Marco Ansaldo, la Stampa 3/9/2013, 3 settembre 2013
A VOLTE RITORNANO MA SONO SEMPRE (O QUASI) DEI FLOP
Non conoscevamo le preferenze di Adriano Galliani riguardo ai Vangeli. Adesso ne sappiamo di più. All’uomo che fu delle paraboliche, nel senso delle antenne che commerciava e che gli fecero conoscere Berlusconi, piacciono molto le parabole e in particolare quella di Luca che racconta del figliol prodigo. In 19 anni il vicepresidente milanista ne ha riportati a casa cinque. Kakà è il sesto e gli auguriamo di finire meglio dei predecessori.
Cominciò Gullit nel ‘94, di rientro da un anno alla Sampdoria, dove peraltro tornò in fretta perché al Milan non combinava niente di buono. Seguirono i casi di Donadoni da New York, di Simone dalla Francia, di Leonardo dal Brasile e di Shevchenko, ripreso dal Chelsea dove si era trasferito perché pensava incomprensibilmente che a Londra i suoi figli potessero imparare l’inglese meglio che in Brianza. Il «Milan cunt’ el coeur in man», come dicevano i Gufi, li ha riaccolti tutti, e peccato che la paterna generosità non sia stata ripagata dalle prestazioni dei beneficiati, con una parziale eccezione nel Dunadùn che, da riserva, giocò 24 partite in 2 anni. Leonardo già studiava da dirigente, Simone e Shevchenko segnarono col contagocce, dopo aver realizzato caterve di gol. Non c’è da stupirsi: quando se n’erano andati, avevano già offerto il meglio. Persino Kakà, nonostante i 16 gol nell’ultimo campionato in rossonero, era calato rispetto al 2007 quando vinse il Pallone d’Oro.
Cederlo al Real per 65 milioni fu un colpo da abilissimo venditore ed è stupefacente che a Madrid stendano ancora il tappeto rosso sotto i piedi di Galliani e ne assecondino trattative come questa, in cui ha tratto il massimo. Può darsi che Milanello rigeneri un fenomeno spento. Può darsi che Kakà fosse davvero l’unica soluzione per il Milan cui necessitava un trequartista, ma non aveva abbastanza denaro. Non ci illudiamo di rivedere il giocatore irresistibile delle migliori stagioni, comunque Galliani incassa l’entusiasmo dei tifosi che si aggrappano ai nomi (come con Ronaldo, Ronaldinho e Beckham arrivati quasi alla frutta) e agli affetti: ce n’era bisogno perché quei 22 mila abbonati e San Siro vuoto per i due terzi domenica sera indicano un disamore. Ci chiediamo tuttavia come al Milan spiegheranno che comprare un cavallo di ritorno di 31 anni e tenere sempre più ai margini un talento di 20 anni come El Shaarawy non contraddice la politica dei giovani enunciata da Galliani poco tempo fa. Vedrete che ci siamo inventati tutto noi.