Raimondo Bultrini, la Repubblica 5/9/2013, 5 settembre 2013
IL GIOVANE GURU DELLA FINANZA AL CAPEZZALE DELLA RUPIA IN CRISI
BANGKOK Di lui dicono che sia l’uomo giusto al posto giusto. Una carriera fulminante per l’appena 50enne Raghuram Rajan, enfant prodige di una generazione di economisti indiani al vertice della finanza mondiale e da ieri governatore della Banca centrale dell’India, o Reserve Bank.
Già capo economista del Fondo monetario internazionale, il più giovane nella storia della influente istituzione che tiene sotto controllo valute, scambi commerciali e intere economie in 188 Stati del Pianeta, dovrà applicarsi sul campo nel Paese più popoloso del mondo. Dalla sua un curriculum di studi in India e in Occidente, superconsulenze per governi e banche e una cattedra universitaria a Chicago dove insegna Finanza globale. Ma nonostante il pedigree, Rajan è stato il primo ad ammettere umilmente di non avere la “bacchetta magica” per far scomparire i mali strutturali dell’economia indiana, abbandonata a sé stessa dopo il boom dei primi anni 2000.
Il suo mandato di tre anni comincia infatti in ripida salita mentre la rupia scende vertiginosamente sul dollaro, che serve per comprare il petrolio, motore del progresso. Appena messo piede in ufficio, si è poi subito trovato davanti il dilemma della reale autonomia di cui godrà rispetto al governo.
Deve infatti trovare subito le risorse per sostenere un provvedimento voluto fortemente dal Partito del Congresso di Sonia Gandhi, che punta a farsi rieleggere nel 2014 con una spesa alimentare di 20 miliardi di dollari destinata a sfamare se applicata bene 800 milioni di esseri umani, il 67 per cento dei poveri dell’India, ovvero il 25 per cento del totale planetario.
Prima di fare i conti su quanto l’assistenzialismo pre-elettorale influirà sull’inflazione già al galoppo, il nuovo governatore dovrà però occuparsi delle perdite della rupia negli ultimi tre mesi, ben 20 punti sotto, col minimo storico di 68 contro 1 dollaro. Come se non bastasse, i dati di crescita del prodotto interno lordo sono passati da oltre il 9 per cento del periodo di boom a meno del 5 per cento, ovvero in fase stagnante, con deficit strutturale e corrente oltre i livelli di guardia e gli investitori stranieri in fuga da mercati instabili e vincolati da regole protezionistiche ancora troppo rigide.
Eppure nonostante tutto, non sono poche le speranze riposte in questo brillante economista che appena quarantenne fu capace di anticipare di tre anni l’avvento della bolla immobiliare americana, la crisi di operatività delle banche e l’effetto domino sulle economie mondiali. Quando nel 2008, dopo essere stato giudicato un naive immaginativo, si avverarono le sue previsioni, il premier indiano Manmohan Singh lo chiamò a fare il consulente personale onorario, prima di nominarlo capo degli economisti del ministero delle Finanze. Ma il legame tra il giovane studioso prestato alla finanza, e l’ottantenne primo ministro, non deve ingannare sull’effettivo sodalizio che si creerà tra i due alla prova dei fatti, quando sarà in gioco la credibilità internazionale dell’India nel suo insieme.
Pur essendo di origini indiane, nato nella città del disastro chimico di Bhopal, Raghuram è una sorta di pupillo del gotha della finanza internazionale, ma fin da subito dovrà guidare un elefante burocratico complesso che cammina su terreni sconosciuti ai maghi di Wall Street. Il suo predecessore gli ha lasciato una Reserve Bank prigioniera del governo e degli errori di calcolo che hanno solo dilazionato la resa dei conti sulle scelte drastiche da prendere, con un deficit “gemello”, come lo chiamano gli economisti, di commercio e di bilancio che rischia di portare indietro il continente all’era del protezionismo. Da qui il ruolo di mago Raghuram alle prese con la scatola magica dell’India, e le possibili sorprese della sua apertura al mondo.