Daniele Martini, il Fatto Quotidiano 3/9/2013, 3 settembre 2013
MPS, L’EX CANDIDATA DI VERDINI A CAPO DELLA FONDAZIONE
Pier Luigi Bersani 1-Matteo Renzi 0. Nel derby democratico-bancario senese, con la nomina di Antonella Mansi a presidente della Fondazione Monte dei Paschi vince l’ex segretario Pd e perde l’aspirante. Perde la lobby Astrid collegata a Bruno Valentini, il sindaco di Siena che si professa renziano e che puntava su un altro nome: Francesco Pizzetti, un professore che per risultare idoneo 20 giorni fa aveva pure trasferito la residenza a Sovicille (Siena). Esce sconfitto Franco Bassanini, fondatore di Astrid, un ex socialista ormai abituato da presidente della potente Cassa depositi e prestiti a scrutare vasti orizzonti, ma legato alla banca senese come a una fiamma di gioventù. Perde Giuliano Amato, ex craxiano, ex presidente del Consiglio, ex ministro, ex padre della nuova normativa bancaria. E perde Luigi Berlinguer, presidente dei garanti Pd: ex rettore dell’Università senese, ex ministro della Pubblica istruzione, ex dominus in piazza del Campo. E perde la faccia il sindaco Valentini, appunto, renziano di fatto, anche se assai incauto, convinto che delle nomine al Monte si possa trattare come di un fantino del Palio, per sms con il capo corrente. Domenica, alla festa del Pd di Genova, Renzi aveva rivelato: “Mi ha mandato un messaggino il sindaco di Siena Va-lentini, ‘Matteo, allora vado a dritto sulle nomine, okay?’. E io gli ho risposto: ‘Bruno ma che c’entro io con le nomine del Monte Paschi’. La politica non deve mettere bocca in queste cose”.
A Siena vincono gli antirenziani, fazione di cui in Toscana porta il gonfalone il presidente della Regione, Enrico Rossi. Con lui si prende una rivincita anche l’ex sindaco senese, Franco Ceccuzzi, antipatizzante dell’attuale primo cittadino. E poi Alberto Monaci, presidente Pd del consiglio regionale toscano, nemico di Ceccuzzi, ma riappacificatosi con lui proprio sulla faccenda della Fondazione. E insieme a loro vincono due che con il Pd c’entrano di sguincio: Fabrizio Viola, amministratore del Monte, che per la Fondazione gradiva qualcuno che non avesse la fregola di interferire con la guida della banca. E Giorgio Squinzi, presidente Confindustria, di cui la giovane Mansi è una pupilla anche per l’amicizia che lega il presidente degli industriali al di lei padre, titolare della Solmine, industria chimica di Scarlino (Grosseto), un tempo nota per gli inquinanti “fanghi rossi”. E la chimica è il settore di Squinzi.
RESIDENTE A CHIUSI (SIENA) da una settimana, la trentasettenne Mansi, vice in Confindustria, vanta un curriculum bancario esile. È consigliere della Bassilichi che gestisce i bancomat Monte dei Paschi e un anno e mezzo fa fu nominata presidente della Federico Del Vecchio, banchetta controllata dalla Popolare dell’Etruria, istituto aretino noto per la più alta concentrazione massonica del mondo. Lì la signora Mansi svolgeva più che altro una funzione di rappresentanza essendo il credito gestito dall’influente direttore generale Vezio Manneschi. Ora la signora dovrà misurarsi con le grane della Fondazione senese che dopo il tracollo del Monte da tigre è diventata micetto. Con incorporate le faide Pd che si riverberano sui quattro della Deputazione amministratrice, scelti pure loro con il bilancino cencellian-democratico. Lei con queste beghe piddine finora aveva avuto a che spartire poco, essendo i suoi orientamenti politici assai aperti, con una predilezione per il Pdl casomai. Due anni fa Denis Verdini l’aveva scelta come candidato alla Regione da contrapporre a Enrico Rossi. Lo stesso Rossi che, ora che la Mansi si è “riposizionata”, l’ha sostenuta per la Fondazione.