho avuto un incubo. Qualcuno mi riconosce, il mio travestimento viene scoperto. Il rischio di essere identificato mi preoccupa anche da sveglio. Nei miei giri da fattorino incontro in un giorno oltre cento persone. Ma presto mi rendo conto che è una paura infondata. Sto di fronte ai clienti sulla soglia, ci parlo, ma nessuno si insospettisce. Mai. La divisa Gls inghiotte l’individuo. I fattorini appartengono a una categoria di persone che vengono percepite solo per la loro funzione. Non si guarda in faccia un domestico. Lo si comincia a vedere solo se si unisce ad altri e inizia a reclamare i propri diritti. Pian piano mi diventa familiare la disperazione dei corrieri quando non si trova il destinatario del pacco. Suoni. Niente. Suoni ancora. Niente. Provi dai vicini. Ma sono al lavoro oppure si rifiutano di accettare la consegna. Intanto i minuti passano. Alla fine, dopo tanto suonare, qualcuno apre. Però non vuole firmare. Altri minuti se ne vanno. Eppure sei grato che abbia accettato la spedizione, altrimenti domani avresti un collo in più da consegnare. Scarabocchi qualcosa sul display, mentre il benevolo vicino si chiude la porta alle spalle. (...)