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 2013  agosto 30 Venerdì calendario

CAMALEONTICA E PASSIONALE


Napoletana sotto il segno dei Pesci. Non a caso, se fosse un oggetto, vorrebbe essere una barca. Se fosse un colore, l’azzurro. E se fosse un film, vorrebbe essere Barry Lyndon («Vorrei essere lui!»). Nell’attesa, si è messa i panni di Tony Pagoda, protagonista di Hanno tutti ragione (Feltrinelli) di Paolo Sorrentino, per presentarsi in un monologo di un’ora che rilancia i primi due capitoli del romanzo, che Iaia aveva letto quasi per caso durante la cerimonia di consegna del Premio Fiesole (vinto nel 2010 dal regista di La grande bellezza).
«Il piacere di incarnare Tony Pagoda», ci confessa nella sua splendida casa romana, «e di dare suono alla bellissima lingua del libro è stato tale da farmi subito desiderare di realizzarne uno spettacolo, dove recito e canto tre canzoni, La notte e Profumo di te di Pasquale Catalano e Nun è peccato di Peppino Di Capri. Questo cantante cocainomane, disperato e vitale, è una creatura così oltre i generi che può essere incarnato anche da una donna. Mi piace immaginare che il ghigno gradasso di Pagoda nasconda un’anima femminile, una “sperdutezza”, un anelito a un’armonia perduta. Lo spettacolo è concepito come un concerto, in cui i pensieri del cantante nascono nell’emozione di esibirsi davanti a Frank Sinatra, al Radio City Music Hall. In una sorta di allucinazione del sentire provocatagli dall’alcol e dalla cocaina. Pagoda, mentre canta, è attraversato da barlumi di memoria, illuminazioni di sé, “struggenze” d’amore, sarcastiche considerazioni partorite tra le note delle canzoni, dove la musica che accompagna la performance dialoga con le parole stesse, usate come una partitura. Un flusso di pensiero che, avendo già interpretato Molly Bloom di Joyce – quella che considero la mia performance migliore finora a teatro – mi ha incantato come un negativo maschile allucinato e rauco».
Qualche citazione per capire del personaggio: “In ultima analisi, la vita è una meravigliosa rottura di coglioni”. Dei sentimenti umani: “L’uomo, si sa, è come la Coca-Cola, basta scuoterlo un po’ e attacca a spruzzare di tutto, sangue e sentimenti, calore e risentimento”. E per dire dell’attrice che lo interpreta: «Avrei voluto fare l’archeologa. O il direttore d’orchestra. Sono da sempre innamorata di Arturo Toscanini: un esempio straordinario di italiano per aristocrazia di comportamento, capace di unire il calore alla ragione. Amo la musica, mi piace ascoltare di tutto, ma se fossi una canzone sarei una qualunque canzone dei Beatles. Le colonne sonore dei miei spettacoli teatrali le “compongo” io, sono io a scegliere i brani e ad assemblarli. In realtà, il mio sogno più grande è sempre stato quello di fare la rockstar. Le rockstar hanno un’anarchia comunicativa potente e personale, sanno usare la propria diversità meglio degli attori. Io cerco di tradurre tutto questo rendendolo recitazione».
Attrice vera, Iaia Forte. Capace di trasferirsi con disinvoltura dalle vesti maschili di Pagoda (dopo una serie di rodaggi, debutto vero al Teatro i di Milano, dal 2 al 7 ottobre) all’Opera da tre Soldi di Brecht (nel 2014 in scena con L’Orchestra di Piazza Vittorio), da opere importanti come La grande bellezza («Ricordo le riprese, nell’agosto del 2012, in una Roma bellissima e nuda di gente») e Miele («Valeria Golino è una donna coraggiosa e sa dirigere gli attori come pochi») ad altri tre film che la vedono impegnata in questi mesi. «Per Renato De Maria ho girato La vita oscena, tratto dal libro di Aldo Nove, un noir lisergico, con la fotografia di Daniele Ciprì, dove interpreto una prostituta. Per Giulio Manfredonia ho realizzato Madre terra, una commedia “ecobiologica” con Rubini e Accorsi, dove sono Azzurra, una bizzarra signora borghese che ama il cosmo. Mentre Mario Martone mi ha chiamato per Il giovane favoloso, il suo film su Leopardi: sarò la padrona della casa dove vanno a vivere Giacomo (Elio Germano) e Ranieri (Michele Riondino). E nel 2014 sarò a teatro anche con le Operette morali, sempre diretta da Martone».