Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 05 Giovedì calendario

IL FASCISMO NON AVEVA OSATO TANTO

«Se venisse chiesto agli attuali governanti di spiegare cosa è stata la «legge truffa», temo che non saprebbero rispondere». Lo storico Luciano Canfora ha interrotto le ricerche su Platone per rispondere con la consueta arguzia alle sollecitazioni del giornalista. Canfora è autore de La trappola. Il vero volto del maggioritario (pp. 101, euro 10, Sellerio), un corrosivo pamphlet che inquadra il tema delle riforme elettorali come nodo cruciale dell’Italia dei nostri giorni.
«La storia delle leggi elettorali si incrocia con le regole della democrazia», premette Canfora. Il punto di partenza del suo libro è l’esito delle elezioni dello scorso febbraio: «La legge elettorale maggioritaria», scrive nell’incipit de La trappola, «ha dato al centrosinistra quasi il triplo dei deputati rispetto allo schieramento avverso: 340 contro 124. Questo è stato il più grande scandalo mai verificatosi nella storia politica italiana, più scandaloso persino del risultato ottenuto dal «listone» mussoliniano (e associati), grazie alla legge Acerbo, nelle elezioni politiche dell’aprile 1924».
Ad avvantaggiarsi di questa formula è proprio «la forza politica che discende da quei partiti (Psi e Pci) che, a suo tempo, avevano condotto la più fiera e bene argomentata battaglia contro il feticcio del «premio di maggioranza»: contro quella, appunto, che è passata alla storia come la «legge truffa»».
E così il Palazzo che discute da anni sterilmente di riforme elettorali (quando non le recepisce da oltre confine) appare allo studioso barese come una «Coventry» (La città inglese rasa al suolo dai missili tedeschi durante la seconda guerra mondiale ndr) dell’onestà politica, con interlocutori brancolati tra teorie furbesche che mettono a rischio la rappresentatività delle forze repubblicane.

Molte delle difficoltà dei partiti italiani sulla questione delle regole, per l’intellettuale pugliese, risalgono alla Costituente: in un articolo pubblicato sul «Bollettino di notizie e documentazioni» della Camera dei Deputati, lo studioso Calogero Salomone ha ricostruito le oscure manovre (regista Meuccio Ruini) che impedirono l’inserimento tra le materie non oggetto di referendum (le leggi tributarie, le approvazioni dei bilanci e la ratifica dei trattati internazionali) anche le leggi elettorali. Di sicuro, approfondire il dibattito parlamentare sulla «legge truffa» non solo consente di riscoprire la qualità raffinata dei leader politici dell’Italia del dopoguerra, ma evidenzia anche come furono proprio due partiti che avevano le radici nella tragica storia della guerra civile europea, il Pci con Palmiro Togliatti e il Msi con Giorgio Almirante, a condurre una battaglia serrata contro il provvedimento che garantiva, come premio di maggioranza, l’assegnazione del 65% dei seggi alla lista o gruppi di liste che avessero preso il 50% più uno dei suffragi. «Questa legge - argomenta Canfora - avrebbe trasformato la lotta politica in regime , come sostenne il leader dei neofascisti. Quel provvedimento fu la reazione di Alcide De Gasperi all’avanzata del Msi e alla crescita del Pci: raffrontato alla legge attualmente in vigore, mette in evidenza le storture del «Porcellum»».

Adesso la posizione assunta dagli eredi del Pci appare a Canfora «una metamorfosi» addebitabile allo sbandamento post 1989: «È la fine del socialismo reale in Europa, con la conseguente e precipitosa auto-dissoluzione sia del Pci che della Dc e l’apparizione di una vera destra anti-antifascista (Forza Italia e le sue varie isomorfosi)- analizza lo studioso - che determina il cambio di cultura al vertice del partito-erede del Pci, il Pds. Cambio di cultura, persuasione di poter «vincere al tavolo da gioco» la battaglia elettorale, sfiducia forse nella propria capacità di conquistare consensi e illusione che nella lotta politica esistano scorciatoie».

Da questo humus nasce la retorica «maggioritaria» che informa le posizioni sulla riforma elettorale del Pd. Il saggio ha una pars costruens racchiusa nell’invito ad adottare il modello tedesco per rispettare «il principio del suffragio universale». Canfora elogia il proporzionale come strumento regolatore, per costringere le forze politiche alla ricerca di un compromesso “alto”. Lo storico non tesse certo le lodi degli «inciuci»: «Spesso - puntualizza - si è utilizzata questa parola vernacolare, napoletana, per banalizzare quello che Cavour chiamava il «connubio». Gli accordi andrebbero stretti tra movimenti politici sulla base di rapporti di forza e affinità politico ideali. Perciò è stravagante il governo attuale: mette insieme forze che hanno detto di essere antitetiche. Non ha nulla di cavouriano. Appare una truffa ai danni dell’elettorato che aspettava ben altro come responso delle urne».

«Nelle società complesse», è scritto ne La trappola, «la ricerca del compromesso è l’unica alternativa al conflitto, ed è perciò necessaria. Ne dovrebbe essere disturbata da una finta (o largamente finta) contrapposizione «ideologica», ormai che la sinistra ha rinunziato a rappresentare una «alternativa di sistema»: la tessitura di accordi su idee e programmi come superamento del fallimentare bipolarismo muscolare, in conclusione, consentirà all’Italia, secondo l’orizzonte indicato da Canfora, «di evitare i giochi funambolici che falsano i rapporti di forza reali» e di tornare «alla dialettica politica che ha caratterizzato la vita parlamentare fino al 1992».