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 2013  settembre 05 Giovedì calendario

ASSUNTA ALL’ETÀ DELLA PENSIONE RIFIUTA IL POSTO DA BIDELLA

Quando l’hanno chiamata dall’ufficio scolastico provinciale di Modena per avvertirla che era entrata in ruolo come bidella, finalmente assunta a tempo indeterminato, ha pensato a uno scherzo: non perché coronasse il sogno del posto fisso dopo 10 anni di precariato, ma perché quella telefonata arrivava fuori tempo massimo. La signora Nadia, infatti, ha 66 anni. Anzi, per l’esattezza, li compirà il prossimo 1° novembre, ma ha comunque un’età in cui normalmente si portano i nipotini ai giardinetti, invece che tenere in ordine aule e corridoi di una scuola. Lo «scherzo» poi non riguarda solo lei, ma altre due nonne potenziali, iscritte in graduatoria: Maria, di anni 66 già compiuti, e Floriana, la più giovane del gruppo, classe 1946.

Tutt’e tre sono state convocate a scuola perché prendessero servizio rispettivamente a Mirandola, Carpi e San Prospero, col tono ultimativo e burocratico delle assegnazioni d’ufficio, come si legge sul documento pubblicato sul sito del ministero dell’Istruzione, sezione Emilia Romagna: «Il personale dovrà assumere servizio il 2 settembre 2013 presso le sedi indicate; in caso di mancata presa di servizio entro le 24 ore successive, lo stesso decadrà dal diritto alla nomina in ruolo». Per inciso, nessuna delle tre si è presentata nel termine stabilito e, dunque, quei posti saranno assegnati a qualcun altro. Troppo tardi, troppi acciacchi.

Nadia, da parte sua, avrebbe accettato volentieri l’incarico, ma le condizioni di salute gliel’hanno impedito e così è rimasta a fare la casalinga nel suo appartamento a Mirandola: «Era da tanti anni che ero in lista nella graduatoria e sinceramente non ci pensavo più, all’inizio ho anche pensato a uno scherzo quando mi hanno detto al telefono che mi stavano cercando dal Provveditorato - racconta la donna, sposata con un operaio 71enne in pensione e madre di due figli, che vivono coi genitori -. Ora che ho rinunciato, perché quello è un lavoro pesante e la salute non me lo permette più, potranno assumere un’altra. Io, però, sono dell’idea che, se una persona è in salute, possa lavorare finché può, guardi Ernesto Calindri, che ha lavorato fino a 90 anni».

I paradossi della scuola italiana non hanno ancora raggiunto certi limiti d’età, anche se la dirigente scolastica della Direzione didattica di Mirandola, dove la donna avrebbe dovuto prendere servizio, parla dell’assurdità della situazione: «La signora non lavora più qui come collaboratrice scolastica dal 2010, è quanto risulta dalla piattaforma ministeriale cui abbiamo accesso. Il problema è che il sistema si basa su graduatorie così vecchie e obsolete che, in teoria, potrebbero essere chiamate in servizio anche persone di cui non si sa neanche se sono ancora vive: l’assegnazione viene fatta d’ufficio e in questo caso la graduatoria risale al 2009. A noi inoltre risulta che nessuna delle tre bidelle assegnate in questo caso fosse in servizio lo scorso anno scolastico». E non sono neanche episodi isolati, come denuncia il sindacato Anief, che ha sollevato la questione: «Siamo arrivati al punto che i casi di ultra 60enni assunti nella scuola non dovrebbero più farci meravigliare: in un colpo solo, dal 1° gennaio 2012, le dipendenti della scuola sono state costrette a rimanere in servizio fino a 66 anni e tre mesi».

Nadia aveva cominciato a lavorare all’istituto professionale di Mirandola a 53 anni, dopo una breve esperienza da impiegata e una vita consacrata alla famiglia: «Avevo fatto domanda per la scuola a 35 anni, poi ho cominciato a lavorare perché facevo fatica ad arrivare alla fine del mese, con due figli a carico sa com’è… - spiega la donna -. Però presto mi si sono aperti gli occhi su una nuova esperienza: mi piaceva lavorare con i ragazzi. E poi è un’esperienza che fa crescere, dopo tanti anni in casa. Personalmente sono contraria a chi fa un doppio lavoro e a chi lavora in nero, ma, se uno deve arrivare a mettere insieme una piccola pensione, non c’è niente di male a trovare un impiego anche a una certa età». E lei la sua piccola pensione stava quasi per raggiungerla, come le avevano spiegato al sindacato: «Ho fatto la bidella per 10 anni, uno a tempo pieno e nove part-time, e mi mancavano sette mesi per arrivare a un’indennità di 270 euro. Il lavoro però era pesante in una scuola con 1200 ragazzi e il personale che diminuiva tutti gli anni. Non me la sentivo più e tre anni fa ho smesso». Aggiunge che il marito non era neanche tanto d’accordo riguardo al suo impiego: «Invece a me piaceva e avrei continuato, se la salute me l’avesse consentito. Non sono certo il tipo che si mette in malattia senza motivo, a me piace essere onesta».

Nonostante la passione per il lavoro e il fatto che quella famosa pensioncina le avrebbe fatto comodo, non le sfugge la stranezza di un sistema che lascia nel precariato migliaia di giovani per poi assumere a tempo indeterminato donne in età da pensione. «In effetti per la nostra età dovremmo essere nonne, ma i figli non si sposano e restano a casa, mentre noi lavoriamo: il mondo è cambiato».